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aero-militareIl Circolo 4 di Monza esprime con fermezza il proprio no al proseguimento dell’investimento in un programma militare ed ha inviato una lettera “Lettera ai nostri parlamentari - F35 ” ai nostri parlamentari deputati Pippo Civati, Alessia Mosca, Roberto Rampi e la senatrice Lucrezia Ricchiuti, per domandare quale posizione hanno tenuto lo scorso 24 giugno, nell’imminenza del dibattito Parlamentare sugli F-35.

Chi tra loro ha risposto, e chi tramite il proprio blog, dichiara piena condivisione a quanto espresso dal Circolo 4.

Dalle cronache parlamentari, s’interpreta che la scelta di rimandare la decisione corrispondeva alla necessità di trovare una mediazione, per poter in seguito ottenere il risultato da noi auspicato. Le ultime notizie, la decisione del Consiglio Supremo di Difesa per il quale il Parlamento non può avere diritto di veto sulle scelte relative all’ammodernamento delle forze armate, sono purtroppo molto preoccupanti.

Alla riunione del Consiglio Supremo di Difesa hanno partecipato, tra gli altri, il premier Enrico Letta, il ministro degli Esteri Emma Bonino, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il ministro dell’Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni, il ministro della Difesa Mario Mauro, il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, il capo di stato maggiore della Difesa ammiraglio Luigi Binelli Mantelli e tutti sarebbero stati uniti nell’affermare che queste decisioni rientrano nelle “responsabilità costituzionali dell’esecutivo”.

Purtroppo, questa ci sembra una delegittimazione grave del Parlamento e ci domandiamo con quale frequenza le “responsabilità costituzionali” vengano dimenticate. Per prima, la responsabilità richiamata dall’art. 11 che ripudia la “guerra come strumento di offesa… e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (quindi perché comprare degli strumenti di offesa?).

Per questo, il Circolo 4 di Monza rinnova nuovamente il proprio appello ai nostri parlamentari, affinché facciano tutto ciò che è in loro potere per impedire una scelta ingiusta socialmente, perché quelle risorse si possono spendere per il welfare, e non rispettosa dei processi democratici sanciti dalla Costituzione.