I più giovani non possono ricordarla. Questa è la copertina di una raccolta di testimonianze sull’esperienza umana e politica di Enrico Berlinguer, pubblicata dalle Edizioni l’Unità in occasione del primo anniversario della sua scomparsa, avvenuta a Padova l’11 giugno del 1984. Sono passati quarant’anni da quei tragici giorni e il Partito Democratico ha voluto ricordarlo riproducendo il suo sguardo acuto e malinconico sulle tessere riservate agli iscritti del 2024. È da qui che vorrei partire per fare alcune brevi considerazioni sull’ Europa che è stata e su quella che verrà.
Quando fu eletto al Parlamento europeo, Enrico Berlinguer aveva già da tempo stabilito un dialogo fecondo con Altiero Spinelli, federalista convinto e co-autore del celebre Manifesto di Ventotene. E, nel riflettere su quale fosse il modello di partito che avrebbe portato il PCI a superare le ideologie di quello sovietico, cercava allo stesso tempo di definire un confronto con le socialdemocrazie europee e con gli altri partiti comunisti. Si trattava di elaborare e condividere un nuovo modello di Comunità europea che tenesse davvero conto dei diritti e non fosse soltanto espressione di idee liberali o di politiche monetarie. Da allora il percorso della costruzione europea è stato lungo e tormentato, ma oggi bisogna riconoscere che l’idea di Europa che aveva in mente Enrico Berlinguer è ancora di grande attualità se si tiene conto dei passi che sono stati fatti verso una maggiore integrazione, ma anche di quelli che non sono stati fatti nella direzione di un’Europa dei popoli e non delle multinazionali.
Al pensiero politico di Berlinguer mi piace quindi associare l’idea stessa di cambiamento. Ed è proprio da questa parola che si deve partire per immaginare l’Europa del futuro. Un’Europa che possa garantire la pace e il benessere di tutti nel rispetto delle regole e dei diritti. Occorre costruire senza pregiudizi nuovi modelli di sviluppo e di cooperazione che sappiano riconoscere i mutati equilibri geopolitici e il peso economico di Paesi che si stanno affacciando sullo scenario internazionale. Le sfide che ci troviamo ad affrontare richiedono una visione lungimirante e globale che non può e non deve essere guidata dalle scadenze elettorali, per quanto queste ultime siano il fulcro di tutti i sistemi democratici. I mutamenti climatici in atto, le gravi problematiche ambientali, il bisogno crescente di energia pulita, sono tutte questioni che vanno affrontate in modo unitario e gestite con un approccio solidale. Diversamente, la pressione migratoria ai confini dell’Europa potrà soltanto generare ulteriori tensioni e inevitabili conflitti.
É imprescindibile a questo punto essere capaci di assegnare all’Europa un’identità che tenda a superare i nazionalismi interni nel rispetto delle diversità di ciascun Paese. L’Europa che vogliamo dovrà quindi proporre una visione emancipata e progressista della realtà e divenire un modello trainante per l’intero pianeta, anche per ciò che riguarda i diritti delle donne e delle minoranze di genere.
Per concludere, voglio riportare il pensiero di Achille Occhetto a proposito della necessità di superare i conflitti in corso e del tragitto politico per riuscire a farlo. La proposta (da alcuni ritenuta illusoria) è quella di definire un nuovo Ordine internazionale dove una rinnovata ONU, assunti finalmente i poteri che le competono, possa gestire a livello mondiale le tensioni tra i Paesi. Detto ciò, credo che un nuovo ordine internazionale non servirebbe soltanto a far cessare le guerre, ma avrebbe la necessaria spinta propulsiva per garantire una vita dignitosa alle popolazioni di tutto il pianeta.
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