Dato curioso quello emerso dai sondaggi della SWG di metà marzo per quanto riguarda le intenzioni di voto degli italiani: è dall’elezione del Capo dello Stato che si assiste a un movimento oscillatorio dell’elettorato attorno ai quattro maggiori partiti, non a caso definito altalena di consensi.
Dopo aver raggiunto il 40,2% due settimane fa, il PD, a metà marzo, perdeva rispetto alla settimana precedente uno 0,6% scendendo così al 39,2%; maggiore indecisione si registrava a Destra, dove si assisteva, tra Lega e Forza Italia, a un continuo e reciproco scambio di posto (16% per FI e 13% Lega Nord bell’ultima rilevazione).
Anche il MoVimento 5 Stelle tornava a perdere mezzo punto e si fermava a quota 16,5%; Italia Unica di Corrado Passera stentava a farsi conoscere agli italiani e non sfiorava nemmeno il punto percentuale (0,6%).
Nei sondaggi di metà marzo è però un altro il dato saliente, un dato che, seppur positivo, dovrebbe aprire una profonda riflessione nel nostro Partito: è diminuito il peso della crisi sulle famiglie.
Rispetto allo scorso anno, l’undici percento in meno ha dichiarato di sentirsi in una condizione di disagio economico: sempre più famiglie tornano a spendere di più (il 28% lo dichiara), soprattutto nei generi alimentari, mentre è ancora in lieve contrazione la spesa per abbigliamento, tempo libero e tecnologia.
Il rovescio della medaglia è presto detto: chi da una situazione di difficoltà e disagio non è uscito trova difficile riporre la propria fiducia nella politica, dichiara di sentirsi abbandonato e in particolar modo da chi ora è il protagonista in scena.
Infatti, se le intenzioni di voto vengono riproposte solo a questo ultimo gruppo di elettori, i sondaggi che da tempo danno il PD saldamente in testa sono completamente rovesciati: il PD ottiene in media il 14%.
Al di là dei freddi numeri la riflessione che si può fare è che il Partito non riesce a interloquire, coinvolgere e convincere, con la sua proposta, questa ampia fetta della popolazione (il 40%).
A riprova di ciò l’Italia, tutta, ritiene che ci sia bisogno di un cambiamento radicale ma è divisa quasi perfettamente in due circa la modalità necessaria per cambiare veramente: una parte - circa il 43% - ritiene che una rivoluzione sia imprescindibile, un’altra – il 48% - preferisce agire chiedendo alla politica riforme radicali del sistema.
Rivoluzionari sì, ma moderati. Solo una parte di coloro che credono necessario rovesciare il sistema si dicono pronti ad abbandonare la moneta unica e a dar la caccia ai Codini; vuoi per le evidenti e drammatiche difficoltà che la Grecia sta affrontando, vuoi perché il bazooka di Mario Draghi ci fa sentire più vicini alle istituzioni europee, il 55% degli intervistati non ritiene saggio uscire dall’Euro.
C’è consenso perciò nel Paese per il Partito Democratico, e i segnali positivi vano accolti con gioia, ma permane l’esigenza di ampliare la platea degli interlocutori, altrimenti il trono su cui siede nei sondaggi rischia di essere quello di un castello di carte.
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