L'Assemblea Cittadina è stata convocata per raccogliere gli sfoghi, confrontarci e ascoltare attentamente il pensiero di tutti. Dovremo però, dopo questa riunione, fare anche lo sforzo tutti insieme di elaborare una indicazione, una proposta, un messaggio da veicolare verso la direzione provinciale e regionale e verso i nostri rappresentanti in Parlamento.
Sulla base di quanto è emerso l’Esecutivo Cittadino si impegna ad elaborare un documento da sottoporre per approvazione alla prossima Assemblea Cittadina da convocarsi appena possibile
Nonostante il comprensibile sconforto mi sento di fare un invito alla calma e alla riflessione. Io non credo sia il momento di prendere decisioni affrettate e avventate. Io inviterò tutti i tesserati che lo hanno già fatto e quelli che credo lo faranno nei prossimi giorni a ripensare la loro decisione di restituire la tessera e di abbandonare il partito. Al di là della legittima delusione e frustrazione, la nostra responsabilità qui e ora è quella di garantire in questi mesi la sopravvivenza del centro sinistra in Italia. Noi non siamo professionisti della politica, ma ne siamo appassionati. Abbiamo dato e stiamo dando molto più di quello che riceviamo e non ci siamo mai aspettati nulla in cambio, se non quello di essere ascoltati. Dunque abbiamo tutti i diritti di essere arrabbiati, scoraggiati e delusi.
Io sono il primo ad esserlo. Una delusione così forte che mi fa dire che la misura è colma. il fatto è che in questa occasione confesso io mi sono sentito colpito nella mia dignità personale. Quello che è successo ha calpestato la dignità e le sensibilità di tutti.
Una cosa è bene chiarirla subito: io rivendico oggi la bontà del progetto del Partito Democratico, il primo e unico partito del quale ho avuto la tessera. Io non credo che noi oggi stiamo scontando il peccato originale che arriva dalla fusione di DS e Margherita e la soluzione per me non è tornare allo status-quo-ante.
Teniamo bene in mente che durante queste giornate difficili le diverse posizioni che stanno emergendo all’interno del partito (‘sensibilità’) e che si amplificheranno con il passare del tempo costituiscono la ricchezza del nostro partito. Noi non siamo e non saremo mai il partito dell’uomo solo al comando, una satrapia eterodiretta da comici veri o da comici travestiti da politici.
I “conti da regolare” per me sono quelli che impongono una assunzione piena di responsabilità da parte della nostra dirigenza nazionale della impressionante sequenza di errori inanellati dal 25 febbraio (se vogliamo essere buoni) ad oggi. In non mi aspetto autocritiche staliniste o abiure medioevali ma una assunzione di responsabilità SI.
Prendiamo atto delle dimissioni dell'intera segreteria politica del PD a livello nazionale. A mio avviso si tratta di un atto dovuto anche perché non se che altro avrebbero dovuto combinare. In questo contesto ho apprezzato in particolar modo le parole di Bersani: “Abbiamo prodotto una vicenda di una gravità assoluta, sono saltati meccanismi di responsabilità e solidarietà” meno quelle di Rosy Bindi “Non sono stata direttamente coinvolta nelle scelte degli ultimi mesi né consultata sulla gestione della fase post elettorale e non intendo perciò portare la responsabilità della cattiva prova offerta dal Pd in questi giorni”.
Non posso che sottolineare l'incomprensibilità e l’incoerenza delle decisioni assunte dal PD durante la gestione della crisi. Dovevamo intuire che il calvario era appena iniziato con l’intenzione di presentare Franceschini e la Finocchiaro per Camera e Senato recuperata solo all’ultimo minuto con uno scatto di coraggio e realismo. La cosa poi è proseguita con l’ apertura balbettante al M5S e conclusasi con la scelta di candidare Marini alla presidenza della Repubblica di comune accordo con il PDL ma soprattutto con le modalità che conosciamo.
Confesso di essere stato deluso dalla conduzione di Pierluigi Bersani, pur provando per lui grandissima stima, in particolare mi ha colpito la passività con la quale ha subito il dileggio in streaming della coppia Lombardi-Crimi. La successiva giravolta di 180° per cercare la sponda di Silvio Berlusconi che da 20 anni noi accusiamo di aver fatto macerie morali e materiali di questo paese.
Il rinnovamento - se veramente vogliamo il rinnovamento e ne avvertiamo la necessità - non passa da Silvio Berlusconi. Io questo proprio non lo capisco. E’ questa la cosa che mi ha colpito più di tutte. Oltre ripeto all’aver umiliato pubblicamente una delle icone, l’unica vincente, del Partito Democratico: Romano Prodi. Un tragico parricidio.
