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martina maurizioRiproponiamo l'intervista al segretario reggente del Partito Democratico, Maurizio Martina, condotta e pubblicata da Repubblica. “La nostra idea di partito si è rivelata insufficiente. Anche rispetto alle sfide di un radicamento nei territori. Occorre ripensare a come si sta nelle periferie, come si organizza una presenza di prossimità”. Intervista della giornalista Giovanna Vitale.

«Sono giorni duri per il Pd, ma io sono assolutamente convinto che possiamo ripartire». Alla vigilia di un appuntamento cruciale, per il futuro dei dem e un po’ pure per il suo, il reggente Maurizio Martina lancia la sua sfida al vertice del partito. «Di fronte alla nascita del governo più a destra della storia recente, è giusto dirsi che non basteranno gli anatemi: dobbiamo costruire un’alternativa popolare alla saldatura tra Lega e M5S superando le divisioni del passato, allargando ad energie nuove, ribadendo il nostro ruolo da protagonisti nel campo progressista. Perciò io mi proporrò segretario in assemblea con una idea: un anno di lavoro costituente per aprire una pagina nuova per il Pd, in grado di riscrivere la nostra funzione nel cuore del centrosinistra».

 Sta chiedendo in sostanza di rinviare il congresso?

«No, propongo un lavoro preparatorio al congresso che secondo me deve tenersi nel 2019. Bisogna tare un percorso che non sia solo una conta sulle persone. Sono fra quelli che pensano che di fronte a una sconfitta tanto pesante noi dobbiamo cambiare. E per farlo serve, oltre al coraggio della autocritica e alla forza del riscatto, un lavoro costituente. Per rimettere a fuoco il nostro progetto politico, culturale, organizzativo. E cercare insieme risposte che non abbiamo saputo dare. Sono tre le parole da cui inizierei: proiezione, cura, comunità. Per me si riparte da qui».

 Non sarà un modo per prendere tempo, per concedersi un altro anno alla guida del Pd?

«Al contrario, io credo che solo così potremo rompere antichi vizi, spezzare lo sterile dibattito cristallizzato per correnti, per filiere. lo dico: le idee prima della conta. Affrontiamo le nuove domande a cui cercare risposte inedite. I prossimi mesi come un gigantesco laboratorio di idee».

 Su quali temi?

«Le diseguaglianze, innanzitutto. La nostra idea di giustizia. Per un nuovo patto sociale che coniughi crescita economica e integrazione sociale, ricomponendo la frattura tra sviluppo e lavoro. Con un percorso di ascolto e di proposta: dal basso e da fuori. Dal basso perché penso sia necessario coinvolgere i territori, i nostri iscritti e tutti quelli che vogliono partecipare al lavoro del Pd. Da fuori perché è giunto il momento che le tante realtà, nell’associazionismo, nei corpi intermedi, nella società, diano una mano a costruire l’alternativa e un nuovo centrosinistra».

 Col clima che c’è nel Pd lei pensa davvero di riuscire a ottenere un anno di tregua per ricostruire, cambiare il partito?

«Io chiedo massima disponibilità perché questo è un lavoro collettivo che ingaggia tutti. Noi affronteremo una stagione molto difficile. Se questo governo nascerà, darà colpi pesantissimi sul fronte dell’equità: pensiamo alla fiat tax, una misura che genera solo altra diseguaglianza, contro cui daremo battaglia. O alla propaganda che si scatenerà su un tema delicato come l’immigrazione. E dovremo pensare anche a una legge sui conflitti di interesse, affinché venga finalmente applicato l’art.49 della Costituzione che impone ai partiti democrazia e trasparenza. Regole che devono valere per tutti: per Berlusconi come per Casaleggio».

 Renzi nella sua ultima enews ha annunciato che sarà lui ad aprire l’assemblea: la sua proposta non rischia di essere superata dal blitz dell’ex leader?

«Il Pd non è un partito padronale e io non discuto l’ordine dei lavori dell’assemblea. Penso che in questo sforzo di rielaborazione serviamo tutti se siamo al servizio di tutti. E Renzi deve darci una mano. Anche lui, come noi, deve andare oltre questi anni. La mia proposta è nel segno della collegialità, dell’unità».

 La premessa, diceva, è capire le ragioni della sconfitta. Che però ha anche responsabilità individuali. Quali secondo lei?

«A me non interessa la logica del capro espiatorio, ma capire cosa abbiamo sbagliato nel nostro rapporto con la società. Non siamo stati capaci di interpretare quel bisogno di protezione che è emerso dopo la più grave crisi economica e sociale dal dopoguerra. Abbiamo consentito ad altri di egemonizzare alcuni bisogni. È stato sconfitto tutto il nostro schieramento. Che ora ha bisogno di uno sforzo progettuale nuovo».

 Ha intenzione di recuperare gli scissionisti di Leu?

«Per me vanno sanate tutte le divisioni nel campo del centrosinistra.E commetteremmo un errore se ci fermassimo alle fratture del passato e delle classi dirigenti».

 Ma nel Pd c’è un problema di classe dirigente? Come si fa ad aprire una pagina nuova senza un ricambio al vertice, specie se ha clamorosamente fallito?

«Quando si perde in maniera così netta la classe dirigente deve mettersi in discussione e fare autocritica, allargare il campo e cercare energie nuove, anche persone nuove. Potremo ripartire solo se saremo capaci di avviare un vero anno costituente sul piano politico e degli strumenti».

 Cosa intende per strumenti?

«La nostra idea di partito si è rivelata insufficiente. Anche rispetto alle sfide di un radicamento nei territori. Occorre ripensare a come si sta nelle periferie, come si organizza una presenza di prossimità, perché il Pd vince solo nelle Ztl dei centri urbani, come si riesce a costruire una presenza quotidiana dentro il bisogno. Ecco perché credo che serva questo grande lavoro collettivo».

 E se l’assemblea bocciasse la sua proposta e decidesse di andare a congresso subito? Lei si candiderebbe a segretario pure in quel caso?

«L’assemblea è sovrana. Valuteremo in base alle sue decisioni. Ora io sono interessato a spiegare il senso di questo impegno. Dopodiché il congresso è giusto e necessario farlo, prima della scadenza naturale».

 Insisto, visto il peso che Renzi continua ad avere nel Pd, non sarebbe meglio se si misurasse anche lui al congresso?

«Ha già detto che non lo farà e la sua scelta va rispettata. Per me Renzi è una risorsa, deve dare una mano anche lui».

 

 

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