Sono passati 15 giorni dalle elezioni europee e sembra un vita fa. Superate euforie o disorientamenti dentro il nostro partito, è questo il tempo delle analisi, delle domande e delle indicazioni, dopo un risultato che ha dell’incredibile e che mette d’accordo tutti su una cosa: non era previsto da nessuno.
Provo innanzi tutto a inquadrare il risultato, nella sua dimensione nazionale, utilizzando l’indagine SWG sul risultato elettorale.
Il PD: passa dalle Europee dai quasi 8 milioni di voti (26%) alle Politiche del 2013 con 8,6 milioni e il 25,4% agli 11,2 milioni di elettori con il 40,8%. Da ricordare che il Pd “perdente” di Veltroni del 2008 conquistò più di 12 milioni di elettori con il 34% e per chi era preoccupato che l’avvento Renzi avrebbe determinato la perdita di voti “a sinistra”, il Pd conferma i voti delle politiche e “concede” solo 200 mila sono i voti confluiti dal Pd alla Lista Tsipras e altrettanti sono entrati da quall'area..
Riguardo alle altre più importante formazioni politiche, assistiamo alla perdita di circa 3 mil. di elettori da parte del M5S e di Forza Italia e la scomparsa di Scelta Civica e delle formazioni centriste.
In termini di flussi e mobilità elettorale il PD “incassa” 1,3 mil da Scelta Civica – 1,1 mil. da M5S – 600 mila da F.I e formazioni centriste e oltre 420 mila da altre formazioni di centro-sinistra.
La composizione del voto, sempre secondo SWG, vede crescere nel Pd il consenso da parte di artigiani,imprenditori, lavoratori del privato e casalinghe mentre a differenza di quanto si continua erroneamente a sostenere, il PD è il maggior partito votato dai giovani (18/24).
Cosa dice questa fotografia in termini politici?
Innanzi tutto,ormai da anni siamo di fronte ad un elettorato molto “mobile” e fluido, dove l’unica stabilità (in crescendo) è quella dell’astensionismo al voto. E’ e sarà sempre di più un voto d’opinione e “post ideologico” Questo ci sollecita a considerare il fatto che, come così velocemente abbiamo raddoppiato i consensi altrettanto potrebbe avvenire in futuro di..."velocemente" perderli.
Da questo punto di vista il richiamo di Matteo Renzi al Direttivo Pd di mantenere sobrietà riguardo alla vittoria e invece continuare a lavorare nella direzione governativa da lui indicata, mi sembra molto centrata. Così come “centrale” è la domanda posta dallo stesso Renzi: questo risultato è un “incidente di percorso” oppure può diventare la nostra “nuova casa di riferimento”?.
Dovrebbe apparire a tutti evidente, che questo consenso è derivato soprattutto dalla forza e delle proposte di un Leader (Renzi) e delle promesse e delle azioni di un Governo, più che dal consenso a un partito. Un segnale positivo in questo senso, era già arrivato dal risultato plebiscitario di Renzi alle primarie.
Il primo ad essere “spiazzato” da questo risultato sembra proprio il Pd.
Un partito che è più o meno organizzato in “correnti”: maggioranza – sinistra “Cuperliana” – una sinistra-sinistra Civatiana un'area molto impegnata a fare eleggere i "suoi". Una minoranza che (anche a Monza) ha vissuto con disagio, prima con l’avvento Renzi premier e del nuovo Governo, poi nella campagna elettorale e forse anche nel vissuto dello stesso risultato finale. Gruppi parlamentari che hanno ancora una composizione che riflette la vecchia leadership di Bersani.
Chi in questo periodo vaneggia, ponendo la domanda se è nata la “nuova Dc”, sembra più ancorato a difendere il fortino di una “vecchia sinistra”dall'avvento di un modello di "nuova sinistra" che si è è dimostrata vincente. Una sinistra radicalmente riformatrice che mette al primo posto “il fare e il cambiare ” rispetto all’affermare valori astratti anche condivisibile ma mai attuati.
Una conferma ci viene proprio dal voto giovanile. Giovani che sono oggettivamente nella “condizione” più a rischio del nostro paese ma che si sono riconosciuti nelle prime azioni rivolte a loro.
L’imprevisto risultato pone nuovi problemi al Pd. Il grande consenso elettorale chiede adesso a Renzi di essere coerente con gli obiettivi declamati. Non è quindi pensabile un partito (vedi riforma del Senato e del mercato del lavoro) che continui ad avere parlamentari o pezzi di partito che blocchino o frenino questa domanda di cambiamento che ci viene dall'elettorato.
Una seconda grande questione riguarda proprio il futuro identitario del Pd. E’ infatti molto evidente che sta avvenendo il rischio di una scissione tra la gruppi dirigenti (soprattutto a livello locale), iscritti ed elettorato. Mi domando: ha ancora senso un “partito” organizzato in maniera “tradizionale” (tesseramento, circoli,assemblee etc) oppure è giunto il tempo di riformare radicalmente a tutti i livelli il nostro partito, un partito che sappia trovare un equilibrio efficace tra democrazia rappresentava e democrazia diretta?
Una riflessione a sé meriterebbe il 47% del Pd di Monza.
Il risultato monzese è’ certamente anche il frutto della buona amministrazione di Roberto Scanagatti e del lavoro del Pd di Monza di questi anni. Attenzione però a prendere “lucciole per lanterne”. Ricordo al proposito che il Sindaco Faglia, dopo una ottima stagione amministrativa, decadette in coincidenza con lo sprofondare dell’allora Unione di Prodi.
Al contrario di allora oggi Monza ha usufruito in positivo dell' “ l’effetto Renzi” che ha trovato probabilmente nella nostra città e nella sua la composizione sociale ed economica monzese, un terreno adatto (come in Veneto) per avere maggiore consenso che a livello nazionale.
Semmai dal risultato nazionale bisognerebbe trovare lo spunto propositivo affinchè anche a livello locale si possa " cambiare verso": da una “buona amministrazione” ad una radicale azione amministrativa e politica riformatrice e innovatrice .Insomma un Pd monzese capace di passare dal disagio al cambiamento.
Sarebbe utile e necessario che a questa, del tutto soggettiva riflessione post elettorale, ne seguano altri dentro il Pd e nel nostro elettorato che ci segue con il sito.
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