Da interessato al tema dell'immigrazione, della sua percezione da parte di chi è già cittadino italiano e di chi arriva da immigrato, di come sia possibile regolare i conflitti sociali e impostare una fruttifera convivenza tra vecchi e nuovi italiani, penso si debba approfondire il concetto di identità nazionale così come viene utilizzato, in maniera escludente, dalla destra al potere oggi in Italia.
Questo articolo utilizza, in certe parti trascrivendo integralmente, una straordinaria conferenza di Alessandro Barbero al Festival dell’Economia di Trento del 2009. Intitolata “Identità e crisi globale”, si è focalizzata sul concetto di identità etnica.
Potete seguirla su YouTube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=zLtvlMS0GI0
Il video dura circa 1 ora e 27 minuti, ma la conferenza vera e propria occupa i primi 53 minuti. Le parti da me riportate sono precedute dall’indicazione dell’inizio nel video.
Le identità etniche sono costruzioni culturali
Minuto 6:50
La prima chiave di lettura è che le identità etniche sono sempre in qualche misura costruite e possono essere manipolate. Questo non vuol dire che non esistono, sia ben chiaro! Un’identità etnica può essere inventata di sana pianta ma, una volta che c'è, ha una forza di attrazione enorme. Però, e questo forse si vedrà meglio con alcuni esempi successivi, le identità non esistono come dati naturali, di fatto. Dipendono da quanto le comunità umane, il potere politico e gli intellettuali vogliono investirci. Possono nascere, trasformarsi e, ripeto, essere manipolate dalla politica.
Una seconda chiave di interpretazione che mi sembra di poter individuare è questa: nel nostro passato esiste questa polarità che potremmo identificare con i Greci e con i Persiani, cioè quella di cercare delle identità nazionali esclusive che escludono gli altri. Per cui ci siamo noi, siamo esclusivi, siamo diversi dagli altri e, sottinteso, siamo meglio degli altri. Poi ci sono ripetuti tentativi di creare delle identità sovranazionali multietniche, imperiali in cui molte etnie diverse possono trovarsi a convivere senza perdere certe loro caratteristiche ma sentendosi comunque appartenenti a un'entità più ampia.
L’identità etnica nell’Impero Romano
Minuto 8:50
Un esempio di questo è il mondo romano, con la sua opposizione tra Romani e Barbari, che potrebbe sembrare una riedizione della distinzione tra Greci e Barbari, ma invece presenta delle differenze. Cominciamo col dire che, se uno usa il termine “Barbari” così come lo intendevano i Greci, gli stessi Romani sono Barbari. E infatti i Romani sono dei barbari agli occhi dei Greci; se non che sono dei barbari che vincono, sottomettendo la Grecia.
I Romani, avendo vinto in Grecia, incontrano una civiltà talmente superiore che la decidono di adottare, facendo un patto con i Greci per cui questi ultimi hanno avuto uno statuto privilegiato nell'Impero Romano, da partner e non da indigeni sottomessi. In cambio, i Greci hanno tacitamente accettato – discorso delle identità che si creano e si manipolano – di cambiare il significato della parola “barbari”, che non vuole più dire chi non è greco, ma chi non è né greco né romano. Questo ovviamente fa una certa differenza.
Però cosa vuol dire essere romano? Essere romano non è un'identità etnica, nazionale; essere romano è innanzitutto un’adesione politica! Per meglio dire: chiunque può essere romano! E Roma, a un certo punto, comincia a costruire la sua ideologia che serve a giustificare un progetto di Impero mondiale proprio con l'idea che essere romani non è come essere greci, per i quali devi parlare greco ed essere nato nel loro territorio. Chiunque può essere romano se lo vuole, se accetta quella identità e le sue regole.
Minuto 11:15
Vi faccio un esempio molto eloquente. Un giorno l'imperatore Claudio va in Senato con un progetto di legge. Siamo a metà del primo secolo dopo Cristo. Il suo progetto di legge è questo: vuole aprire il Senato a un certo numero di Galli. La Gallia è conquistata da un secolo, è una provincia romana pacificata. Claudio vuole far entrare in Senato dei notabili romanizzati. Questo suscita una grande opposizione: c'è gente che si alza e dice “Ma dove andiamo a finire se facciamo entrare anche i Galli? Questi che hanno le mani ancora sporche di sangue romano. Dove va a finire il sangue romano, la stirpe, la nobiltà senatoria?” e così via.