Una parola vorrei spenderla anche su Matteo Renzi. E’ una risorsa preziosa, importante, vitale direi per il successo del Partito Democratico, non credo insomma sia un cavallo di troia della “Reazione”, avrei però preferito che lui destinasse le sue migliori energie alla dialettica interna del partito, magari partecipando a qualche direzione nazionale in più e a qualche trasmissione televisiva in meno. La sua posizione sul governo con il PdL mi è sembrata sempre chiara e lineare.
E poi vorrei puntualizzare pubblicamente quello che ad alcuni ho detto a voce.
- Mettere in discussione le primarie quale strumento per la selezione delle classe dirigente per me è sbagliato. Per me le primarie sono un elemento distintivo del nostro partito e devono essere preservate, irrobustite e allargate. Le primarie si possono fare solo meglio, magari la prossima volta le si organizzi per tempo e se ne favorisca la più ampia partecipazione sia in termini dei candidati che di elettori. Le primarie non sono certo nè la causa nè la concausa di quello che è successo. Il pericolo del corto-circuito tra elettori-eletti- partito viene meno nel momento in cui il partito non si dimostra distante anni luce dagli elettori o sia in grado di rappresentare non dico agli elettori ma quantomeno ai quadri dirigenti intermedi le ragioni del proprio agire.
- In merito alla questione relativa alla necessità dei nostri parlamentari di non-conformarsi alle decisioni (disciplina) del partito. “Quando il popolo chiese ai suoi governanti di cambiare le decisioni adottate, i governanti decisero di cambiare il popolo”. La frase è di Bertold Brecht. Lo sfascio del PD non è “colpa” dei militanti, non è colpa di chi ha urlato (forse in modo scomposto) al tradimento via mail, telefono a voce e non è colpa di chi ha ascoltato queste voci. Io ho apprezzato, condivido e sostengo la decisione di chi nel nostro partito si è speso, senza successo, per arrivare ad un PdR che prescindesse dalla sponda politica con il PdL e che ha ascoltato bontà sua i messaggi che sono arrivati dalla base. Lo dimostra la storia e lo attesta la letteratura sull’argomento: i partiti rimangono lo strumento per garantire la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica ma deleghe in bianco i cittadini non sono più disposti a firmarne. Il partito delle segreterie che si trasforma in oligarchia non funziona più.
Una provocazione: Chi di noi avrebbe votato Partito Democratico se solo avesse saputo che sarebbe finita così? con un accordo con il Pdl sia per il PdR che per un probabile governissimo? Chi di noi avrebbe sacrificato una sola ora del suo tempo in gazebo, seggi, volantinaggi se solo avesse saputo che saremmo finiti qui? Questo è a mio avviso l’elemento dirimente per valutare l’operato dei nostri rappresentanti in parlamento.
Tutto questo ha come sfondo poi la ecaltante e completa inadeguatezza della lettura politica della crisi da parte del M5S che non ha saputo cogliere l’occasione di ribaltare questo paese votando Romano Prodi ma “incaponendosi” sulla figura di Rodotà (che oggi abbiamo scoperto è stato indicato da ben 4.700 votanti sul web). Al quale in tutta onestà faccio l’appunto di non essersi fatto da parte in occasione del 5° scrutinio. L’elezione di Romano Prodi avrebbe veramente dato un forte segnale di discontinuità se avesse raccolto anche i voti di M5S.
Il popolo del centrosinistra, quella che è ancora la forza elettorale più numerosa, rifiuta qualsiasi accordo con il PDL. Non c’è condizione, secondo noi, che valga un patto scellerato che porterebbe il paese nel baratro delle mancate riformeDetto questo ognuno di noi ha una idea, una spiegazione, un colpevole a cui imputare la situazione. Io credo che la verità o la chiave di lettura corretta di tutto quello che è successo non ce l’abbia nessuno. Prendiamoci queste occasioni e i prossimi giorni per sfogarci, litigare sempre nel rispetto delle idee delle persone, ma non disperdiamoci , oggi, sarebbe la risposta sbagliata ed irrazionale ad una situazione critica. Nella consapevolezza che i prossimi giorni saranno ancora più dolorosi. Proviamoci. Ci diremo qui certo cose spiacevoli ma per piacere non delegittimiamoci a vicenda. Qui noi tutti siamo a rappresentare legittimamente un pezzo del Partito Democratico.
