Mentre leggevo l’articolo di Renzo Piano sulle periferie mi veniva in mente il bravissimo giornalista ucciso dalla mafia Peppino Impastato e la sua frase sulla bellezza.
“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore (Peppino Impastato)”.
Renzo Piano ci comunica con forza che la missione dell’architettura in questo nuovo secolo è salvare le periferie. Se noi architetti, amministratori, partiti politici, urbanisti, sociologi non raccogliamo in fretta questa sfida non solo assisteremo alla morte delle città, ad un disastro urbanistico senza precedenti ma anche a grossi problemi sociali…
Tutti noi e per primi noi architetti che ci occupiamo di città e di edilizia siamo chiamati a confrontarci e a lavorare su questo grande tema. Negli ultimi anni infatti si è assistito allo spostamento dell’interesse urbanistico verso il centro storico delle varie città con riqualificazioni edilizie, piani di mobilità, chiusura di strade , pedonalizzazioni, rifacimenti stradali con pietre e altri manufatti …nel frattempo le periferie rimanevano in mano a costruttori, palazzinari senza scrupoli, senza un disegno urbanistico e soprattuto diventando i nuovi ghetti di nuovi cittadini. “Dagli anni Sessanta agli Ottanta la missione era salvare i centri storici ed e’ stato fatto bene ma ora è arrivato il momento di salvare le periferie ”
E’ in questo contesto che mi piace proporvi la frase di Piano ” un edificio secondo me non deve occupare lo spazio in cui sorge ma deve restituirlo alla città che glielo ha dato”. Un edificio deve fondersi con la sua città, svolgere una funzione ma anche essere aperto alla comunità in cui sorge…ogni edificio anche quello meno importante, anche quello inserito dentro un piano di edilizia popolare…questo lavoro di integrazione va conseguito soprattutto nelle periferie dove chi ci vive, racconta Piano, non vede l’ora di scapparne, di fuggire..perchè le periferie sono diventate luoghi di segregazione neanche tanto virtuale e questo va sanato il prima possibile. ed allora che fare? semplicemente occorre smettere di costruire e di espandere queste tristi periferie..e lavorare dentro ad esse. come è stato fatto per i centri storici negli anni passati.
Certo non sarà facile ma ripensando alla frase di Impastato anche i sobborghi cittadini, le periferie più squallide possono avere dentro dei germogli di bellezza da sfruttare e rinnovare. Le periferie sono piene di buchi neri, di aree dismesse, industriali o commerciali, da rivedere e ridisegnare seguendo ” la bellezza dei desideri di milioni di esseri umani che ci abitano, che noi tecnici ed amministratori dobbiamo aiutarli a realizzare.
La mia umile proposta per esempio sarebbe quella di invadere le periferie di ragazzi: ragazzi universitari, al primo impiego con soluzioni di cohousing o condomini solidali, coppie giovani che convivono. Riempire le periferie di giovani, di sorrisi di musica e di studio con biblioteche, locali di studio, coworking… Riempire quei buchi neri con tanta tanta bellezza nel verde e nei giardini …
Una grande sfida: UN GRANDE SOGNO. la solidarietà civile e sociale nasce anche da un mattone.
Report