La scelta tra voto palese e voto segreto ha un punto che non si può eludere: analizzare se il voto riguarda una persona o riguarda un fatto, un organo, un’istituzione. Più chiaramente: se oggetto del giudizio è una persona, il suo operato, la sua condotta e null’altro, prevale la scelta del voto segreto.
Se invece si vota su un FATTO, un REQUISITO, una CONDIZIONE , allora prevale la scelta del voto palese.
Condividiamo quindi la scelta civica (!) di Linda Lanzillotta (SC), la quale correttamente motiva la sua scelta affermando che “non c’è dubbio che il voto non riguardi la persona ma solo il mero accertamento dell’esistenza di un presupposto di integrità morale che condiziona la composizione del Senato”.
Chiarisco: Lanzillotta dice che il voto riguarda la verifica di una condizione ed è vero: l’oggetto della votazione ha a che fare con la COMPOSIZIONE del Senato; il FATTO valutato dalla commissione del Senato è questo: ci sono i presupposti affinchè sia modificata la composizione dell’aula? Cioè che esca un senatore ed entri un altro? è questo da valutare, non chi è il soggetto entrante o uscente, che sono stabiliti dalla legge, non dalla commissione. Non CHI, ma COSA.
Come esempio calcistico: l’infrazione grave comporta l’espulsione, non importa chi sia il giocatore che commette fallo. Come altro esempio, passare con il semaforo rosso è il FATTO previsto come CONTRAVVENZIONE: che lo commetta un sindaco di Roma o di Monza è indifferente per il vigile o carabiniere o agente di polizia che rileva l’infrazione. E nel caso del Senato, per chiarire anche l’aspetto della retroattività, diciamo che una legge approvata il 31 dicembre 2012 (e pubblicata nel 2013 ai primi di gennaio, prima delle elezioni) ha detto che da quel momento in avanti una certa SITUAZIONE, un certo FATTO avrebbe provocato una determinata conseguenza: la decadenza FUTURA, non passata; non esiste la macchina del tempo.
Traducendo la legge Severino con un esempio, essa dice: dall’8 gennaio 2013 non si può stare in un ricevimento (Senato) indossando una cravatta sporca o senza cravatta (sentenza di condanna). E non importa se uno la cravatta l’ha sporcata qualche tempo prima. Se è sporca, sta fuori dall’aula.