Ho aspettato un giorno prima di scrivere della mia Leopolda. Un giorno per decantare le emozioni, le parole, gli abbracci, i sorrisi, la stanchezza ma anche la lotta e la passione che questi tre giorni a Firenze da sempre significano per me.
Ma per me Leopolda significa soprattutto casa. Ogni volta è la stessa emozione come quando tornavo a casa da piccola dopo le lunghe vacanze estive ed appena vi rimettevo piede ne riconoscevo l’odore, i muri, quel senso di appartenenza che solo una casa può regalarti.
Esagerata - penso mentre lo scrivo - ma poi capisco che quel luogo, quella stazione così ben ristrutturata ma con ancora i segni del tempo e del passaggio di treni e di persone, mi lega non solo ad un ideale politico, ad un personaggio a cui devo molto come impegno e coraggio, ma anche a moltissime persone che insieme a me stanno dividendo questo viaggio. Con coraggio, un po’ di sfrontatezza, e un pizzico di follia.
Stamattina e ieri ho letto articoli e post sui vari giornali e social veramente dissacranti, sbagliati, bugiardi e talvolta violenti: siamo stati associati a venditori di pentole e di fumo, cantanti da karaoke, donne impellicciate, banchieri malfattori, fascisti, abbindolati da un domatore di pecore.
La voglia di replicare era tanta e spesso ho dovuto frenare la lingua e la biro o la tastiera per non cedere al loro gioco.
Cosi ho pensato: ora gli racconto cos’è veramente la Leopolda. Per una donna come me. Una cinquantenne sognatrice, forte di cuore e di cervello, per una donna che non scende a compromessi e non ha mai riconosciuto nè capi nè eroi ma idee e sogni per cui alzarsi ogni giorno e sorridersi allo specchio. Quello sì. Vi racconto la Leopolda perché non ci sto a prendere gli schiaffi e gli insulti da chi non distingue un viaggio da una promozione pubblicitaria che è durata vent’anni della nostra vita.
Non a caso quel luogo è una stazione che si riempie per poi svuotarsi, dove arrivano e partono idee, arrivano e partono donne e uomini, che talvolta ritornano, talvolta prendono il treno al volo o lo hanno perso per un soffio, talvolta si smarriscono, talvolta sognano ancora insieme. Quel luogo è una stazione ma anche un deposito bagagli, di idee e di lotta, da cui sono nate alcune delle riforme che oggi portano il nome ed il numero di un Decreto o di una Legge approvata in Parlamento. Idee nate tra i tavoli rotondi pieni di facce, di parole, di sedie, di sudore, di passione.
Questa ultima Leopolda è stata vista e riportata come la celebrazione del Capo e del Governo ma nessuno da fuori ha capito che invece si trattava di una nuova partenza, dopo una nuova fermata, per un lungo viaggio. Come gli antichi viaggiatori si riposavano nei caravanserragli dopo una lunga traversata nel deserto, la Leopolda 6 è stata una fermata una sosta più lunga ma necessaria per fare il punto della situazione del viaggio che abbiamo intrapreso cinque anni fa. Per raccontare ai giovani (e credetemi ce n'erano veramente tanti) cosa si era fatto e come si era fatto. Per dar loro la voce, la staffetta, la voglia di viaggiare insieme.
Leopolda 6 come una riflessione a voce alta, da condividere con amici e compagni, tra un video ed un discorso, un question time coi ministri e due risate al buffet. Fino al discorso finale di Matteo Renzi. Non un domatore ma un autista che ci ha portato fin qui.
Tanti concetti in quel discorso finale, che sicuramente avrete trovato commentati sui giornali con ironia, sarcasmo e forse un pizzico di invidia.
Tra i tanti concetti quello che più mi è piaciuto è stato “La bandiera Pd tatuata sul cuore” che significa che il Pd è parte di noi , è anche la nostra casa, il nostro mondo, che nessuno ha più diritto di qualcun altro di sventolare quella bandiera, perché non è un pezzo di stoffa ma un modo di essere e di pensare, essere di sinistra e di centrosinistra, facendo leggi ed azioni di sinistra. Le bandiere le lasciamo agli altri. Le nostre bandiere sono quello che facciamo. Quello in cui ci riconosciamo. Il Pd.
Da ieri è cominciato dunque un nuovo viaggio che ci porterà dritti al referendum costituzionale, un viaggio che dovrà significare mille fermate per mille piccole Leopolde. Scendere nelle stazioni dei nostri territori, spesso dimenticati e delusi, fermarsi a spiegare cosa abbiamo fatto e cosa stiamo facendo, con quella semplicità che caratterizza il popolo della Leopolda ed in cui riconosco il mio modo di comunicare con gli altri che ho imparato tra i banchi di scuola, in mezzo ai miei ragazzi ed alunni.
Mille leopolde per mille fermate e mille nuove partenze. Uscire fuori dalla Stazione e portandosi dietro la valigia del passato e di quel che si è fatto fermarsi un poco. Per farci conoscere. Per far conoscere le persone che siamo, che hanno animato in questi anni quella stazione dismessa e ristrutturata, Leopolda dopo Leopolda. Con la volontà ed il coraggio di guardare avanti, senza dimenticare chi siamo e da dove veniamo. Gente nuova che come me nn aveva mai fatto politica attiva ma che si è ritrovata in questo sogno di cambiare verso all’Italia ed alla politica. Persone vere, non venditori di fumo o pecoroni. Persone che lavorano, amavano, studiano, mangiano e bevono. Che non sono interessate ad una poltrona ma a delle idee.
Questa è stata la mia Leopolda 6 e spero di avervelo spiegato bene. Con l’enfasi di chi non ha mai smesso di sognare, viaggiando dentro un ideale.
Buon viaggio a tutti noi, popolo della Leopolda e del Pd.
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