Alcune considerazioni sulla scuola al tempo del Coronavirus (riflessioni personali che nascono dal tavolo di lavoro tematico promosso dalla Federazione Provinciale del Pd Monza e Brianza riunitosi il 12 maggio u.s.)
Questi mesi di sospensione dell’attività scolastica normalmente intesa hanno inciso pesantemente sulla vita di tutti noi, ragazzi, insegnanti, famiglie. Il 22 febbraio siamo tornati a casa pregustando un fine settimana che precedeva i due giorni di festa di Carnevale, e non siamo più rientrati.
La scuola ha reagito alla situazione con una vivacità e capacità di adattamento inaspettate; un’istituzione da sempre ancorata ai rigidi schemi della tradizione, nel giro di pochi giorni ha introdotto modalità di funzionamento completamente nuove, basate sull’impiego degli strumenti informatici. Dove ciò è stato possibile, è accaduto grazie ad anni in cui gli istituti (non tutti, certo) si sono dotati di reti, LIM, registri elettronici, e i docenti si sono progressivamente adeguati all’uso di strumenti e modalità diverse. Ammirevole è stato l’impegno dei dirigenti e del personale, che ha ribaltato in poco tempo il proprio modo si lavorare. Piattaforme, accreditamenti, password; colleghi più attrezzati sotto l’aspetto informatico si sono messi a disposizione di altri in difficoltà. Impegno tanto più ammirevole in quanto ha richiesto una quantità di lavoro enormemente superiore al normale, anche da parte di insegnanti precari e supplenti che hanno fatto tutto ciò senza una vera prospettiva di stabilizzazione.
Ma la scuola non è questo, non può essere ridotta a lezioni tramite pc o tablet, la scuola è socialità, contatto, è guardarsi negli occhi per cogliere interesse, noia, gioie, dolori; è crescere insieme facendo anche stupidaggini, è vivere insieme. Come ho sentito dire giorni fa da una maestra “una scuola dove non ci si può abbracciare, che scuola è?”
Soprattutto, la scuola deve essere di tutti, per tutti. È innegabile invece che la DAD ha evidenziato, non annullato, le differenze. In questi mesi le famiglie sono state chiamate a sostenere i figli nella DAD. In una realtà di famiglie con situazioni economiche e culturali molto variegata, questo ha generato forti squilibri nelle opportunità educative. Inoltre, per molti alunni è stato difficile fruire di pc o tablet, e di godere di una linea regolare. In sostanza, non solo è venuto spesso a mancare l’obbligo scolastico, ma anche il principio del diritto allo studio per tutti
I più piccoli hanno patito più di tutti la privazione della scuola, nidi, scuole materne, scuola primaria; la scuola è anche gioco, è tramite il gioco che si cresce, si impara a misurarsi con se stessi e con gli altri. Per non parlare dei disabili e dei ragazzi con bisogni educativi speciali, per i quali l’obbligo di rimanere in casa ha costituito una privazione gravissima delle esigenze di assistenza e di opportunità formative; e dei ragazzi provenienti dall’estero, che hanno risentito enormemente della mancata frequenza scolastica, con una privazione nella formazione linguistica e culturale e una perdita di opportunità di integrazione.
Ora si spalancano davanti a noi mesi, forse anni, che metteranno alla prova la capacità della scuola di re-inventarsi, la necessità di un allontanamento fisico per evitare rischi di contagio ci obbligherà a ripensare spazi, modalità, tempi della scuola. Dovremo approfittare di questa emergenza trasformandola in opportunità di cambiamento.
L’anno scolastico 2020/2021 dovrà diventare, come ha detto in Sen. Rampi, un anno straordinario, un anno della Costituente della scuola.
Si prospettano problemi più immediati e di più lunga durata; più vicini, a livello territoriale, ed altri a livello nazionale
Come gestire la fine dell’anno. Restiamo in attesa delle indicazioni ministeriali relative alle procedure di fine anno: ammissioni alla classe successiva, tempi e modalità di svolgimento degli esami di terza media e degli esami di maturità.
Ci si domanda se non sarebbe stato possibile prevedere la frequenza, negli ultimi tempi di scuola, almeno dei più piccoli, per alleviare i danni psicologici e formativi che segneranno inevitabilmente questa fascia più fragile ed alleggerire il peso di famiglie le quali, ora che con la Fase 2 torneranno al lavoro fuori casa, dovranno affrontare la gestione dei piccoli con difficoltà sempre crescenti.
Stessa opportunità poteva essere offerta a bambini e ragazzi delle classi terminali di ogni ciclo, per permettere loro di salutarsi e concludere anche psicologicamente una fase della loro crescita.
Probabilmente, limitando la frequenza a queste sole fasce di età, sarebbe stato non impossibile conciliare le esigenze di contenimento del rischio contagio con quelle educative, formative, sociali.
