Da buon “cattocomunista”, il Natale è parte di me, un po’ credente e un po’ no, perché il significato della nascita del Bambin Gesù in una povera mangiatoia mi ha sempre dato il senso dell’impegno per gli ultimi della terra. E, come “comunista” e laico, ho imparato che il Natale è la festa degli affetti più veri e intimi e il momento della solidarietà.
Un Natale, quest’anno in particolare, che cade all’interno di una triste e tragica stagione di guerre, di stragi di migranti, di morti sul lavoro, di crisi climatiche irreversibili, di aumento delle povertà e di solitudine di giovani e anziani.
Una sera decido di avventurarmi per le vie della mia città, con in mente una frase di Charles Bukowski: “È Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti. Io vorrei un Natale a luci spente e con le persone accese”
Fatto! Appunto, per “creare l’atmosfera”, luminarie per 8 chilometri e 12 metri nelle piazze migliori, 42 vie illuminate in centro e nelle periferie (tranquilli, lampade LED perché siamo ecologisti), 500 addobbi luminosi, 3 alberi luminosi, “stringhe luminose sui monumenti principali”. Infine, non potevano mancare “la cornice e la luna brillante luminosa” e un gran “cielo stellato” per tutto il Villaggio Natalizio.
Bingo!
Viviamo un tempo e una prospettiva mondiale ed economica che ci chiederebbero non di aumentare, ma di togliere e cambiare consumi e stili di vita. Un Natale che ci chiederebbe più sobrietà e solidarietà, più silenzi e riflessioni. L’atmosfera non si “crea”: o la sappiamo trovare dentro di noi, o non c’è.
Vuol dire “spegnere le luci” con un mortifico Natale? No.
Camminando, pensavo.
Come sarebbe stato bello se l’Amministrazione Comunale avesse proposto a imprenditori, commercianti, associazioni e cittadini una grande raccolta fondi per Save the Children, in favore dei milioni di bambini che soffrono nel mondo guerre e denutrizione (perché Natale è festa dei bambini).
Come sarebbe stato bello un solo grande Villaggio della Solidarietà con le associazioni che si impegnano per le città e per il mondo.
Come sarebbe stato bello vivere momenti di incontro musicali e conviviali tra le diverse realtà etniche e religiose.
Come sarebbe stato bello…
“Il mondo forse no…non è cambiato mai…
…e pace in terra non c’è e non ci sarà …perché noi NON siamo uomini di buona volontà…
Non so perché questo lusso di cartone se razzismo, guerre e fame ancora uccidono le persone
Lo sai cos'è, dovremmo stringerci le mani
... O è Natale tutti i giorni o non é Natale mai...
(Carboni-Jovanotti)
Continuo comunque speranzoso il mio “giro natalizio”, perché non ho dubbi delle buone intenzioni di chi ha ci ha messo tempo e soldi per organizzare questo Natale in città; ma, c’è sempre un ma, dopo “il creare l’’atmosfera”", ecco l’impatto con…
“il far finta che” (Gaber)
Far finta di essere a Cortina con la pista di ghiaccio.
Far finta di essere in Alto Adige con i mercatini.
Far finta che nevichi con i pinguini ahimè prossimi all’estinzione, come i loro ghiacciai.
Far finta di essere a Como, dove è stata lanciata la moda dell’arte luminosa sui monumenti (poveri miei monumenti).
Far finta che ci sia l’Albero di Natale. Perché c’è pure “l’Albero giostra” (o è albero o è giostra); e meno male che non c’è la grande giostra panoramica.
Con uno sguardo d’insieme mi domando: “Ma che cos’è tutto questo?” Una festa di San Giovanni in versione invernale? Un anticipo di Carnevale? Una promo della Rai del… di tutto e di più?
Insomma: “facciamo finta che sia Natale!”
In un mondo finto, che ogni giorno nasconde e tace sui mondi reali, aiutare a “far finta” anche a Natale non mi sembra una grande scelta culturale. Uno potrebbe giustamente domandarmi cosa c’entra tutto questo con la politica. Da buon “cattocomunista”, credo che le scelte culturali e i valori che trasmettiamo siano alla base di una buona e diversa proposta politica, che sollecita scelte e comportamenti coerenti per essere credibili.
Torno a casa intristito e decido che per tutte queste feste non ci torno più in città. Preferirò immergermi nel mio rifugio natalizio preparando il mio piccolo e antico presepe, scambiando piccoli regali con veri affetti amici, tagliando un vero panettone e immergendomi in buone e genuine letture.
Insomma, un Natale da vero “cattocomunista”!
Il mio augurio? Per un Natale…
“Più lento, più dolce, più profondo” (Alex Langer)
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