La stesso cosa spero avverrà nel prossimo congresso. Che le diverse posizioni all’interno del partito destra e la sinistra e al di là dei nomi battaglino a viso aperto. Senza delegittimarsi. Sfidandosi civilmente e democraticamente in questo congresso e di volta per volta per avere il controllo del partito. Un patto di legittimazione reciproca: ci si potrà criticare duramente ma nessuno dovrà più accusare l’altro di essere alieno al partito. E una cosa che succede in tutti i partiti di sinistra (socialisti francesi, labour inglese) d’Europa senza scissioni, rotture e isterismi.
Dal congresso deve uscire una classe dirigente in grado di vincere SIA i congressi e le primarie CHE le elezioni. Fino ad oggi abbiamo avuto dirigenti bravi a vincere congressi e primarie ma che hanno perso quasi tutte le elezioni.
Il mio impegno sarà quello di mantenere i nervi saldi, garantire tutti i tesserati, assicurare continuità alla operatività del partito e accompagnarlo senza scossoni al congresso. L’appello finale che faccio è proprio questo: non sfilacciamoci, non arrocchiamoci sulle nostre posizioni, apriamoci al confronto doloroso ma costruttivo. Iniziamo da subito i confronti nei circoli. Arriviamo al congresso preparati, facciamo in modo che venga fatto nel rispetto delle regole e che venga garantita la più ampia partecipazione reale. E’ quello il luogo deputato alla rifondazione del partito. Poi ognuno farà le sue scelte.
In merito alla situazione politica che stiamo vivendo in queste ore vorrei dire che il forte richiamo di Napolitano alla responsabilità non deve essere letto, in modo pretestuoso, per accettare acriticamente la necessità di un governissimo PD-PdL. Ci hanno fatto ingoiare orribile riforme del lavoro perché è “l’Europa che ce lo chiedeva” ora non ci facciano ingoiare qualsiasi governo perché “E’ Napolitano che ce lo chiede”.
Il concetto che deve passare chiaro è che io ORA sono contrario a condividere responsabilità di governo con il PdL, non per una emotività isterica e immatura ma per la consapevolezza che per 20 anni abbiamo inseguito Berlusconi su tutto senza ottenere nulla e non vedo perché ora che gli abbiamo rimesso in mano tutti gli assi si possa concretizzare qualcosa che non siano i soliti compromessi al ribasso che sono da rifiutare non per un misero calcolo politico (salvare il PD) ma perché sono INUTILI E DANNOSI PER IL PAESE.
Io quello che non voglio che succeda è che con la sponda di Napolitano ci facciano passare sopra la testa qualsiasi accordo, risolvendo la questione solo con il nome nuovo dopo aver messo da parte Bersani, legittimo vincitore delle primarie. Dando modo oltretutto alla nostra classe dirigente di riacquistare nei tempi supplementari una credibilità che a mio avviso è irrimediabilmente persa.
Io non sono un irresponsabile ma ripeto ho fortissimi dubbi che un qualsiasi governo con il PdL sia in grado di fare una legge elettorale (quale?) , una riforma che superi il bicameralismo perfetto , tagli veramente i privilegi , abolisca o riformi alla radice il finanziamento ai partiti, sappia fare ripartire l’economia (la principale drammatica priorità),legge anticorruzione, conflitti di interessi etc... Anche perché in questo modo il centro destra si autocondannerebbe alla sconfitta elettorale.
Io dopo quello che è successo non sono più disposto a firmate cambiali in bianco, pretendo tempi, modi e obiettivi certi. In tutta onestà non mi pare che la classe dirigente che abbiamo sia in grado di garantirci questo. Lo spettacolo di ieri tutti in piedi ad applaudire Napolitano che sostanzialmente li stava coprendo di critiche la dice tutta. Oggi i medesimi dirigenti minacciano di espulsione dal PD chi non voterà la fiducia al governo, ma quale governo? Con quale agenda? Con quali tempi? Questo dobbiamo saperlo prima.
Riassumo il mio pensiero:
- La responsabilità richiesta da Napolitano non sia da pretesto per giustificare governi di coalizione di forte contenuto politico con il PdL e non vada a scapito della reale richiesta di cambiamento che viene dal Paese. L’agenda dettata dal Partito Democratico sia chiara sia in termini di contenuti che di tempistiche di realizzazione.
- La responsabilità, se proprio si deve dimostrare, si può concretizzare in un governo a ‘bassa caratura politica’ e a tempo (cfr. intervento di Rosy Bindi in direzione), ricercando l’appoggio di tutte le forze politiche presenti in Parlamento e dove siano ben chiare le differenze e le responsabilità.
- E’ necessario convocare un congresso ‘rifondativo’ dal Partito Democratico entro l’estate.
- Garantire un dibattito nei circoli senza delegittimazioni
- Regole chiare e condivise che evitino il perpetuarsi dei “sultanati” e garantiscano la più ampia partecipazione.
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