"Il cittadino" ha recentemente pubblicato un'articolo a firma di Sarah Valtolina dal titolo "Monza: la paura di via Debussy, ostaggio della compagnia del giardinetto" che mi ha molto sorpreso.
Premetto che io abito proprio sopra il giardinetto citato e temo che la giornalista si sia preoccupata di fare un po' di "sensazionalismo" ascoltando le lamentele di qualche abitante, senza minimamente verificare direttamente, presso le forze dell'ordine, i servizi sociali e gli stessi ragazzi, quanto da queste persone riportato.
Il giardino citato è uno dei pochi centri di aggregazione per i giovani del quartiere e costeggia la linea ferroviaria verso Como, all'altezza di via Debussy.
È un fatto che, durante gli ultimi anni, a causa della non manutenzione del parco giochi da parte della giunta Allevi e del lockdown, i bambini della zona avevano smesso di frequentare il giardino. Per tale ragione, ma anche in seguito alla chiusura dello skate-park a poche centinaia di metri (sempre Allevi) e della chiusura tramite recinzione della vicina area verde, l'età dei frequentatori della zona si era, inevitabilmente, alzata.
Un paio di mesi fa, i giochi sono stati ripristinati inserendo una rete per arrampicata, che, con un po' di disprezzo, la giornalista de "Il Cittadino" ha chiamato "il palo".
Su quel "palo" oggi sono tornati ad arrampicarsi i ragazzi e, lo scorso luglio, si è tenuta una grande festa di fine scuola con adulti e bambini che è durata fino a sera. Insomma un intervento di micro-urbanistica ben riuscito.
Ovviamente, questo ha inciso poco sui frequentatori serali della zona. Ma chi sono costoro?
I frequentatori serali del parco sono ragazzi adolescenti che ivi trovavo un luogo dove poter stare insieme e chiacchierare, in un quartiere che non offre nessun altro luogo di aggregazione all'aperto, come piazze, bar o simili.
Ma gli intervistati dell'articolo (rigorosamente senza nome) si lamentano di comportamenti illegali parte dei ragazzi e richiedono di recintare il giardino per chiuderlo alla sera.
A parte il fatto che di tali fatti penalmente rilevanti non vi è traccia, la richiesta di chiusura serale dovrebbe farci riflettere: a cosa servirebbe? A risolvere il "problema" (quale poi?) o semplicemente a spostarlo da qualche altra parte? La filosofia del "non nel mio giardino" è davvero la soluzione? Se è così, allora facciamoci una bella autocritica perché, in tal caso, il problema siamo noi, gli adulti.
Al giorno d'oggi i ragazzi hanno bisogno di luoghi di aggregazione e se questi si trovano sotto gli occhi di cittadini attenti, è una buona cosa. Meglio che si ritrovino lì piuttosto che in altri posti. Lo scrivo con cognizione di causa, essendo io padre di un ragazzo e di una ragazza adolescenti che ogni tanto frequentano proprio quel giardino (sì, anche di sera).
Un tempo, questa funzione di controllo sociale era sistematica perché nei quartieri tutti si conoscevano: c'erano bar, edicole, negozi e un ragazzo un po' sbandato veniva notato e segnalato alla famiglia. Oggi la struttura delle città è cambiata, ma non per questo è venuta meno la necessità di una funzione di controllo sui giovani.
Se i ragazzi che frequentano la zona hanno comportamenti che urtano la nostra sensibilità, questo non può giustificare un atteggiamento ostile da parte di noi adulti. La rinuncia ad esercitare la nostra funzione educativa e di controllo dei giovani delegandola ai servizi sociali dell'amministrazione o, peggio, alla polizia non fa che peggiorare il clima.
Venire incontro alle esigenze dei ragazzi comprendendone i bisogni, ci permette di ricostruire quella socialità che si sta sempre più sfilacciando, soprattutto nei grandi centri urbani come Monza.
Recentemente ho avuto modo di parlare della situazione del parchetto sia con questi ragazzi e con i miei figli. La loro risposta su come migliorare la situazione è stata sorprendente: non serve una recinzione, vorrebbero più tavoli, vorrebbero cestini che vengano svuotati più spesso e che impediscano alle cornacchie di spargere in giro i rifiuti. Insomma vorrebbe un giardino più curato e più fruibile.
Concludo rivolgendomi alla categoria dei giornalisti: anziché scrivere articoli che puntano ad alimentare la "paura" dei cittadini, bisognerebbe pubblicizzare un maggiore coinvolgimento degli stessi sul miglioramento della fruibilità e sulla funzionalità degli spazi comuni.
Un parchetto tenuto pulito, ben illuminato, sotto gli occhi di tutti e magari ogni tanto controllato dalle forze dell'ordine nelle ore serali, è sicuramente meglio che spingere i giovani ad allontanarsi in luoghi nascosti agli occhi degli adulti.
Preoccupiamoci dei nostri giovani, sono loro che rendono più bello e più vivo "il nostro giardino".
Andrea Campora
Residente in Via Debussy 8 a Monza.
A presto.
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