Lunedì di Pasquetta Lido Pincardini ci ha lasciato. Dopo oltre 50 anni di Brianza è tornato nella sua Sansepolcro, terra di storia e cultura centenarie. Mi mancherà Lido; avevamo molte cose in comune: l’essere emigrati dal Centro Italia, l’informatica come professione, l’essere di sinistra e la militanza “cocciuta” nel più grande partito della sinistra italiana e, en passant, l’essere vicini di pianerottolo.
Ripensando a Lido mi è venuto il dubbio se sarò capace di lasciare dietro di me la stessa ricchezza di opere e di segni che ci ha lasciato.
Lido, infatti, è stato scrittore, pittore, fotografo, violinista, scacchista; si è espresso sempre con grandissimo entusiasmo e con una abilità che mi è spesso sembrata il frutto della sua terra natale, quasi che l’essere cresciuto in un contesto così ricco di stimoli e di storia culturale dovesse quasi per forza produrre la sua creatività e il suo talento.
Lido è stato per me emblematico del comunismo italiano: allineato con l’ortodossia teorica ma, allo stesso tempo, ribelle ad ogni convenzione e costrizione e geloso della propria individualità di persona.
Tanti gli aneddoti che lui mi ha raccontato:
- nonostante fosse dirigente, organizzò nella sua azienda gli scioperi del 1977 contro il terrorismo brigatista e venne, quindi, “allontanato” dal suo lavoro
- la partita a scacchi con un dipendente delle ferrovie sovietiche sulla Transiberiana, partita in cui Lido vinse l’abaco che il dipendente usava per calcolare il costo dei biglietti
- i viaggi a New York in cui, non parlando una parola di Inglese, Lido si fingeva sordomuto (!) per essere aiutato dai newyorkesi (non oso pensare a cosa sarebbe successo se qualcuno si fosse accorto del trucco).
Poi ci sono i brevi racconti autobiografici pubblicati nel libro “Storie di ragazzi della Valtiberina durante il ventennio fascista” (Ibiskos Editrice Risolo).
I miei preferiti sono “Gamba di legno” e “Pane di vegetina”.
“Gamba di legno” mette il lettore in contatto con la crudeltà dei fascisti e, siccome stiamo leggendo storie di persone qualunque, il racconto trasmette un senso di vera minaccia personale.
“Pane di vegetina”, invece, oltre a raccontare l’esistenza di una sostanza alimentare mai sentita nominare, la vegetina appunto, ci parla della caccia alle sorche (i topi) nello stabilimento della Buitoni di Sansepolcro: un episodio in cui Lido, allora quattordicenne, incontra allo stesso tempo il lavoro ed una coscienza politica di resistenza al fascismo.
Infine i quadri; penso che per tutta la vita Lido si sia interessato di pittura e mi raccontò di avere anche fatto il gallerista quando viveva a Sansepolcro. Ma a sessant’anni Lido si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Brera dove conseguì il suo bravo diploma e, ovviamente, il suo dipingere divenne più consapevole.
Secondo me Lido preferiva manifestare con una immagine le sue emozioni più forti. Quest’arca di Noè venne dipinta nel ’94 subito dopo il diluvio universale dell’elezione di Silvio Berlusconi (!)
Oppure il lavoro, soprattutto quello vissuto come fatica come nelle saline siciliane (quadro presentato con gran successo al concorso Liberetà del Sindacato Pensionati della CGIL.)
O come vera e propria alienazione dell’uomo come in questo angosciante quadro, in cui un uomo-larva è su una impalcatura con una corda al collo mentre, tutto attorno, il resto del mondo sfreccia colorato.
E, per finire, la gioia per il ritorno della amata Rosita da una vacanza, gioia espressa dall’azzurro del cielo in un modo così diretto che a parole sarebbe risultato naïf.
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