Rigenerare - lo dice il termine stesso - significa, in ambito urbano, approcciarsi all’evoluzione di un tessuto edificato e non, attraverso una serie di continue demolizioni, ricostruzioni e ri-funzionalizzazioni delle sue parti che tengano conto delle esigenze specifiche del contesto.
Restringendo l’analisi all’ambito italiano si può definire il fenomeno della rigenerazione urbana diviso in tre cicli.
1. La riqualificazione dei centri storici (ancora in gran parte incompiuta) che ha avuto inizio durante gli anni ’70.
2. Il recupero delle aree dismesse (un processo ancora in corso in molti centri come per esempio proprio Monza) iniziato sul finire degli anni ’80.
3. La riqualificazione dei quartieri residenziali costruiti nella seconda metà del ’900. Costruiti con criteri di bassa qualità edilizia, architettonica e urbanistica e sostegno alle politiche di mobilità sostenibile e quant'altro possa servire come attrattore per ripopolare le aree dismesse.
Nell’ultimo decennio la rigenerazione urbana ha fatto passi in avanti affermandosi come approccio multi partecipato per dare alle città non solo un aspetto nuovo e competitivo, rilanciandone l’immagine territoriale a livello estetico, ma dando loro nuovo respiro dal punto di vista culturale, economico e sociale e chiaramente con attenzione agli aspetti ambientali.
Veniamo a Monza. In una realtà come quella monzese il piano di rigenerazione è chiaramente illustrato nelle linee guida del PGT da poco approvato: "no" ad ulteriore consumo di suolo, "sì" al recupero delle aree dismesse ed aree verdi, "sì" al verde diffuso e alla piste ciclabili, "no" a costruzioni ex novo su terreni ora liberi (se non in piccola parte) ma anche e soprattutto "sì" alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente secondo progetti sostenibili.
In un contesto urbano come quello di Monza, dunque, non occorre lavorare in altezza (creando cattedrali nel deserto data la carenza di infrastrutture) come accade a Milano e come propongono l’assessore Sassoli e la Giunta ma piuttosto occorre incentivare quei progetti che possano creare usi nuovi nei vari quartieri attraverso la realizzazione di piazze e di una sequenza di spazi pubblici in continuità con lo spazio a verde previsto nel PGT.
Insomma progetti caratterizzati da varietà tipologica e di altezza, con destinazioni funzionali e sociali diverse, e da un'articolata successione di spazi di relazione. Progetti che abbiano l’ambizione di impattare positivamente su alcune zone della città che risultano avere bisogno di nuova vitalità e servizi per i residenti.
"No" a scelte avventate per scimmiottare grandi metropoli ma scelte ad hoc per la nostra città.
Lavorare nei quartieri che oggi risultano essere - seppur ambiti non degradati - ai margini della città anche per il poco dinamismo della zona come San Fruttuoso o San Rocco.
Prevedere dunque la realizzazione di spazi comuni, sia coperti che esterni, dedicati sia ai cittadini monzesi sia agli abitanti delle varie zone su cui tali progetti insistono, zone che ad oggi risultano ancora prive di reali luoghi di aggregazione sociale e culturale e povere di servizi.
La Rigenerazione quindi non è uno strumento ma un metodo, non è costituita da regole preconfezionate ma da approcci e analisi dedicati, non è una soluzione immediata ma occorre tempo per apprezzarne i risultati positivi, non esula dalle normativa ma se ne serve in maniera intelligente per raggiungere degli obbiettivi e fornire delle risposte.
Ho letto con sorpresa sui giornali le affermazioni dell’assessora all’urbanistica Sassoli che indicano in progetti tipo City Life o Piazza Gae Aulenti le possibili soluzioni per Monza e per quartieri come San Fruttuoso.
Lavorare su questa ipotesi porterebbe ad un’assurda ed inutile variante del PGT il quale già indica con chiarezza e linearità il futuro possibile e sostenibile di Monza.
Si lavori sull’esistente con coraggio e modernità secondo quanto già indicato.
La vera sfida dello sviluppo urbanistico di Monza è proprio questa: lavorare sul tessuto urbano esistente. Riscoprire con gli strumenti attuativi del PGT la sua identità storico urbanistica declinandola in maniera moderna e sostenibile.
Mettersi in competizione con Milano, parlare di marketing urbanistico senza cognizione di causa, realizzare grattacieli nel deserto non serve. Soprattutto a Monza. Soprattutto a San Fruttuoso, quartiere le cui richieste di sviluppo pensiamo siano ben altre.
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