Seguici su: Facebook  Instagram  YouTube

pilotto-bigPubblichiamo per tutti i nostri lettori la bella lettera che Paolo Pilotto, consigliere provinciale del PD, ha inviato ad alcuni amici al termine della sua esperienza nel Consiglio provinciale di Monza e Brianza. Ancora una volta Paolo ci invita a vivere un livello alto e nobile della politica. Allievo di quel grande maestro che fu Giuseppe Lazzati, non ha dimenticato che, quando gli ideali sono buoni, non valgono solo quando si è giovani, ma per tutta la vita e che la politica va vissuta come “servizio di complemento” alle persone e con “l’intelligenza degli avvenimenti”, come diceva Aldo Moro.

Paolo racconta come, il gruppo del PD in consiglio provinciale, abbia lavorato compatto e articolato. Agendo dall’opposizione è riuscito spesso a far accettare le sue proposte alla maggioranza. E  non mancano gli auspici che la nuova struttura che sostituirà la Provincia, sperando che vi siano persone generose e competenti a gestirla.

Ecco il testo della lettera:

Al termine di cinque anni di attività in consiglio provinciale, e di ventidue di attività amministrativa, svolta peraltro quasi sempre in “minoranza“, confesso di provare sentimenti ambivalenti.

Da un lato l’orgoglio di avere provato sul campo il senso della profezia di alcuni grandi maestri che ho incontrato sul mio cammino, il più grande dei quali fu forse Giuseppe Lazzati, figura eccezionale nel panorama intellettuale italiano del Novecento.

Con il suo sguardo così severo e burbero, ma così attento all’”umanità” di ogni condizione, insegnava a noi ventenni che “non è vero che gli ideali sono buoni per i giovani, e si infrangono nell’età adulta. Piuttosto vale il contrario: ideali solidi e buoni fanno i loro primi passi a vent’anni e poi si confermano nel corso di tutta una vita”. Quali ideali? Ad esempio quelli di una politica svolta come “servizio di complemento” alle persone, alla comunità e alla città, di una politica senza doppi fini, di un potere che quando c’è è responsabilità e non abuso, arbitrio, prevaricazione, di un controllo della spesa e delle entrate dove non un centesimo di ciò che è pubblico si può permettere percorsi privati…

Allora pensavo con speranza: “Chissà, forse si può veramente”. Dopo più di venti anni di amministrazione posso dire che semplicemente si può, è possibile, e chi dice il contrario sta solo mentendo.

Dall’altro lato c’è un senso non facilmente allontanabile di tristezza. Non tanto per il compimento di una esperienza umana e politica: ogni esperienza ha questa caratteristica, e amare troppo il presente e il passato vuol dire non essere pronti al futuro e al cambiamento. Allora meglio fare poco magazzino e tenere sgombre soffitta e cantina e guardare avanti.

No, non è questo.

La tristezza è legata alla mode imperanti. Siamo tutti così ossessionati dalla convinzione che vada tutto male e che occorra trovare soluzioni innovative da arrivare al punto di non riconoscere più ciò che vale e ciò che non vale. E così, in un momento in cui tutto ciò che è politico, rappresentativo, collegiale appare almeno degno di sospetto, la chiusura dell’attuale esperienza provinciale pare essere letta da molti come la chiusura di uno strumento sbagliato.

Eppure questo è uno strumento che - ad esempio - in cinque anni ha consegnato a 55 Comuni della Brianza la possibilità di pianificare l’uso del suolo con una attenzione ancora più forte a rispettare il proprio territorio, ha garantito il mantenimento del controllo pubblico dell’acqua riducendo da 8 a 1 le  società di gestione con prezzi di erogazione fra i più bassi d’Italia, ha consentito di pianificare per tutta la Brianza un’attività di gestione dei rifiuti che mette al riparo da aggressioni malavitose da un lato e preserva sempre più l'ambiente in cui viviamo dall’altro.

