Il Governo Berlusconi che aveva vinto le elezioni due anni fa e godeva di una maggioranza molto consistente in Parlamento, sta naufragando sotto il peso degli scandali, delle leggi ad personam, dell'incapacità di far fronte alla crisi economica con senso di giustizia e solidarietà.
Il " Partito dell'amore" si è disintegrato perché in esso non può trovare spazio alcun tipo di dissenso nei confronti di Berlusconi. Lo sanno bene Follini, Casini ed ora se ne è accorto anche Fini, diviso da Berlusconi da un conflitto politico e culturale che riguarda la concezione stessa della democrazia, non solo all'interno dei partiti, ma come valore fondante del nostro ordinamento costituzionale.
E' rimasto solo Bossi, disposto a ingoiare qualunque rospo, dalle leggi ad personam alle nefandezze della cricca, pur di raggiungere quegli obbiettivi che consolidino il suo partito e privilegino la Padania, quell'invenzione geografica che contraddice ogni ragione storica e incrina l'unità del nostro Paese.
E la contraddizione è lampante se si considera che la Lega, così ligia e solerte nel condannare gli immigrati senza permesso di soggiorno, i rom, nel respingere i richiedenti asilo nelle braccia del dittatore Gheddafi senza chiederne le garanzie di salvaguardia dei diritti umani, nel far saltare il pasto ai bambini i cui genitori non possono pagare la mensa scolastica, sia disponibile a giustificare e rendersi corresponsabile di quel sistema di malaffare e corruttele che ha infestato la vita politica nell'era berlusconiana e che pesa inesorabilmente, non soltanto dal punto di vista etico, ma anche economico sulle spalle dei cittadini.
L'irresponsabilità di Bossi e Berlusconi vorrebbe portarci alle elezioni anticipate con questa legge elettorale, la porcata di Calderoli, che toglie a tutti noi il diritto di scegliere i nostri rappresentanti e in un momento di grave crisi economica che non è ancora passata, nonostante i sorrisi e gli auspici dell'ineffabile Tremonti.
Sono i dati dell'Istat a disegnare una situazione tuttora grave. La disoccupazione ha raggiunto ormai il 10%. Per i giovani è del 25% e nelle aree del Mezzogiorno sfiora il 40%. Nel mese di luglio di quest'anno hanno perso il lavoro 80.000 persone e continuano a crescere le ore di Cassa Integrazione Straordinaria, quella che decreta la crisi strutturale e non congiunturale di un'impresa. Aumenta la povertà e sono ormai 8 milioni i poveri dichiarati.
La produzione industriale è tuttora di circa il 21% al di sotto dei livelli del secondo trimestre del 2008 e il reddito medio degli italiani è tuttora del 7% al di sotto dei livelli raggiunti nello stesso periodo.
250.000 precari della scuola sono stati licenziati e la scuola pubblica, dopo i tagli di Tremonti e la "cura Gelmini", è in grave sofferenza, mentre non un euro è stato tolto alla scuola privata. Infine i dati diffusi da Eurostat e Ocse sulla crescita economica ci pongono come fanalino di coda nella ripresa mondiale.
Di fronte a questa drammatica situazione e al fatto che le parole "lavoro", "crescita", "povertà" non trovano cittadinanza nella politica di Berlusconi e Bossi, il rischio è quello che si inneschi un conflitto sociale ingovernabile. Occorre quindi senso di responsabilità da parte di tutti.
Se Berlusconi ha i numeri per governare si decida ad occuparsi dei problemi del Paese prima dei suoi. Se i numeri non li ha, si rassegni a riconoscere il fallimento del suo Governo e del suo progetto politico, si presenti in Parlamento e lasci che sia il Quirinale a decidere, sulla base delle prerogative previste dalla nostra Costituzione che, fino a prova contraria, è per fortuna tuttora in vigore.