Una cosa è certa, dire che in caso di vittoria del No non cambia nulla non corrisponde a realtà.
Il NO ha un prezzo e ciò che ci interessa è che l’elettore italiano sia conscio anche di questo aspetto nel momento del voto, perché è ciò che si percepirà maggiormente nell’economia reale.
Sebbene il quesito referendario sia del tutto differente, non è possibile evitare un raffronto con quanto sta succedendo in seguito alla vittoria del Leave nel voto sulla Brexit.
Infatti esistono importanti similitudini da prendere in considerazione:
Internazionalmente vi è la speranza che vinca il Sì
Chiamatele pure ingerenze inappropriate e non richieste quelle fatte in estate dall’ambasciatore americano, ma anche l’invito che Barack Obama ha fatto per l’ultima cena di Gala del proprio mandato al Premier Renzi è da interpretare come un appoggio alla sua linea riformista.
Anche la stampa internazionale più autorevole come il New York Times, El Pais e britannico Financial Times (non con la penna del suo editorialista Tony Bellew) pur non dichiarando un appoggio ufficiale alla riforma hanno più volte sottolineato come l’instabilità politica che si creerà in caso di vittoria del No sia il fattore da temere maggiormente in considerazione per la stabilità non solo dell’Italia ma di tutta Europa.
Ricorderete tutti che queste considerazioni sono le medesime fatte prima del voto del 23 giugno nel Regno Unito.
Diverse istituzioni internazionali considerano e agenzie di Rating temono un pesante shock finanziario in caso di vittoria del No
Le stime del Fondo Monetario internazionale e quelle dell’agenzia di rating Fitch parlano chiaro, i mercati interpretano il No al referendum come un elemento di forte instabilità con la conseguenza che nel breve periodo vedremo sensibilmente ridotti gli investimenti esteri e innalzato lo spread sui Titoli di Stato per effetto di un downgrade del nostro rating; insomma entreranno meno soldi e reperire fondi ci costerà di più.
Le stime anche in questo caso coincidono con quanto previsto (e poi verificatosi) nel caso dal Leave al referendum sulla Brexit.
Cosa aspettarsi allora sostenendo il No
Chi sostiene il No al referendum deve essere conscio che ci saranno delle ripercussioni:
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Il debito si alzerà, a meno di drastici tagli e ingenti sacrifici
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L’Italia sarà meno attrattiva per investimenti stranieri
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Si perderanno diverse migliaia di posti di lavoro, pubblici e privati
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Non si risparmieranno i famosi 550 milioni di euro derivanti dai tagli nella macchina politica
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Il PIL non crescerà che di qualche fortunoso zero virgola nel 2016
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Correremo il serio rischio di tornare in recessione nel 2017
Non abbiamo gli strumenti per poter quantificare accuratamente a quanto potrebbero ammontare le perdite ma sicuramente non saranno inferiori al Miliardo di euro e potrebbero pesare anche alcune decine di Miliardi.
Per dare degli ordini di grandezza, la Manovra finanziaria per il 2017 ha un valore di 27 Miliardi di euro, le perdite derivanti dalla Brexit peseranno al Regno Unito da 15 a 50 Miliardi di Euro a seconda che sarà un’uscita dall’Europa hard o soft.
La logica dei mercati, non entra nel merito delle questioni; in questo caso non c’è un sostegno del Sì per i meriti della riforma, esiste solo la condanna del No e dell’instabilità potenziale che ne deriva, a prescindere dal fatto che si verifichi o meno. Nel breve periodo subiremmo uno shock finanziario.
Secondo Leonardo Masiano del Sole 24 Ore il referendum sulla Brexit si sarebbe dovuto formulare così: “Cittadini del Regno Unito preferite essere più poveri o più ricchi?”
Lo stesso quesito si adatta benissimo anche al caso italiano.
Per evitare tutto ciò Basta un Sì.
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