La sensazione che il Sistema Sanitario Regionale stia collassando serpeggia ormai tra i cittadini che fanno fatica a comprendere le ragioni e le difficoltà strutturali della sanità.
In Lombardia è in vigore da anni una spinta progressiva volta a promuovere l'equiparazione di sanità pubblica e privata convenzionata, ponendole in concorrenza tra loro.
Il ragionamento alla base di questa teoria era che, moltiplicando le strutture che offrono prestazioni sanitarie, ci sarebbe stato un abbattimento delle liste d'attesa fornendo così al cittadino il migliore sistema sanitario possibile. Si è quindi assistito ad un fiorire di strutture piccole, medie e grandi che sono entrate in concorrenza con gli ospedali pubblici.
Regione Lombardia attraverso i propri organismi territoriali (ovvero le Agenzie per la tutela della salute - ATS) verifica che le diverse strutture abbiano i requisiti per entrare a pieno titolo nel sistema sanitario lombardo.
Assumendo come punto di partenza il tasso di densità abitativa lombarda ed una forte attrattività per pazienti provenienti da altre regioni sulla base della qualità dell’offerta, già nel periodo pre-Covid si è evidenziata una dinamica e progressiva dilatazione dei tempi d’attesa il cui risultato è stato una forte evidenza che tali tempi, in funzione delle patologie oggetto d’indagine o già diagnosticate, sono inaccettabili a fronte di una volontà di reale guarigione da parte dei pazienti.
La conseguenza di quanto descritto si percepisce in un esempio paradigmatico: prenotare una visita oculistica comporta tempi di attesa talmente dilatati che la maggior parte dei cittadini lombardi accetta ormai da anni di rivolgersi a specialisti nel privato. I tempi di attesa per interventi oculistici di cosiddetta routine (es. cataratta) superano i 12-18 mesi di attesa.
Pubblico e privato convenzionato sono davvero equivalenti?
Lo sono nella qualità dell'offerta, ma non sempre nelle prestazioni che offrono. Il privato convenzionato infatti in alcuni casi tende a scegliere di quali patologie occuparsi e in alcuni casi si osserva poi una deviazione su ospedali più grandi (e spesso pubblici) delle patologie più complesse.
Mancano inoltre all'appello, in Lombardia, più di un migliaio di medici di medicina generale con un clima di incertezza per pazienti anziani e fragili che hanno assistito al pensionamento del proprio medico senza poi avere la possibilità di essere prontamente iscritti nella lista di un altro.
Quali sono le proposte concrete del Governo Nazionale e Regionale?
Di fatto si brancola nel buio. Si ascoltano grandi annunci propagandistici e le poche indicazioni concrete vanno tutte nella direzione di sfruttare al massimo il personale sanitario in campo nell'attualità la cui conseguenza si manifesta in turni massacranti e un rischio di errore medico più elevato proprio a causa del sovraccarico e della fatica. Oppure, si assiste a clamorosi tagli (chiamati dal Regione Lombardia “rimodulazione” per suonare meno spaventosi) sugli assegni destinati a sostenere le famiglie con gravissime disabilità (misure B1 e B2).
Le Direzioni Generali di tutte le aziende ospedaliere regionali hanno avuto come mission da Regione Lombardia quella di ritornare a fatturare le medesime prestazioni e servizi del 2019 ovvero dell'ultimo anno pre-pandemia. Come? Le indicazioni sono a dir poco fumose e contraddittorie.
I medici di medicina generale sono stati invitati ad aumentare il numero dei propri assistiti da 1500 a 1700 e i medici ospedalieri si sono trovati in un meccanismo perverso dove ad un organico all'osso viene richiesto di lavorare quanto in epoca pre-pandemica.
Perchè i medici mancano anche negli ospedali?
L'emergenza Covid ha accelerato la fuoriuscita dal Sistema Sanitario Regionale di numerosi medici che hanno scelto condizioni di lavoro più agevoli, meno impegnative o di andare in pensione (anche anticipata).
Al tempo stesso non è stato garantito un adeguato turn-over, ovvero non sono stati formati sufficienti giovani specialisti che andassero a sostituire i medici anziani in uscita. Il tutto è stato condito da anni di scellerati tagli alla sanità pubblica. Non c’è infatti un chiaro intento di investire sulle risorse umane: laddove possibile infatti vengono assunti liberi professionisti che vanno a coprire le mansioni e i turni di chi ha lasciato il posto oppure di chi non viene assunto con adeguato compenso. Continuare a pagare liberi professionisti con contratti precari per far funzionare le aziende sanitarie (invece di fare stabilizzazioni serie e adeguamenti stipendiali coraggiosi) non è la soluzione.
È stimato dalle associazioni sindacali di categoria che la carenza di personale medico verrà colmata grazie al turn-over (giovani/anziani) solo nei prossimi tre-quattro anni. Ci auguriamo che per quella data ci sarà una volontà politica concreta di incrementare tutto il personale sanitario in corsia (medico, infermieristico, oss) per migliorare le condizioni di lavoro e di conseguenza poter fornire ai cittadini una cura di qualità in tempi accessibili.
L'ondata di scioperi nazionali (con percentuali di adesione importanti) che ha coinvolto il personale medico e paramedico nei mesi di novembre e dicembre 2023 mostra che il personale in corsia non è disposto a passare da "eroe della pandemia" a "zecca statale".
Il PD Lombardo sta conducendo una battaglia per combattere la carenza di medici di base, per migliorare le liste d'attesa e per una più giusta integrazione tra pubblico e privato. Sul sito #conlasalutenonsischerza è possibile segnalare disservizi della sanità lombarda. Per qualche approfondimento rimandiamo a questo articolo.
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