Sabato scorso, organizzato dall’Anpi, si è tenuto presso la CGIL di Monza e Brianza il Convegnodal titolo “Le voci della protesta: la democrazia alla prova”.
Il convegno non voleva entrare particolarmente nel merito di ogni singola situazione, come ad esempio il movimento “NO TAV” della Val di Susa, la questione dell’ILVA di Taranto, la vertenza dell’IKEA di Piacenza o la lotta dei lavoratori del Sulcis: l’ANPI infatti non è un partito né un sindacato e non è compito suo prendere posizione su ogni singola situazione. Questo compito spetta ad altri soggetti, partiti o sindacati.
Il convegno intendeva invece avviare una riflessione sui motivi che, in particolare in questa fase di crisi così acuta, provocano l’insorgere di conflitti tanto radicali da rendere difficile trovare spazi di mediazione e percorsi di soluzione il più possibile partecipati e condivisi.
I relatori del Convegno sono stati tre ospiti particolarmente qualificati: il prof Roberto Biorcio, docente dell’università Bicocca di Milano, il magistrato Livio Pepino, già membro del Consiglio Superiore della Magistratura e Alessandro Pollio Salimbeni, vicepresidente dell’ANPI nazionale.
Pepino si è soffermato in particolare sul rischio che agli strumenti della mediazione politica si sostituiscano interventi semplificati che rischiano di ridurre i conflitti sociali a questioni di ordine pubblico. Anche l’azione della magistratura rischia di subire una distorsione quando al principio della responsabilità individuale in presenza di reati si sostituisce il criterio del concorso esterno.
Biorcio ha invece approfondito il tema della crisi e della inadeguatezza delle risposte politiche-economiche improntate al rigore, senza che queste affrontino il tema dello sviluppo e dell’equità sociale nella distribuzione dei sacrifici.
Alessandro Pollio infine ha messo in evidenza la debolezza degli strumenti amministrativi nella costruzione di meccanismi di partecipazione: chi esprime un dissenso si sente escluso, perché non adeguatamente coinvolto. Pollio ha anche sottolineato un rischio grave, quando privati cittadini si sentono in diritto di istituire “servizi di ordine pubblico” come avvenuto in Val di Susa con l’istituzione da parte dei comitati “NO TAV” di forme di controllo per l’accesso in valle.
Tutti i relatori hanno messo in evidenza come tutto sia reso più complicato dalla debolezza del sistema politico, provocata in particolare dal prevalere in questi anni di politiche populiste e autoritarie proprie delle destre italiane ed Europee.
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