Così, mentre condivido il bisogno di continua evoluzione delle regole del diritto amministrativo e della prassi quotidiana della buona amministrazione, da politico non del tutto inesperto dico che i cambiamenti vanno fatti, ma che essi devono essere accompagnati da senso della prospettiva, adeguata “intelligenza degli avvenimenti” - come insegnava Aldo Moro, che qualcuno ritenne però troppo ingombrante - e ripulsa di ogni facile “luogo comune”.

Non ci sono dubbi che l’attuale strumento “Provincia” - e lo dimostrano anche i tanti risultati non raggiunti - vada certo irrobustito. Tutti abbiamo però bisogno che venga garantita - si chiami ancora Provincia, Area Vasta o altro - una “cerniera” che consenta ai cittadini singoli o organizzati in impresa o  associazione e alle istituzioni di non essere troppo lontani dalla Regione da un lato o troppo esposti al punto di non potere essere seguiti dal proprio Comune dall’altro. Curiamo però che questa Istituzione di cerniera sia effettivamente idonea a generare effetti positivi per le comunità: Francia, Inghilterra, Germania hanno come noi quattro strumenti base - dallo stato centrale alle comunità cittadine - per servire la popolazione ai diversi livelli.

Confrontiamoci anche con loro e teniamo in equilibrio servizi e luoghi di decisione. In una regione come la nostra, dove 10 milioni di persone si sveglianoogni mattina per le loro innumerevoli attività, non è possibile pensare che l’intervento locale dei Comuni e il macro intervento della Regione possano coprire ogni esigenza dei cittadini: curiamo le riforme, sosteniamo i cambiamenti, ma non dimentichiamo che occorrono modi intelligenti per servire le esigenze che si collocano a livello intermedio (strade, territorio, servizi essenziali, scuole…).

Ma prima di tutto occorrono le persone: normali, integrate, non alla ricerca di compensazioni possibili, ricche di esperienze e relazioni, di ideali e disponibilità all’impegno. Non ci sarà riforma possibile di alcunché se non attraverso persone dotate di robusta costituzione e complessione personale.

A questo pensano le famiglie, la scuola, i tanti soggetti che educano e preparano le persone a diventare se stesse. A questo deve guardare anche la politica: non è solo questione di giovani e di vecchi, di donne e di uomini… è questione di chiarezza di idee, di disponibilità alla dedizione e al sacrificio, di rigore morale e di intelligenza applicata alle esigenze delle persone e delle comunità.

In questo senso rivolgo un pensiero di ringraziamento e di stima al gruppo consiliare col quale ho cercato di servire il territorio di Monza e della Brianza per cinque anni. Abbiamo scelto di non fare politica urlando; abbiamo scelto di essere presenti in modo attivo, in Consiglio e nelle Commissioni, lavorando con lealtà con i colleghi di maggioranza e di minoranza; abbiamo scelto di non dire che la maggioranza ha sempre torto, ma di discutere ogni volta; abbiamo scelto di non scandalizzare i cittadini dicendo sempre e solo no, o facendo venir meno le nostre proposte; abbiamo scelto di essere sempre rispettosi del denaro pubblico; abbiamo scelto di non fare politica da soli, ma di confrontarci all’interno dell’aula e con mille associazioni, enti, rappresentanze di cittadini, lavoratori, attività.

Ci siamo sempre suddivisi i compiti, mai lasciando ad uno solo la responsabilità di un impegno, ma sempre preparando almeno in due o tre consiglieri il lavoro da svolgere: per condividere, per essere aggiornati senza mai dover subire la mancanza anche di un solo consigliere, per cementare quello spirito di assoluta fiducia ma anche di reciproco, amichevole e mutuo controllo che fanno della politica una cosa bella e non sporca, alta e non umiliante.

Abbiamo provato a fare politica. E non ce ne vergogniamo.

Paolo Pilotto

 

1800 Caratteri rimanenti