Claudio risponde con un grande discorso che ci ha riportato Tacito: “Tra voi qui che mi parlate di stirpe, di sangue romano, quanti dei vostri antenati erano già Romani ai tempi di Romolo?”. Claudio comincia a guardare in faccia i senatori e dice: “Ma voi non siete Etruschi? Quanto a lungo gli Etruschi hanno resistito contro Roma? Voi eravate Sabini, voi eravate di Alba Longa, voi eravate Sanniti. Tutta gente che a suo tempo ha resistito ferocemente contro Roma e poi è stata sconfitta. E la grandezza di Roma sta nel fatto che adesso voi, loro discendenti, siete Romani!”. Claudio dice anche una cosa molto interessante: “Noi non facciamo come i Greci, per i quali lo straniero è sempre straniero”. Ad Atene chi non è cittadino per nascita, anche se vive lì, rimane sempre uno senza diritti, un meteco, uno che abita lì ma non ha la cittadinanza. “E guardate un po' come è andata a finire! Chi comanda adesso ad Atene? Noi! Noi che usiamo il principio opposto, per cui chiunque può essere romano!”
Il concetto di etnogenesi e l’invenzione di Franchi e Alemanni
Minuto 20:46
Con la caduta dell’Impero Romano di Occidente iniziano le invasioni barbariche. Ci sono molti studi su chi erano questi barbari che invadono l’Impero Romano e costruiscono regni barbarici, che sono all'origine delle nostre identità nazionali moderne. Per esempio, la Francia ha preso nome dai Franchi, la Germania ha preso nome dagli Alemanni e la Lombardia prende nome dai Longobardi.
Chi erano questi popoli barbarici che hanno invaso l'impero? Gli storici che si sono occupati della loro etnogenesi hanno fatto scoperte sorprendenti: queste popolazioni che storia, che passato hanno? Non si trova niente! Tutte le notizie che i Romani ci hanno lasciato sui secoli precedenti le invasioni barbariche indicano una moltitudine di piccole tribù. I Franchi non ci sono, così come gli Alemanni.
L'interpretazione condivisa dagli storici è che questi popoli siano stati letteralmente inventati nel momento stesso delle invasioni. Perché? Perché le tribù germaniche che avevano vissuto ai margini dell’Impero Romano e avevano imparato la lezione di questa convivenza, hanno capito che non si può sopravvivere come un insieme di piccole tribù. È necessario unirsi. E si uniscono tanto più nel momento in cui decidono di muoversi verso Roma per godere di tutte le ricchezze esistenti sul suolo romano. Questi gruppi che si spostano cercano dei leader e si inventano un nome. “Franchi” vuol dire "i veri uomini", “Alemanni” vuol dire "tutti gli uomini".
Voi capite che questi nomi sono anche degli slogan. Agli uomini che si stanno unendo viene offerta una nuova identità.
Questo è l'esempio forse più eclatante di quanto affermato all'inizio di questa conferenza, e cioè che le identità possono essere inventate. Poi deve esserci un investimento grosso perché queste siano alimentate e rafforzate. A seguito la creazione dei regni barbarici, le loro identità devono essere mantenute a fronte del contatto con la civiltà romana. Contatto nel quale, tra le altre cose, diventano tutti cristiani molto rapidamente. A quel punto scoprono che per avere un'identità ci vuole un passato e scrivono. Ogni popolo germanico ha degli storici che, in un latino più o meno raffazzonato, cercano di scrivere la sua storia per dimostrare che quello è un vero popolo, che esiste davvero e ha una sua identità!
Identità nazionali o sovra-nazionali più recenti
Minuto 33:50
Lascio a voi il piacere di ascoltare Alessandro Barbero nella parte conclusiva della conferenza. Mi limito a citare i casi storici più vicini a noi nel tempo che Barbero tratta:
- il Giappone della seconda metà dell'Ottocento
- l’Impero Ottomano
- l’Impero Austroungarico
- l’Unione Sovietica
- la Jugoslavia
- il caso di Ruanda e Burundi contro le etnie Hutu e Tutsi
Credo sia assolutamente necessario un lavoro culturale, prepolitico per contrastare la creazione di un (falso) sentimento nazionale-etnico in Italia e in Europa. Sentimento usato poi come una clava per colpire i più fragili, gli ultimi arrivati!
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