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Abbiamo intervistato Donatella Paciello. Foggiana di nascita e laureata all’Università di Bologna, prima di essere eletta di nuovo consigliera in questa legislatura aveva già ricoperto la carica di Presidente del Consiglio Comunale durante la Giunta Scanagatti.

Di seguito riportiamo alcuni dei punti più salienti dell’intervista.

Tu “centrosinistra” lo scrivi con o senza il trattino?

Lo scrivo senza trattino. Queste cose non le ho mai capite, sinceramente.

Io, tra l’altro, prima di iscrivermi al PD, cosa che ho fatto quando è nato, a partire dal 2002 ho preso parte a quel movimento che si chiamava “Cittadini per l’Ulivo”. Era considerato la terza gamba rispetto alla Margherita e ai DS, e quindi presentava una tendenza all’unificazione delle componenti.

Come sei finita in Consiglio Comunale?

Tutto è iniziato nel 2011. In quel periodo ci si stava preparando per le amministrative del 2012, e c’erano le primarie per la selezione del candidato Sindaco del centrosinistra. Alcuni amici mi hanno chiesto: “Perché non provi a candidarti alle primarie?” Ho riflettuto e, anche se forse con più valutazione avrei deciso diversamente, ho lanciato il cuore oltre l'ostacolo e ho accettato la sfida. Così mi sono candidata alle primarie. In tutto eravamo sette candidati, e io ero l’unica donna. Tra i miei sfidanti c’erano Roberto Scanagatti, Egidio Longoni e Francesco Beretta.

È vero, ero stata nei Cittadini per l’Ulivo, ero iscritta al PD ed ero anche attivista al Circolo 4. Però non avevo una grande notorietà a livello cittadino. Eppure, il risultato è stato buono: sui sette candidati sono arrivata terza. È stata un’esperienza bellissima, che mi ha poi condotto alla decisione di candidarmi al Consiglio Comunale, ottenendo anche in quel caso un buon risultato.

Una volta eletta, mi è stato proposto di ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio Comunale. Così, a giugno 2012, è iniziato questo percorso che è durato cinque anni. Un percorso impegnativo, soprattutto all’inizio. Contando anche che ero la prima donna a ricoprire quella carica a Monza.

Ho affrontato delle difficoltà. Sono stata però in grado di gestirle e di superarle. È stata sicuramente un’esperienza che mi ha formata, non solo in politica, ma anche sul piano personale.

Come vivi gli avversari politici in Consiglio Comunale oggi?

Allora, io non apprezzo particolarmente le “rappresentazioni teatrali”, cioè anche la strumentalizzazione. Trovo che spesso manchi onestà intellettuale. Queste sono cose che ho vissuto anche quando ero Presidente del Consiglio Comunale.

Posso però apprezzare e rispettare il mio avversario politico nella misura in cui riconosco un’onestà intellettuale nella persona.

Come si vive il Consiglio Comunale quando hai di fronte la tua Giunta? Ti senti preoccupata di porre problemi?

C’è innanzitutto ovviamente una fiducia di fondo nei confronti dell’operato della Giunta. Laddove ci sono delle questioni, almeno per quanto mi riguarda, io le porto all’attenzione degli assessori o del Sindaco, ma in separata sede. Perché il problema secondo me va certamente affrontato, in modi però che però possono essere più efficaci, senza mettere in difficoltà con i miei interventi l’operato della Giunta.

Secondo te, quanto un giovane è lontano dalla politica?

Nessuno dei miei figli ha la tessera di un partito in tasca. Però io credo che loro abbiano una sensibilità nei confronti dei temi sociali. E sento che siamo anche ideologicamente vicini. Ciascuno di loro interpreta in modo diverso dei valori anche di solidarietà.

Lo vedo in mia figlia, che insegna, precaria. In come lei vive il mondo della scuola. Io apprezzo veramente il suo modo di operare. E lo vedo anche in mio figlio, che è studente universitario e volontario al Carrobiolo, dove fa l’insegnante nella scuola popolare e dà assistenza ai ragazzi con i compiti nel pomeriggio.

Quindi io credo che la politica, intesa come impegno, la si possa coniugare e declinare in tanti modi, anche facendo cose per la comunità in cui vivi. E io di questo sono molto contenta.

Immagina di avere di fronte il Sindaco Paolo Pilotto. Qual è la prima cosa che gli diresti?

La prima cosa che gli direi? Di osare di più.

È possibile guardare il video completo dell’intervista sul nostro canale YouTube:

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