Centri estivi. Con l’arrivo della stagione estiva, sarà ancora più necessario venire incontro alle esigenze psicologiche, formative, educative dei più piccoli; ma anche alle necessità delle famiglie che devono riprendere il lavoro e spesso hanno già utilizzato le ferie nel periodo di lockdown, o che a causa della situazione economica non potranno permettersi un periodo di vacanza seppur breve.
Questo aspetto può e deve essere affrontato e risolto anche a livello territoriale, mettendo in campo tutte le risorse di spazi e di personale che sarà possibile reperire inserendoli in progetti educativi coerenti.
È necessario che i Comuni facciano una mappa
- delle necessità del territorio (quante bambini e ragazzi hanno necessità di un servizio di centri estivi, di quali età, in quali zone?)
- della disponibilità di spazi e di Enti, sia pubblici sia privati, di educatori e assistenti
(altri Comuni della Brianza si stanno muovendo in tal senso; non so quali siano i programmi del Comune di Monza)
Ripresa a settembre. Particolare attenzione dovrà essere rivolta ad un riequilibrio delle competenze, a favore di quei bambini e ragazzi che sono stati maggiormente penalizzati dalla DAD.
Inoltre, i ragazzi con disabilità o con bisogni educativi speciali quest’anno più che mai hanno il diritto di avere fin dal primo giorno insegnanti di sostegno specializzati e stabilizzati
Modalità didattiche
In una fase straordinaria non si può pensare di tornare semplicemente alla fase precedente, sia per la ovvia necessità di limitare il numero degli studenti per classe, sia perché la scuola dovrà affrontare moltissime problematiche di recupero didattico, psicologico, educativo.
La proposta di dimezzare le classi, alternando la frequenza scolastica con la DAD non pare percorribile: rimarrebbero aperti i problemi di integrazione, di scambio culturale e formativo, di gestione familiare, oltre alla necessità di un raddoppio del personale docente. È emersa la proposta di limitare la DAD ai ragazzi delle superiori nel sabato mattina
Sembra necessario invece rivedere in profondità il progetto formativo, che dovrebbe davvero essere basato sulle competenze.
Gli istituti dovranno sfruttare, ancora più di quanto già avvenga, l’autonomia scolastica, valorizzando tutte le esperienze di questi anni, laboratori, didattica sul territorio, attività di esperienze di scuola-lavoro, collaborazioni spesso complesse e faticose con il terzo settore o altre realtà del territorio. Tutte queste iniziative consentiranno di differenziare gli spazi, portare le attività fuori dalle pareti delle aule e dunque di ridurre l’affollamento delle classi, ma costituiranno un’opportunità per modificare la didattica, puntando non solo sui contenuti ma sulle competenze variamente acquisite.
Aspetti medico sanitari.
È necessario poi che le scuole vengano supportate anche sotto l’aspetto medico sanitario.
Si pensa ad un supporto psicologico, già previsto peraltro da quasi tutti gli Istituti, ma che dovrà diventare più regolare e frequente, in previsione di maggiori necessità di intervento.
Ma si presenteranno anche altre situazioni di difficoltà, già ora affrontate e sostenute dal personale docente e ATA. Penso alla necessità abbastanza frequente di somministrare medicinali.
Ma sembra necessario prevedere a livello nazionale un protocollo medico sanitario: si dovrà misurare la temperatura a tutti? Chi lo farà? Con quali implicazioni in termini di privacy? in caso di un focolaio, come ci si dovrà comportare?
Al termine di queste considerazioni, pare evidente comunque che sarà necessario un grosso investimento economico
Per l’edilizia
- Si dovranno utilizzare i mesi estivi per migliorare la situazione di molti istituti che versano in condizioni precarie.
- È necessario in ogni caso prevedere un ampliamento delle strutture edilizie, pensando magari ad una edilizia “leggera” come in questi momenti di pandemia si è fatto per alcune strutture ospedaliere (senza ripetere la triste esperienza dell’ospedale ricavato negli spazi della Fiera Milano)
Per il personale
Ovviamente, in qualunque modo si decida di organizzare l’attività didattica, sarà necessario ridurre il numero di studenti per classe e di conseguenza aumentare moltissimo il personale docente e ATA.
È indispensabile discutere e sottoscrivere precisi accordi con i Sindacati, che comprendano mansioni, orari, responsabilità.
Molto è contenuto nel cosiddetto Decreto Rilancio:
- è previsto un investimento di 1,4 miliardi di euro per la ripartenza delle scuole;
- sono state deliberate 16000 nuove assunzioni di docenti a tempo indeterminato; è stato così accolto l’emendamento al Dl scuola di Pd, Leu e Autonomie, che chiedeva di portare la platea delle nuove assunzioni da 24000 a 40000. Ora la battaglia del Pd in sede di discussione del Dl scuola è che l’assunzione dei precari “storici” avvenga per titoli e servizio, non tramite una procedura concorsuale difficilmente percorribile nei mesi estivi in periodo di pandemia.
Forse queste misure non saranno sufficienti, ma è un buon inizio.
Mancano però linee guida all’interno delle quali gli Istituti si muovano nella loro Autonomia.
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