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Ogni volta che osservo e provo a misurare la grandezza della nostra Costituzione rimango stupito e mi chiedo: sarebbe stata così bella se non fossimo passati attraverso l’abisso di un totalitarismo?

Se il popolo non fosse stato circuito, soggiogato, vessato e l’individuo alienato della propria essenza di essere umano, ovvero, della possibilità di esprimersi attraverso ogni mezzo ed in ogni luogo, oggi avremmo compimento della Democrazia in quanto garante delle libertà individuali e rispetto dell’altrui pensiero?

Se da un abisso oscuro si è passati, è altrettanto certo che lo si è fatto ricordando sempre che la notte è più buia sempre prima dell’alba!

Vero è anche – va detto - che nella lotta per la Democrazia di cui andiamo fieri, la rabbia per l’ingiustizia e l’iniquità, ha condotto a comportamenti devianti: è la disumanità della guerra.

La grandezza della Democrazia, si distingue da tutte le altre forme di Governo, perché non identifica un carnefice e non punta il dito contro nessuno, poiché altrimenti applicherebbe un principio costitutivo dei totalitarismi: l’identificazione di un nemico; in altri termini: l’esclusione da un gruppo con una certa dose di violenza.

In Democrazia, di nemici non ce ne sono: ci sono persone che compiono scelte, sin dal quotidiano, assumendosene la responsabilità, ricordando che ogni decisione ha un peso direttamente proporzionale alla legittimazione della posizione sociale o istituzionale che si ricopre al momento della stessa; in Democrazia, chiunque venga eletto a carica istituzionale in libere elezioni dovrà sempre riconfrontarsi col lei e rilegittimare la propria leadership dal basso, dalla base; non solo dal proprio “elettorato” ma, proprio per istituzionalità della carica acquisita o confermata, dovrà rendere conto a tutta la sfera sociale di riferimento e sulla quale, attraverso l’azione di governo (in senso ampio del termine) si sono prese decisioni.

Il primo passo per una più corretta e realistica legiferazione è l’osservazione della realtà quotidiana e consuetudinaria della popolazione, come, per la costruzione di un rapporto umano basato sul reciproco rispetto, l’ascolto dell’altrui pensiero ne è il primo passo; riprendendo questo ultimo concetto, si può asserire che la Democrazia non è una questione di maggioranza e minoranza ma nasce dal rapporto tra due persone; ed è opportuno ribadire: dal reciproco ascolto.

In un’era di transizioni, insicurezze, frammentazione dei rapporti e disagio giovanile, c’è bisogno dei giovani per dare slancio ad una nuova stagione politica intesa come analisi socio-generazionale ed elaborazione di una strategia aderente alla realtà attuale, con lungimiranza, volta a lasciare alle future generazioni un mondo migliore di quello che si è trovato; i partiti politici rappresentano la prima linea dell’interazione tra popolo ed istituzioni e, se è vero che quel che succede all’interno del partito deve rimanere interno, l’opinione pubblica è la prova del nove della bontà dell’azione politica – del partito -  ed amministrativa – di chi è stato eletto da quel partito:  se la stanza dei bottoni deve avere finestre la Democrazia è un palazzo trasparente, poiché sulla base del comma 2 dell’articolo 1 della Costituzione della Repubblica italiana, deve rendere conto al popolo sovrano, unico detentore del potere e titolare della facoltà di delega di tale potere.  

La nostra legittimazione, come militanti attivi ed in quanto custodi della Democrazia passa da fuori le porte della sede di un partito ed il successo di una candidata o un candidato passa, oltre a ciò, anche per l’impegno della base del partito.

Dal basso, MAI dall’alto.

Ideali e valori: strumenti di coesione politica genesi di una vision, trovano concretezza nelle decisioni di una collettività: da quando esistono le relazioni umane essi si esprimono, si confrontano, si assorbono e si trasmettono; l’effetto delle relazioni umane è il Mondo che cambia, poiché se sui libri di storia veniamo a conoscenza di grandi personaggi, spesso non si legge tra le righe che questi sono il prodotto di una collettività e della sua storia: non sono le leadership a prendere decisioni ma sono i valori che esse incarnano legittimati dalle collettività, dall’alba dei tempi. Ciò a cui assistiamo oggi è un’inerzia popolare, sfiduciata dai troppi scandali di donne e uomini che, una volta ricevuto il potere dal popolo – la collettività – ne hanno dimenticato l’origine, auto referenziandosi, esibendo titoli, bandiere personali, e, va detto, a volte abusando del proprio potere; a ciò si aggiunge l’oscurità del malaffare, del demoniaco sterco, di cui abietti esseri s’innamorano, dando vita ed alimentando un fenomeno contemplato ma da cui stare lontani: il clientelismo.

