In questo tempo “sospeso”, questo articolo nasce da una chiaccherata fatta in Skype da Angelo, Sergio, Maurizio e Giuseppe. Persone molto diverse tra di loro: per caratteri, storie e idee ma con in comune lo spirito di servizio per la comunità e la passione per le idee e le azioni.
Un confronto nel quale ci siamo domandati cosa potesse fare il Pd monzese per un futuro progetto per la città; un lavoro che era già stato avviato dal nostro Segretario cittadino prima dello tsunami Covid19.
Non è infatti pensabile individuare progetti e programmi futuri, che prescindano da quello che è accaduto e che accadrà nei prossimi mesi e anni.
Un percorso e un progetto per Monza che richiederà a tutti di riformulare politiche, priorità, contenuti e strumenti adeguati alla complessità sociale ed economica che si prospetta.
Prima di avventurarsi nella formulazione di proposte per la città, ci sembra importante cercare di avere un quadro di riferimento in termini di: temi da individuare, condizioni da tenere presente e percorsi da intraprendere.
Abbiamo di fronte a noi tre fasi: una emergenza non ancora conclusa – una lunga e complessa stagione di transizione e convivenza con il virus – la ricostruzione economica e sociale.
Due le caratteristiche che dovrebbero caratterizzare questo percorso: il progettare e il predisporre durante le singole fasi gli interventi utili per le fasi successive e la stretta relazione tra scelte nazionali, regionali e locali, che dovranno essere coordinate e complementari tra di loro.
Una emergenza non ancora conclusa
Dopo quasi due mesi di drammatica emergenza, in questi giorni il dibattito è tutto centrato sul “quando riaprire” case, fabbriche, città. Ogni sera ci vengono sciorinati i dati nazionali e regionali sui numeri di contagi e “decessi” e ci si confronta sul tormentone del quando e come uscirne.
Appunto: numeri!
I 500/600 decessi giornalieri (non vengono chiamate morti), rischiano di rimanere numeri e non persone, statistiche e non dolori.
La percezione è che, anche questa volta, ci si stia facendo tutti l’abitudine ai numeri in quanto tali anche quando siamo in presenza di una tragedia di immane proporzioni: parliamo di oltre 20 mila persone.
Ci sembra più un paese che ha fretta di uscire a riprendere “la vita di prima”, rischiando di prescindere e rimuovere questa tragedia umana e dalle tuttora drammatiche condizioni sanitarie.
Non ci sembra “un paese in lutto” (nella sua gran parte), capace di unirsi e fermarsi per un dolore comune e riflettere delle sue conseguenze anche umane.
In questa fase, analizzare errori e responsabilità è forse prematuro e inopportuno ma dovremo comunque per il futuro fare tesoro dei limiti e delle scelte sbagliate fatte, in particolare dalla e nella nostra Regione.
Pensiamo alla frammentazione e contrapposizione tra ruolo dello Stato e delle Regioni; alle carenze evidenziate dal sistema sanitario nazionale e in particolare a quello lombardo; alle scelte “tutte politiche” di Fontana e Gallera, più pensate per una propria immagine di efficienza (vedi flop Ospedale Fiera) e di costruzione di un proprio consenso mediatico ed elettorale, piuttosto che impegnati a presidiare le realtà più esposte e deboli (vedi mancate zone rosse nella bergamasca e disastri nelle RSA).
A livello monzese, non possiamo che rimarcare la mancanza di una adeguata informazione della cittadinanza da parte del Sindaco e della sua amministrazione sulla gravità della situazione monzese. Monza, una città che ha vissuto anch’essa la sua quota parte in termini di contagi e di morti. Una mancanza che ha ingenerato in una parte dei nostri cittadini (anche nei comportamenti) una sottovalutazione di quanto è accaduto da noi.
Una emergenza non conclusa e che avrebbe bisogno, più che di date e annunci, di definire le condizioni sanitarie ed economiche necessarie per poterne uscire.
