Contro la riforma costituzionale, il monito del cosiddetto “combinato disposto” ha svolto un ruolo centrale.
L’idea alla base sembra semplice: se la riforma passa, la fiducia al governo sarà attribuita in futuro solo dalla Camera. Qui, il partito che vincerà le elezioni esprimerà 340 deputati grazie all’Italicum, e tutto questo produrrebbe una concentrazione anomala, o almeno si sostiene, nelle mani dell’esecutivo. Ma è davvero fondata questa tesi? Procediamo per ordine.
Attualmente, nella stragrande maggioranza dei paesi dell’Unione Europea con sistema bicamerale, è solo la Camera ad attribuire la fiducia al governo. In alcuni casi, tale fiducia è addirittura implicita, cioè tale fino a prova contraria; in altri casi c’è un voto esplicito verso tutto il governo oppure, come in Germania, il leader dell’esecutivo (Cancelliere) è oggetto di un voto di fiducia personale da parte dei Deputati. La logica è lineare: solo la camera politica, che rappresenta tutti i cittadini, vota la fiducia. La seconda camera, cioè il Senato, ha invece una funzione differente e, spesso, rappresenta le articolazioni territoriali. I suoi membri sono scelti in modo differente – cioè con un sistema a sé stante – e pertanto il Senato non darà la fiducia, evitando così lo stallo dovuto alla presenza di possibili maggioranze diverse nei due rami. La riforma quindi vuole semplicemente allineare l’Italia rispetto a un quadro europeo già consolidato, a cui fa eccezione solo la Romania.
In secondo luogo, l’Italicum è stato fortemente biasimato, pur rappresentando una traslazione, sul piano nazionale, della legge per eleggere i Sindaci. Ciò ovviamente solo come meccanismo, in quanto la nomina del Primo Ministro spetta – e spetterà – al Presidente della Repubblica. Con l’Italicum, una lista deve superare il 40% per vincere al primo turno. Un tale risultato, da un singolo partito e nelle elezioni politiche, non è stato più raggiunto dal 1958 quando la Dc raccolse il 42,4%. Da quella data alla scadenza naturale della legislatura in corso saranno trascorsi quasi 60 anni. Se, come probabile, alle prossime elezioni nessun partito conquisterà la posta al primo turno, si passerà a un secondo turno di votazione, dove parteciperanno solo le due liste più votate: in questo modo, il premio scatterà con la maggioranza assoluta. Dato che il secondo turno di votazioni sarà decisivo per la scelta della maggioranza che sosterrà il governo, è verosimile un’alta affluenza alle urne. Questo meccanismo risponde anche ai molti attacchi populisti per cui agli italiani sarebbe impedito di scegliere, seppur indirettamente, i propri governi.
Tuttavia, il Premier, pur riconoscendo i meriti dell’Italicum in termini di semplificazione, stabilità e governabilità, ha approvato il documento sottoscritto in sintonia con la minoranza del partito al fine di modificare alcuni aspetti del sistema, quelli che più di altri hanno generato dubbi.
Le modifiche concordate vanno nella direzione di aprire ai collegi permettendo ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti e superando così il nodo dei capilista bloccati. Per favorire inoltre un esecutivo più collegiale, il premio di lista potrà essere attribuito alla coalizione, mentre la governabilità sarà tutelata con un premio congruo in seggi mediante un sistema a turno unico, evitando così che il ballottaggio coaguli il voto contro e di protesta. La soglia di sbarramento rimane a un livello decisamente accessibile (3%), più bassa che in Germania (5%) ma anche inferiore al 4% previsto dal sistema italiano per le elezioni europee. Pertanto, anche nelle nuova versione ci sarà equilibrio tra governabilità e rappresentatività.
Le legge elettorale non è ovviamente oggetto del voto del 4 dicembre, che riguarda solo la Costituzione dove i poteri del Primo Ministro e del Capo dello Stato non hanno subito alcuna modifica. Inoltre, con l’introduzione del meccanismo di discussione e votazione delle leggi in data certa (limite di 70 giorni), la Camera tornerà ad essere il vero centro di dibattito politico. Il governo infatti non avrà più motivo, salvo reali casi di urgenza, di ricorrere ai decreti-legge per scavalcare gli ostacoli del vigente bicameralismo ridondante.
In definitiva: se vincerà il Sì, il governo non avrà nemmeno un potere in più, il Capo dello Stato rimarrà arbitro imparziale e garante delle istituzioni e la Camera acquisirà finalmente un ruolo centrale.
Quindi, alla luce di questa breve disamina, il tema del “combinato disposto” sembra, al contrario, assai “in-disposto”.
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