Dal febbraio 2022, ovvero dall’ingresso delle truppe russe in territorio ucraino, le dinamiche militari e belliche si sono evolute: da un’avanzata ad una controffensiva, da bombardamenti su vasta scala alla distruzione di specifici obiettivi definiti strategici e dopo qualche tentativo di dialogo mediato, arriviamo nel presente, ad una realtà sul campo che ha un remake storico: lo stallo.
Ponderatamente alla veridicità e completezza delle informazioni che si ricevono – difficile pensare che le fazioni in guerra divulghino tutto ciò che sanno – il fronte Donbass sembra sia impantanato in una situazione sovrapponibile a quella del 1916 sul fronte italo-austrico: un’azione da una parte comporta un avanzamento e la successiva rappresaglia un arretramento, entrambi di pochi chilometri; un missile balistico raggiunge un obiettivo strategico nemico determinandone un temporaneo deficit militare e la reazione nemica determina lo stesso a parti invertite.
Da qui la necessità, quanto meno ucraina, di richiedere a terzi un approvvigionamento di armi per poter proseguire le attività belliche: si assiste non di rado a viaggi diplomatici, partecipazione in presenza o da remoto in conferenze internazionali e notizie sui quotidiani volti alla richiesta di aiuti militari da parte di partners europei e d’oltre oceano; sul fronte avversario si hanno testimonianze di relazioni commerciali e militari con alleati più o meno dichiarati; in entrambi i casi ciò determina uno stallo militare sul terreno di scontro: tanta movimentazione diplomatica per qualche metro di terra? Nella pratica sì ma ormai è opinione di molti che il vero terreno di scontro delle super potenze mondiali non sia il territorio ucraino, che rappresenta la vittima sacrificale al servizio del Grande Gioco.
Prevedere l’evoluzione del conflitto in senso bellico, oltre a presentare scenari inquietanti e di più ampio respiro territoriale, risulta assai complesso: la via diplomatica che l’Unione Europea persegue dopo gli iniziali provvedimenti sanzionatori nei confronti della Federazione Russa è intricata e delicata poiché il processo d’integrazione dell’Ucraina nell’Unione e l’adesione dei singoli Stati ad un’altra organizzazione internazionale ritenuta ostile da Putin – la NATO – lascia che si crei un gioco di ambiguità su cui in neo rieletto Presidente pone l’accento come un vero e proprio stratega diplomatico/militare; si somma poi il processo di formazione dell’Unione Politica che, essendo in corso, consente un non riconoscimento pieno del soggetto stesso ed un ulteriore gioco diplomatico/economico teso a minare la forza dell’unione.
Rivolgendo lo sguardo oltre il fronte ed osservando, per quanto concesso, i movimenti di politica interna russa, è necessario immedesimarsi nel popolo russo in quanto forma aggregata portatrice di una storia, principi e valori che non sono necessariamente uguali ai nostri quanto modo di vivere (all’occidentale): per citare qualche dato noto: oltre il 70% della popolazione russa vive sulla soglia di povertà, la Russia è il Paese con il più alto tasso di Ingegneri al Mondo ed è una tra le super potenze imperiali di sempre; è questo ultimo dato che serve per leggere il sentimento del popolo nei confronti della propria Nazione: Madame Storia insegna che le potenze imperiali vivono di gloria. L’orgoglio russo non si manifesta nel tenore di vita del popolo, nelle relazioni diplomatiche e nel riconoscimento internazionale, men che meno con il popolo ucraino che è considerato una sorata di sub-umanità rispetto alla Madre Patria. La Russia vuole comparire nei libri di storia come un Impero, una Nazione, fatta e vivente di Gloria.
Cosa aspettarsi dai russi sul fronte interno?
I cambiamenti di regime, in Russia, come per tutte le potenze imperiali, è sempre avvenuto con violenza e per un solo motivo: un fallimento estero, ovvero l’umiliazione militare della Nazione. La rivoluzione bolscevica e la caduta dello Zar avvennero in seguito alla sconfitta della battaglia di Tsushima nella guerra Russo-Giapponese del 1905: l’esercito imperiale e la Marina vennero annientati dai giapponesi e Lenin, il leader della rivoluzione, mise nero su bianco, mezzo stampa, che lo Zar doveva abdicare perché avevano umiliato la Nazione e reso ridicolo il popolo russo in ambito internazionale.
Quindi, a fronte del successo elettorale e della storia pregressa, è difficile pensare che Vladimir Putin si siederà al tavolo della trattativa di pace senza poter imporre i suoi termini.
Un altro possibile scenario ricalca la situazione della guerra di Corea (1950-1953): il progressivo implodere del conflitto determinato da un logorio delle truppe e degli arsenali, determina la spartizione del territorio con un riferimento geografico accettato da entrambe le parti ed una pace controllata; secondo una lettura ideologica del conflitto in essere, di fatto, si assisterebbe ad una riedificazione metaforica del Muro di Berlino che rappresenterebbe un consolidamento del potere politico interno di Putin in quanto baluardo contro l’occidente: in patria è considerato già così e per la visione del continente occidentale che ha divulgato in tempi passati, la risoluzione alla coreana verrebbe vista come un successo internazionale da parte della maggioranza di un popolo che non vuole vivere all’occidentale ed avere relazioni esterne alla pari.
Come in ogni analisi internazionale, osservare uno scacchiere è una cosa, prevedere le mosse un’altra: ad ogni mossa non corrisponde una singola contromossa di un singolo avversario ma gli attori – i pezzi sullo scacchiere – sono più di uno ed ognuno fa il proprio grande gioco. Un rapido esempio potrebbe essere il ruolo della Cina dopo la pace alla coreana: i cinesi hanno rapporti commerciali sia con l’occidente europeo che con la Federazione Russa e potrebbero rappresentare il vincitore assoluto tra i due litiganti: la mano occulta che influenza e regola il progresso od il recesso di un lato del muro.
Cosa può fare l’Unione Europea di fronte ai probabili scenari geopolitici che è chiaro hanno un respiro mondiale?
Sicuramente assisteremo a nuovi flussi migratori di portata enorme, qualsiasi sia la conclusione del conflitto russo-ucraino che impatterà sull’economia europea: questi non andranno affrontati da confine sud europeo che riceve e smista o da fronte est che fa altrettanto ma si dovrà mettere in campo una concreta strategia europea di gestione umana ed umanitaria di individui che bramano una nuova possibilità; qui s’innesta il processo d’integrazione della Ucraina e della Moldavia nell’Unione Europea in quanto migrazione senza spostamento di un popolo che si è aggregato ed ha creato la propria Nazione all’interno di un sistema continentale del quale si sente parte ed al quale vuole partecipare come popolo tra i popoli, mantenendo salde le proprie origini e tradizioni, consapevole di far parte di un grande gioco umano che valica i confini ed abbatte i muri attraverso la più rispettosa forma di cooperazione internazionale di cui la bandiera blu a stelle gialle è simbolo: la Democrazia.
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