Nel progetto di riforma del Senato proposto dal Governo ci sono diverse cose che possono essere modificate. Ad esempio il numero di deputati e senatori, la nomina da parte del Presidente della Repubblica di ventuno personaggi illustri, e soprattutto i modi di rappresentanza nel Senato di regioni e comuni.
Ma non bisogna perdere di vista l’obiettivo fondamentale: quello del superamento del bicameralismo paritario. Il che significa che solo la Camera deve essere l’organo legislativo ordinario, mentre il Senato deve essere coinvolto solo nella legislazione costituzionale, nella nomina del Presidente della Repubblica (che deve conservare le prerogative attuali), e svolgere funzioni consultive per quanto riguarda i rapporti tra i diversi livelli di governo (stato, regioni, enti locali).
Nel d.d.l. proposto da Chiti e altri, di cui è apprezzabile prima di tutto la chiarezza, ci sono molte proposte che meritano di esser accolte.
Quello che invece mi sembra molto discutibile è l’articolo 7 che, dopo aver dichiarato che “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, nonché per le leggi in materia di:
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- sistemi elettorali;
- ordinamenti dell'Unione Europea;”
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elenca ben trentadue articoli o commi di articoli della Costituzione su cui la funzione legislativa dovrebbe essere “esercitata collettivamente dalle due Camere”.
A ciò si aggiunge l’art. 8 sul procedimento legislativo, secondo il quale (comma 5) tutte le leggi approvate dalla Camera vengono sottoposte all’esame del Senato, che può “approvare modifiche”, che costringono la Camera ad approvarle definitivamente (dopo qualche mese) solo a maggioranza assoluta. Insomma, la Camera legislativa sarebbe sottoposta non solo al controllo del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale, cose indiscutibili, ma anche di un Senato occhiuto, garantista e desideroso di giustificare la propria continua presenza.
E’ facile prevedere che, con queste norme, i conflitti tra le due Camere sarebbero infiniti, come quelli tra Stato e Regioni con l’attuale Titolo V. Mi sembra che tutto ciò farebbe rientrare dalla finestra il bicameralismo perfetto che si voleva cacciare definitivamente dalla porta.
Qualcuno dice che limitare gli impegni del Senato alla sola legislazione costituzionale e a funzioni consultive sui rapporti tra i diversi livelli di governo sia farne un ente inutile. Ma gli enti inutili sono molto più nocivi e costosi quando si riempiono di funzioni solo per giustificarne l’esistenza.
Insomma, vedo persistere un eccessivo garantismo, un timore non più attuale dell'affermarsi di un potere autoritario per vie legali. E una politica del “che tutto cambi, purché nulla cambi”, sia pure ispirata alle migliori intenzioni.
Eppure, il fatto che Berlusconi abbia tentato per un quarto di secolo (almeno dal 1985!) di realizzare il disegno della P2, senza riuscirci grazie agli anticorpi che il Paese ha per fortuna sviluppato, costituisce una buona premessa per una democrazia matura e funzionante, non titubante e inefficiente!
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