“Scioccante” è l’impressione più diffusa tra chi ha assistito alla conferenza che Gero Grassi, deputato del PD sta portando in giro per l’Italia; con Monza è arrivato a 114 serate ! In mano una serie di foglietti, ognuno con un argomento, un fatto. A volte semplici indizi, ma più spesso prove ed affermazioni che colpiscono. Per quasi due ore l’esposizione è misurata, le parole pesate, il ritmo incalzante, quasi a riprodurre le scariche dei colpi di un kalashnikov . Molti i nomi richiamati; troppi per annotarli tutti; ma i riferimenti sono puntuali e documentabili.
Esordisce chiedendo a che cosa serve parlare oggi di Moro? A rendere giustizia a questo uomo che ha dato tanto alla democrazia, e a dare serenità al paese.
Tutto ciò che Grassi dice è verificabile; 600 pagine di dati giudiziari ; oltre 2 milioni di pagine di atti procedurali per 8 processi. Carlo Bo definì il caso Moro “ delitto di abbandono”; Tina Anselmi “ troppi interrogativi”.
Il periodo è quello che precede e che segue quei 55 giorni del sequestro; dal massacro della scorta ed il rapimento di Aldo Moro in via Fani il 16 marzo 1978, al ritrovamento del suo cadavere nella Renault rossa in via Caetani, il 9 maggio dello stesso anno. Grassi ricorda che, durante una visita in un periodo precedente negli Stati Uniti, Kissinger, allora segretario di Stato disse chiaramente a Moro, quasi una minaccia, di cessare con la politica di avvicinamento alle sinistre.
Quando in un’altra occasione A.M. era salito sul treno Italicus, all’ultimo momento due agenti dei servizi segreti lo fecero scendere. Quel treno saltò in aria poco dopo per un attentato. Altri contatti tra i servizi segreti e l’OLP, per arrivare alle BR, il tutto fino all’attentato di via Fani ed al successivo rapimento.
L’auto che portava Moro da casa sua a via Fani aveva, quel giorno, cambiato itinerario per motivi di sicurezza. Come potevano le BR esserne informate?
Forti dubbi sul funzionario di polizia che teneva i contatti via radio con l’auto in questione.
Furono esplose decine di colpi. Vennero uccise 5 persone della scorta e Moro rimase illeso! Per dichiarazione del BR Moretti, nelle BR non erano bravi tiratori, e spesso le loro armi si inceppavano. Furono inoltre trovati bossoli non riconducibili alle BR.
Le BR sostennero di aver sparato dal lato sinistro della strada, mentre alcuni colpi furono esplosi dal lato destro. Dal passeggero di una moto Honda rossa che superò l’auto di Moro dal lato destro appunto.
Anni dopo, colpito da un tumore fatale,l’uomo della Honda rossa inviò una lettera anonima ad un giornale, dichiarando il proprio pentimento per essere stato lui a sparare. E non era delle BR, ma aveva legami con i sevizi segreti
Il gen. Della Chiesa, all’atto dell’attentato che lo uccise, aveva con sé una borsa che non abbandonava mai. Si pensa che ci tenesse dentro copie dei documenti che raccontavano le responsabilità del caso Moro, e che lui aveva consegnato ai suoi superiori, ma che erano poi spariti. Quella borsa non fu mai più ritrovata.
Da tutte queste considerazioni emerge un piano nel quale giocano alcuni alti ufficiali dei carabinieri, tutti affiliati alla loggia P2, a Gladio in particolare. Risultarono coinvolti l’allora presidente Cossiga, Andreotti e altri personaggi di primo piano. Vennero coinvolti alcuni servizi segreti; ad esempio il Mossad.
Da ultimo Grassi parla della trattativa che le BR chiedevano alle istituzioni. Molti politici furono contrari. Forse perché le informazioni non circolavano così facilmente come oggi con Internet e cellulari.
Ma invece sarebbe stato possibile!
Il BR Moretti, al processo, descrisse Moro come un uomo gentile, che ragionava con loro per capire le ragioni delle loro azioni. Si dichiarò stupito nel constatare come Moro avesse le idee più chiare di loro stessi sulla situazione italiana dell’epoca. Probabilmente la loro offerta di trattare la liberazione dell’ostaggio era sincera. Forse si rendevano conto di aver iniziato un’azione che li scavalcava.
Quello che ne risulta è che le Brigate Rosse furono usate, non si sa quanto consapevolmente, per attuare un piano, organizzato dai servizi segreti italiani, ma anche stranieri . Molti politici furono implicati in prima persona, Tutti collegati, in qualche modo con la loggia P2 e al l’organizzazione “GLADIO”
In apertura di serata ha fatto gli onori di casa Pietro Virtuani, segretario provinciale PD Monza e Brianza.
Roberto Rampi, deputato PD, ha ricordato che il PD prosegue nel percorso che, iniziato con la rievocazione di Berlinguer, vuole ripercorrere la memoria di quegli anni i cui accadimenti hanno condizionato negativamente la democrazia italiana.
Giuseppe Giovenzana, già sindaco di Besana ed ex presidente della regione Lombardia, ha portato la sua testimonianza. All’epoca aveva meno di quarant’anni, e si era schierato tra fra gli oppositori alla trattativa con le Brigate Rosse. Ricorda la paura che serpeggiava tra la gente, ma anche che le istituzioni avevano dato prova di tenuta.
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