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seme iperboleHo partecipato, come uditore, ad un’assemblea pubblica indetta da alcuni cittadini avente come tema le criticità potenzialmente inquinanti di un’opera urbanistica alla periferia sud di Monza.

Dall’angolo di una sala ho appreso alcune tecnicità di cui non ero a conoscenza e visionato le proposte di un libero gruppo di cittadini preoccupati, più o meno giustamente, dal futuro che li vedrà coinvolti in quanto abitanti del quartiere al quale, quell’opera, tangerà ed influenzerà il loro quotidiano.

Non è intenzione esprimere pareri su qualsiasi aspetto tecnico od ingegneristico ma porre l’attenzione su due parole appena utilizzate: potenzialmente e periferia: queste accezioni trovano riscontri storici del XX secolo i cui meccanismi vengono insegnati nelle scuole quando ciò che è stato generato arriva alla sua massima e violenta espressione; durante il dibattito che ha seguito l’esposizione progettuale, alcuni cittadini hanno preso parola ed hanno raccontato il loro punto di vista in quanto facenti parte a varie associazioni a tutela dell’ambiente. Esse lo sono e lo fanno ma nelle parole di alcuni esponenti e negli assunti pronunciati si sono comunicati messaggi inquietanti, con tono violento e puntando in dito contro l’amministrazione accusata di non ascoltare i cittadini.

Ciò che ha fatto scattare in me un flash-back novecentesco, sono state le parole pronunciate da un signore che non conosco, al telefono, mentre ero fuori a prendere una boccata d’aria fresca; esse risuonano ancora nella mia mente e sono in grado di citarle con sicurezza: “…ci sono qua solo quattro comunisti di loro, per noi è un successo!” con chiaro riferimento ai partecipanti nel pubblico ed a ciò che stava avvenendo.

Unendo qualche punto di quanto visto e soprattutto sentito ieri sera ma lungi da me dal fare dell’allarmismo o terrorismo, nonché di puntare il dito accusatorio nei confronti delle tante brave persone presenti e volenterose di cooperare con l’amministrazione per il meglio della cittadinanza, ho cercato di tessere la tela sui possibili scenari futuri, prossimo e più di lungo orizzonte. Per poter fare ciò, è necessario, paradossalmente, guardare al contrario e risedersi ai banchi dell’aula di lezione di Madame Storia.

La storia della violenza, quella che non conosce limite, come un’iperbole, è nata da tante piccole cose.

Il seme della violenza è nato dalle periferie delle grandi città: da una birreria di Monaco di Baviera, un predellino a San Pietroburgo e Milano, generando i tre totalitarismi del 900.

Oppure, tornando indietro di qualche anno, un piccolo predellino al mercato del pesce delle Banlieue parigine, diede vita alle rivoluzioni del 1848.

Qual è la discriminante che ha determinato un risultato benevolo per la comunità (in senso ampio del termine) o la sua completa distruzione?

L’iperbole che scaturì dalla presa di potere dei tre leader del XX secolo è metaforizzata in un passaggio del discorso post vittoria elettorale, del Febbraio 1933, tenuto da Adolf Hitler, nella stessa birreria dove anni prima lanciò la sfida politica: ”…Anni fa, in questo luogo, eravamo in 7 a dare vita alla nostra impresa, oggi governiamo la Germania…”. Spaventoso. Da sette persone in uno scantinato alla completa distruzione di un continente.

L’iperbole del cambiamento istituzionale che scaturì dal 1848 ha avuto una legittimazione tutt’altro che violenta: innegabile che i cambiamenti che sono partiti dal popolo sono sempre passati da un certo tasso di violenza, la cui scintilla è un senso d’insoddisfazione, delusione e rabbia nei confronti di una classe politica ritenuta incapace di soddisfare le istanze; il reale cambiamento volto a migliorare le condizioni di vita del popolo ha sempre trovato legittimazione nel dialogo tra governanti e governati. Al contrario, l’iperbole della violenza e della sottomissione ha solo portato alla distruzione di tutto, indiscriminatamente.

Ancora una volta, la soluzione è già nel presente, senza dover immaginare scenari od una gestione specifica per la situazione del quartiere in oggetto, degli enti amministrativi e dei player di progetto: è il dialogo, il cui presupposto è la partecipazione democratica e civile ai momenti di confronto; in quello a cui ho assistito e che ha scaturito riflessione ed opinione personale, di cui sono unico responsabile, è iniziato con una oggettiva e tecnica disquisizione sul contenuto di opere urbanistiche il cui parere positivo o negativo è: negativo per chi ha proposto le modifiche, positivo per chi anni fa ha proposto il progetto, oggetto di una valutazione  ad ampio spettro dell’attuale amministrazione che ha coinvolto gli enti di controllo preposti, la quale deve fare sintesi e prendere decisioni su una molteplicità di fattori la cui valutazione è di estrema sensibilità politica, ambientale, economica e sociale.

La seconda parte della serata ha dato sfogo al mal di pancia popolare: l’aspetto inquietante è che alcuni esponenti dell’associazionismo locale, che dovrebbero fare da mediatori hanno fomentato ulteriore mal di pancia e polemiche senza fornire soluzioni concrete agli amministratori se non un secco “no” all’opera oggetto del dibattito: questo seme è stato annaffiato dalla faziosità politica citata nelle prime righe di questa mia, che ha cavalcato l’onda di emozione popolare cercando di indirizzarla a proprio favore politico e di farne un’arma contro chi, dell’amministrazione monzese, era presente e, con determinazione e fermezza, ha subito risposto dando reale prova di senso della Democrazia e capacità d’analisi tecnico/dinamica, di cui possiamo riassumere i contenuti politici in tre parole: Partecipazione, Confronto, Democrazia.

La consapevolezza della legittimazione del potere che si ha coniugata al senso di responsabilità ed allo spirito di servizio si sono concretizzate nelle parole dei nostri Assessori presenti, che hanno dato smalto all’azione amministrativa in quanto espressione della volontà monzese legittimata da libere elezioni democratiche, nonché riempito d’orgoglio politico chi scrive poiché le cum-panis di viaggio si sono dimostrate ancora orientate verso l’orizzonte condiviso.

Avanti così.

Fabio Clarotto
D'accordo con l'intelligente e lucida analisi e con il plauso alle due assessore che sono state bravissime (ero presente).
Non temo il risorgere di restaurazioni dispotiche sanguinose, ma mi sono chiesto anch'io che cosa lasci una corretta ed efficace azione politica in chi ha dei pregiudizi, chi plaude a soluzioni apparentemente semplici, ma inattuabili (gli interventi in cui compare l'espressione "basterebbe solo..."), chi pensa che tutti i politici sono corrotti (quella sera molti dei presenti).
In altre parole: quand'anche l'attuale amministrazione faccia miracoli, le logiche che portano gli elettori a votare non sono quelle della buona amministrazione . Così, ha "tecnicamente" piu efficacia chi promette e non mantiene.
Grande amarezza da quella serata.

Maurizio
Mi sembra che si sia allargato un attimo il senso di quell'incontro. Discussione accese e mal di pancia ci sono anche in una riunione condominiale, mica per questo siamo sull'orlo di una dittatura.
Mah! Ho l'impressione, una certezza, che si debbano evocare fantasmi del passato per una questione di puro potere al presente.

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