Sono nata nel 1995 e mi ha sempre colpita che proprio in quell’anno Alexander Langer scelse di togliersi la vita. La sua figura, che ho incontrato nel mio impegno ecologista, parla ancora con grande potenza etica e culturale, oltre che politica, alle nuove generazioni.
Soprattutto il legame tra la conversione ecologica e la convivenza inter-etnica tracciano una cornice che inquadra il nostro impegno con intuizioni che sono di un’attualità sorprendente quando, in pieni anni ’80, richiamava alla necessità di ripristinare un equilibrio ecologico e di attuare una conversione ecologica ed economica della società.
“La conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile” è una delle sue frasi più celebri e che come attivista ambientale condivido maggiormente.
Perché la crisi climatica è anche una crisi della cultura. Se ognuno di noi fosse consapevole che ogni sua scelta ha un’impronta, un peso, sul Pianeta di cui siamo ospiti e che lasceremo in eredità alle future generazioni, saremmo tutti più disposti a cambiare, anche di qualche virgola, il nostro modo di vivere.
Un cambiamento dei costumi che implicherebbe anche un cambiamento dei consumi, tornando a una cultura globale non più basata sul dare troppo valore alle cose, ma fondata sul valore delle persone che ci circondano, sulle esperienze e sui vissuti.
Anche perché in questi mesi di emergenza, un po’ tutti quanti hanno capito che è meglio una società fatta di cooperazione, comunità, solidarietà e non basata solo ed esclusivamente sulla competizione.
Quindi bisogna trovare il modo di comunicare il bisogno di un nuovo equilibrio e di una nuova umanità globale, incentrati sulla salvaguardia e sulla valorizzazione della diversità sia a livello naturale ma anche nell’incontro con altri popoli. Perché, solo con una piene presa di coscienza verde, si può ristabilire un nuovo equilibrio, un nuovo modello di convivenza che fa da ponte tra l’uomo e l’ambiente.
Dobbiamo avere la capacità di progettare una via di uscita da questo percorso, affiancando all’azione politica concreta l’aspetto culturale dei singoli.
Nei prossimi mesi, molte risorse pubbliche verranno investire per provare a reagire a una crisi, che è sia sociale che economica. Risorse che faranno parte di una progettazione europea, che incrocia la necessità sociale e quella della conversione ecologica.
Questi investimenti comporteranno un significativo indebitamento che peserà sulle generazioni future, è importante che questo indebitamento abbia un effetto positivo sulla conversione ecologica e sul garantire un futuro vivibile a chi verrà dopo di noi.
Anche per questo occorre sempre di più legare gli aiuti alle imprese a meccanismi di premialità, incentivando la conversione ecologica, l’uso più virtuoso delle risorse primarie, la riduzione dei consumi e delle emissioni. Creando così un volano positivo di crescita, sviluppo sociale, economico ed ecologico, basato su un nuovo modello eco-comunitario.
È questo il nuovo sentiero da provare a tracciare e che associa ecologia, comunità, transnazionalismo e nuovi modelli di sviluppo, dando vita a un nuovo paradigma che apre a nuove alleanze popolari, generazionali e sociali.
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