Come si fa a starne lontani?

È la più ampia formazione culturale e sociale a darne la distanza: la cultura.

La formazione porta l’individuo ad avere gli strumenti necessari per ottenere il più alto grado di consapevolezza nel momento in cui effettua una scelta: chi percepisce dentro di se degli ideali, compie implicitamente, sempre, ogni giorno, in ogni momento, con ogni persona e rispetto ad ogni tema, la stessa scelta: per i miei ideali non tratto, per i miei ideali combatto!

Ogni volta che si decide di combattere per un ideale si è degni del rispetto altrui, anche se a volte esso viene meno ma non si può far qualcosa per gli altri semplicemente aspettandosi un riconoscimento: esso, come gli ideali, risiede dentro ognuno di noi, e nessuno ci può arrivare se non la persona che si osserva dentro uno specchio: la legittimazione del proprio operato sociale e politico avviene solo di fronte a se stessi; è l’ironia della vita: fare politica è il più grande atto di altruismo esistente ma, il paradosso, è che ogni gesto politico per gli altri è la prova degli ideali verso se stessi.

E da se stessi non si può scappare.

Qual è il collante tra l’azione altruista e la legittimazione interiore? la lealtà. E se la politica inizia dai rapporti tra esseri umani, la lealtà si misura attraverso di essi e nell’identificazione partitica: la tessera di partito si sceglie. Solo attraverso una consolidata consapevolezza della propria identità politica si trova attuazione della Democrazia in quanto dialogo e confronto con tutti, a prescindere dalla tessera di partito che portano in tasca: prima devo sapere chi sono e poi potrò confrontarmi con tutti gli altri.

Il Partito Democratico di Monza è fatto da centinaia di volontarie e volontari, che lavorano alacremente per produrre un cambiamento nella società di riferimento; lo fanno autonomamente ma soprattutto attraverso un’azione collettiva, prendendo decisioni collegiali ed attuando sul territorio ciò per cui hanno scelto la tessera di partito: la visione di un mondo basata sulla propria identità valoriale; durante tutto ciò si stringono relazioni personali che sono energia pura per l’azione collettiva: esse nascono e si evolvono secondo i propri tratti personali e nell’espressione del proprio IO valoriale. Così facendo nasce, prende forma e si manifesta la decisione della collettività del Partito Democratico di Monza che parte da una decisione in capo ad ogni individuo: l’adesione alla comunità politica secondo un principiò di rappresentatività valoriale.

Ci si riconosce nel partito, prima che in un leader. Ed è così che torna quel principio di cui non esiste espressione se non in “lingua originale”: CUM-PANIS. Condividiamo valori, scelte, azioni ed altruismo, ma anche gli errori. Ma sbaglia chi le cose le fa.

Se è da un errore che si deve ripartire, come un ben più grave errore del passato storico nazionale, possa essere esso lo slancio per un Partito Democratico cittadino migliore, dove tutte e tutti ascoltato i giovani nuovi della politica, dove nessuno è al servizio di nessuno ma tutti contribuiscono ad un più possibile lungimirante cambiamento verso un mondo che all’avanzare dell’età faremo sempre più fatica a comprendere; ascoltiamo i nuovi giovani!

Poniamoci in modo inclusivo, accogliendo il nuovo e comprendendo che possiamo essere fautori del cambiamento ma che sicuramente ne siamo anche sua espressione, ascoltando chi vuole mettere a disposizione la propria più corposa esperienza politica per chi entra dalla porta di un circolo, senza lasciar mai solo nessuno: la bandiera del nostro partito dovrà essere un luogo; un luogo in cui il nuovo viene accolto, ascoltato e posto nella condizione di imparare da chi è presente da più tempo attraverso ascolto e confronto e non l’imposizione.

Formiamo i giovani alla Democrazia, ascoltandoli, e solo così loro ascolteranno noi: perché la Democrazia ascolta tutti, parla con tutti e lavora per tutti.

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