Dal 2000 ad oggi in Italia si contano quarantaquattro alluvioni e tredici terremoti di grande entità; cinquantasette catastrofi naturali in sedici anni sono il volto di un Paese fisicamente fragile, non sporadiche sciagure.
Gli italiani facendo di necessità virtù sono sempre più attrezzati, la gestione dei disastri, anche per la maturata esperienza, è sempre più efficiente da parte della protezione civile, dell’esercito e delle associazioni volontarie strutturate.
Non è però solamente la parte più istituzionale ad aver compiuto significativi passi in avanti, i cittadini comuni, attraverso piccole associazioni o a titolo personale con l’impegno personale e con le numerosissime donazioni, compiono ogni volta sempre più atti di vastissima solidarietà.
Questo è il punto dolente della questione, solidarietà è quando chi sta bene aiuta chi sta peggio, quando da una zona sicura si aiuta una zona disastrata. Nell’Italia di oggi i rischi di catastrofe naturale sono diffusi su tutto il territorio; oggi il centro Italia, nel 2014 l’alluvione ligure, nel 2012 il terremoto in Emilia e così via.
Considerando quanto sia vasta e condivisa questa rete solidale e come sia diffuso il rischio di catastrofi è giunto il momento di scalare il gradino successivo e passare dalla solidarietà alla mutualità. Intendendo con principio di mutualità quel principio secondo il quale, unendo tanti rischi simili, una comunità è in grado di far fronte agli eventi dannosi che accadranno attraverso il pagamento che ciascuno compie di una somma molto ridotta rispetto all’ammontare dei danni.
Lo strumento tipico che sfrutta il principio di mutualità è il contratto di assicurazione.
In moltissimi Stati europei l’assicurazione è utilizzata per poter far fronte ai danni derivanti da catastrofi naturali con le cosiddette coperture Nat Cat; la polizza in questi paesi è obbligatoria o semi-obbligatoria.
Perché, almeno secondo il parere di chi scrive, l’assicurazione privata obbligatoria/ semi-obbligatoria è preferibile all’intervento dello Stato come avviene oggi:
Una prima ragione è l’efficienza, per quanto possano essere fastidiose le perizie e gli eventuali contenziosi giudiziari il settore privato liquida il sinistro in media molto prima piuttosto che lo Stato, ingessato dalla burocrazia. Per chi ha perso l’abitazione o l’attività rientrare in possesso dei propri beni anni prima è il servizio migliore che gli si possa fare. Giusto come esempio si sappia che lunedì 7 novembre 2016 è stato fatto il taglio del nastro per l’inizio della ricostruzione del municipio de L’Aquila pericolante dal 2009, per altro inizio solo fittizio perché considerati i terremoti in cento-Italia si è preferito attendere.
Una seconda ragione è che quando gli indennizzi sono fatti dallo Stato il costo per quei sinistri è totalmente a carico degli Italiani, al contrario attraverso il mercato assicurativo è probabile che una buona parte degli indennizzi siano pagati da assicuratori stranieri perché fra compagnie di assicurazione è comune scambiarsi e trasferire i rischi assunti attraverso tecniche dette di riassicurazione.
Infine un’esternalità positiva sarebbe data dal rafforzamento del settore assicurativo italiano, che si svilupperebbe in un ramo al momento poco diffuso, creando diversi posti di lavoro e convogliando capitali che in grande misura, per via delle normative, vengono reinvestiti nell’economia italiana.
La prevenzione di tutti gli edifici pubblici e privati rimane importantissima, ma ha costi altissimi e non è credibile prevedere che venga attuata su larga scala in tempi brevi, una protezione finanziaria è invece realizzabile con tempi e costi decisamente inferiori.
Più volte i Governi hanno affrontato questo tema, l’ultima volta fu proprio il Ministro Delrio in seguito alle alluvioni liguri ad aprirsi ad orizzonti di protezione finanziaria in caso di catastrofi naturali, ma per il momento richiedere un esborso monetario o una tassa ai cittadini non è perseguibile e altre risorse non sono presenti.
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