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ribellarsiIl Mondo, da quando esiste, si è trasformato molto; i suoi abitanti si sono dati regole di convivenza scritte, cancellate e riscritte - ed anche non scritte - centinaia e centinaia di volte; esse sono nate da intuiti ed intelletti ma sono state concretizzate da tumulti, proteste, sanguinosi e catastrofici eventi.

Essi hanno avuto inizio in tempi, luoghi e società dove è venuta meno la visione di un futuro migliore: taluni fattori hanno fatto capo a forme di governo dispotico ed assolutista, talaltri a strutture sociali gerarchiche e conservatrici; altri fattori che hanno innescato i cambiamenti di cui oggi, la nostra società dimentica gli intenti, sono annoverabili nella mancanza di diritti e giustizia sociale tra le classi meno abbienti e desiderose di considerazione in quanto esseri viventi al pari dei componenti di rango elevato i quali s’intestavano arbitrio e facoltà manageriali di carattere sociale nei confronti della collettività.

Che si parli di rango, condizione economica o classi sociali, cambiamenti e rivoluzioni sono sempre stati fatti dai giovani. Se storicamente è possibile annoverare i cambiamenti come un processo calato dall’alto, graduale ed ordinato, le rivoluzioni sono sempre partite dal basso e culminate in spargimenti di sangue; è la classe giovanile che da sempre si batte, combatte e porta a termine un processo più o meno veloce di trasformazione della società: esso è alla base di quello scrivere e riscrivere regole di convivenza, redistribuzione della ricchezza ed acquisizione di diritti e doveri aventi un vettore sociale nuovo, frutto di una lungimiranza che solo loro possono avere.

La società in cui viviamo oggi lascia poco spazio a ragazze e ragazzi: a prescindere dal livello accademico raggiunto, chi vivrà il futuro si trova quasi impossibilitato nel costruirlo e s’innescano così processi migratori che svuotano il bel Paese di menti e braccia volenterose, ambiziose e riverenti nei confronti di chi ricopre posizioni di supremazia rispetto alla genuina propensione al contributo umano e professionale; essa all’inizio del cammino produce errori: chi cammina inciampa, cade ma si rialza sempre, al netto del logorio sistematico perpetrato da chi rifiuta il ricambio generazionale, depauperante di energie vitali per l’evoluzione del mondo che verrà ed in cui i giovani saranno protagonisti. Se il cambiamento graduale ed ordinato non avviene, non rimane altro da fare: la rivoluzione, senza sangue; essa deve subito palesarsi in un aspetto squisitamente sociale: in ogni gruppo, la minoranza tende a conformarsi alle abitudini della maggioranza, quindi, in una società sempre più anziana, i pochi giovani tendono ad avvicinarsi al modo di vivere della maggioranza. Invecchiano prima del tempo.

Questo processo deve arrestarsi immediatamente! E lo deve fare una particolare categoria di giovani: i ribelli.

Per fare le rivoluzioni servono loro e solo loro possono innescare una protesta materiale ed una rottura rispetto al conformismo dei loro coetanei vittime di un innocente controllo sulla propria vita da parte di chi non potrebbe mai capire fino in fondo il loro nuovo modo di esistere. È necessario che da quel punto si aprano gli spazi, i tempi ed i modi di vivere propri dell’età giovanile: non si può cambiare il Mondo tornando a casa presto la sera, rimanendoci o da remoto: le ragazze ed i ragazzi hanno bisogno di spazi dove poter stare assieme, confrontarsi, progettare i cambiamenti rivoluzionari o meno, senza limiti di tempo; anche di notte se è necessario ma è improcrastinabile soddisfare la sete di socialità che si vede nelle strade, osservando gruppi di adolescenti, o poco più, muoversi alla disparata, cercarsi e rincorrersi per poi chiedersi “dove andiamo?”. Allibisce poi il fatto che al primo schiamazzo o vociare ad alto volume arrivi immediatamente la protesta di chi, più o meno giustamente, vuole ripristinare l’imprinting di uno sguardo miope delle future generazioni. La quiete ed il riposo vanno garantiti ma gli spazi per i giovani vanno consentiti.

Il secondo elemento necessario per la rivoluzione giovanile è la politica: i gruppi politici rappresentano la società nella quale si dipanano ed esprimono e di cui incarnano modi e metodi della maggioranza degli individui che compongono la sfera sociale di rifermento: è arduo il compito dei rivoluzionari poiché essi sono la minoranza dei pochi giovani che compongono la nostra penisola. È necessaria una rivoluzione anche all’interno della sfera politica dove quei pochi giovani che dimostrano interesse difficilmente hanno spazi in cui esprimere le proprie sensibilità, proporre i cambiamenti, attuarli e riverberarli al di fuori dell’apparato, ovvero nella stessa società di individui che legittima l’azione politica.

Le rivoluzioni le hanno fatte i ribelli, servono oggi nuovi ribelli che, proprio per il loro ruolo, lasceranno spazio in futuro ad altri nuovi ribelli.

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