Una transizione da prevedere e gestire
Abbiamo di fronte una lunga e complessa fase di transizione sanitaria,economica e sociale..
Una fase, nella quale dovremo convivere con un virus, del quale non conosciamo i futuri sviluppi, anche in termini di eventuali riprese del contagio. Ciò comporterà una ridefinizione di luoghi e comportamenti che dovranno tenere insieme tutela della salute con ripresa del lavoro e della socialità.
Probabilmente, di fronte a una fase di crisi economica e sociale che coinvolgerà (chi più, chi meno) l’insieme della popolazione, potremmo assistere alla creazione di nuove diseguaglianze e contrapposizioni sociali.
A livello individuale, saremo chiamati all’assunzione di un ulteriore senso di responsabilità civico, non più dettato dalla sola paura della malattia ma dalla consapevolezza che anche dai nostri comportamenti, dipenderà il tenere insieme diritto alla salute, al lavoro e alla socialità.
A livello più globale (uno scontro che è già in atto), ci sarà chi pensa di uscirne, erigendo ulteriori difese dei propri confini e muri geografici e umani e chi invece cercherà soluzioni comuni e solidali ridefinendo modelli economici, ambientali, sanitari e sociali.
A livello locale monzese, in attesa che il Governo definisca le linee guida per la fase 2, ci sembra urgente creare una task-force competente, interdisciplinare e rappresentativa che affianchi l’Amministrazione Comunale.
Una task-force che sappia,in termini di analisi e proposte, indicare quali sono le condizioni individuali e collettive necessarie. Un lavoro complementare a quello nazionale e regionale, capace di implementare tali regole tenendo conto delle specificità di Monza e dei suoi quartieri.
Pensiamo all’utilizzo dei servizi pubblici, agli esercizi commerciali, al Parco e ai giardini cittadini, ai luoghi del lavoro e della socialità e al grande tema della mobilità.
Riteniamo che il Pd monzese potrebbe farsi carico politicamente di tale proposta.
…e il Pd? Una opportunità per ridefinirci con scelte chiare e radicali
La drammatica esperienza che stiamo vivendo può diventare per istituzioni e partiti, in particolare per il Pd e il centrosinistra (a livello nazionale e locale) una grande opportunità per ripensare i modelli economici, sociali, sanitari e culturali e per ridefinire priorità programmatiche e tematiche.
Questo significherà, anche per il Pd, ripensare il modello di società, non più basato sullo sviluppo quantitativo centrato principalmente sull’economia ma un modello che metta al suo centro lo “sviluppo della qualità del vivere e del “ben-essere” dei cittadini.
In questa visione di società, i temi prioritari su cui investire non possono che essere quelli del clima e della sostenibilità ambientale, del welfare di prossimità, della sanità e della prevenzione, dei nuovi lavori, e dei nuovi diritti e di una fiscalità etica.
È un approccio già iniziato nel Pd e nell’associazionismo, ma che oggi appare ancora sfocato e minoritario nel governo e nei cittadini, che necessita quindi di scelte chiare e radicali.
Scelte, che dovremo far maturare a livello globale, per noi europeo, italiano, regionale. Scelte che anche a livello locale dovranno prevedere il massimo dei processi di coinvolgimento e di partecipazione di iscritti e simpatizzanti del partito.
Il ruolo locale dovrà svolgere (secondo noi) una funzione di implementazione di tali scelte: nella città (da privilegiare) e nei quartieri.
Luoghi decentrati ma importanti perché capaci, in termini di analisi e azioni, di comprendere e valorizzare le diversità dei bisogni territoriali. Luoghi di sperimentazione e di “buone pratiche” necessarie a stimolare e influenzare le scelte più generali.
Il quadro delineato e proposto si presenta complesso e difficile, ma è anche una grande opportunità per noi stessi, per il Pd e l’insieme del paese.
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