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CompagniCognomi

A volte basta una frase, come un singolo fiammifero che da vita ad un incendio di pensieri, un background accademico ed un remake politico, pennello d’immagini di un ventennio italiano e di un movimento internazionale che, nel XX secolo, ha rappresentato un faro identitario per una grande massa di individui nella cui sensibilità tematica e politica si riconosceva: il Partito Comunista.

Ho sentito quella frase da una voce attendibile, la quale ha raccontato di un momento informale precedente ad un evento al quale ho potuto partecipare ed il cui narratore principale è un Ex Presidente del Consiglio dei Ministri: sto parlando della sera del 10 Ottobre 2024, quando personalità di altissimo livello hanno raccontato la Politica di Enrico Berlinguer ed il momento informale è la cena che ha preceduto la serata al teatro Manzoni di Monza.

“Ci chiamavamo per cognome: compagno e poi il cognome”.

Questa è la frase che ha scintillato nella mia mente per giorni, quasi come un paradosso per chi ha un quotidiano indaffarato: due parole che accostate sembrerebbero stonare tra di loro: la prima avente un’accezione collettiva, la seconda identifica il singolo a prescindere dalla grandezza della collettività che ha attorno a se: il compagno è colui che sta abitualmente insieme ad altri, che ha familiarità con la convivenza, che si sente appartenente ad una squadra; il cognome è il nome della famiglia, quindi anch’esso identifica un nucleo comunitario ma in una socialità extra familiare, identifica il singolo che nonostante la differenza cognominale si sente inserito in una “famiglia”: un nucleo sociale esteso nel quale si riconosce la propria identità valoriale: l’essenza del partitismo, la cellula fondamentale della condivisione di una vision del mondo che verrà e di cui si vuole giocare un ruolo attivo nella determinazione. “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

La sorprendente grandezza della cultura, nelle sue sfumature politiche, stupisce ogni volta che la si incontra: dall’intuito, se pur profano di così tanta altezza, si costruisce la lente d’ingrandimento che permette di osservare da vicino l’enorme capillarità di concetti astratti di cui si trova applicazione concreta nella vita di ogni giorno: la politica come lente di lettura omnicomprensiva del mondo secondo un’astratta concettualità teorizzata ed applicata alla vita di ogni individuo in senso di partecipazione politica: perché ci si sente parte di un qualcosa quando si partecipa a quel qualcosa.

Nello scindere le parole, la sociologia ci fornisce la rappresentazione identitaria de’ il compagno e de’ l’individuo: l’idealtipo di homo sociologicus è la rappresentazione del compagno, ovvero, colui che trova la propria realizzazione personale nel ruolo che ricopre all’interno della comunità sociale di appartenenza, di cui ne rispetta le regole ed alle quali afferisce la priorità della propria esistenza; l'homo sociologicus è colui che identifica se stesso come l’unico fautore del proprio destino, che sia esso di successo o di fallimento ed afferente l’origine del suo agire solamente alla propria psiche. Da questa teorizzazione si estrapola la differenza tra socialismo e liberalismo; le due correnti di pensiero che da circa mezzo secolo sono protagoniste del panorama politico nazionale e sovranazionale.

Da questo punto di vista, il “Compagno Bianchi” esprime la radicalizzazione del socialismo o ne è un precursore storico/ideologico?

Riconosce il singolo all’interno di una comunità, il suo ruolo e porlo nella condizione di esprimere la sua libertà attuando il suo pensiero è una cosa da comunisti? Sì!

Va detto che la deriva autoritaria del singolo pone se stesso al di sopra della comunità sociale alla quale appartiene e genera quella forma di governo che non ha segno politico ma che, come detto, è una deviazione del socialismo e del liberalismo: la Dittatura.

Il ruolo di dittatore è proprio quello di impartire comandi a chiunque ed imporre la propria psiche su tutti e tutto: il totalitarismo è il controllo su tutto.

Essere compagni, dal latino cum-panis, vuol dire cum-dividere qualcosa: (“panis” – il pane); dividere – diverso. I compagni condividono le loro diversità?

Dall’analisi etimologica appena effettuata sembrerebbe di si ma la prova del nove è insita nella vita politica di qualsiasi partito politico: il socialismo che grazie alla Democrazia apre allo slancio individuale atto a creare un miglioramento per la vita della collettività dalla quale trae linfa per la propria nuova esperienza di vita: l’individuo mette a disposizione la propria esperienza di vita e competenza in determinate materie e la collettività, riconoscendo ciò (per l’utilizzo del Cognome), sostiene l’azione dell’individuo dando a sua volta il contributo – nel senso ampio del termine – come estrapolazione dalla somma delle singole identità che vivono di spirito di servizio e senso di altruismo: il senso della comunità che trova il legame tra i singoli individui nei principi democratici di convivenza. Ancora una volta: con” – “vivenza: la condivisione della vita, del viaggio.

La Democrazia è Partecipazione.

La partecipazione è Condivisone tra Compagni; di un viaggio.

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