Numeri, storie e volti per scardinare la narrazione distorta che racconta di un’invasione ingovernabile in corso per sostituire etnicamente la Vecchia Europa. Questo l’obiettivo della serata organizzata dal Circolo 4 venerdì 26 gennaio presso la Sala Villa dal titolo “I numeri della migrazioni: informazione, accoglienza e integrazione per sfatare miti e paure”.
Un evento aperto alla cittadinanza per approfondire un tema complesso che nelle ultime settimane ha tenuto banco anche nel quartiere con la vicenda della possibile apertura di un centro di accoglienza in via Monte Oliveto e le conseguenti reazioni da parte della cittadinanza.
Ad introdurre l’argomento Duccio Facchini, Direttore del periodico Altraeconomia, che numeri alla mano ha messo a fuoco alcuni concetti che spesso vengono tralasciati:
- La libertà di movimento è un diritto fondamentale sancito nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948;
- Storicamente a muoversi sono stati larga parte gli strati più ricchi della popolazione, gli unici a poterselo permettere;
- Oggi, a livello globale, la libertà di movimento è determinata dal “valore” del Passaporto che, ancora una volta, è maggiore nei paesi occidentali più ricchi mentre è praticamente nullo nei paesi segnati da conflitti o disordini sociali da cui provengono la maggior parte dei migranti in cerca di protezione;
- Le politiche migratorie, sia a livello italiano che europeo, da anni vanno nella direzione di limitare quanto più possibile gli accessi in UE, azzerando i canali di immigrazione legale e costringendo forzatamente decine di migliaia di persone all’illegalità e, di conseguenza, a una condizione di precarietà, vulnerabilità e ricattabilità.
A Tommaso Castoldi, operatore di Cooperativa POP – una realtà che dal 2016 si occupa di accoglienza diffusa sul territorio brianzolo di migranti e richiedenti asilo – è toccato il compito di calare nella quotidianità il fenomeno migratorio, delineano quelle che sono le attività e le difficoltà del suo lavoro. Un lavoro che a causa del continuo aggiornamento normativo si trova a sempre in condizioni precarie o emergenziali in continua trasformazione. Una situazione resa ancora più difficile a seguito del decreto Cutro del governo Meloni che ha tagliato con l’accetta alcuni servizi fondamentali per favorire l’integrazione dei migranti quali l’insegnamento della lingua italiana, il supporto psicologico e i servizi di assistenza e formazione legale.
Una situazione difficile confermata anche da Tahany Shahin, detta Titty, Vice Direttrice del Centro Islamico di Monza, arrivata in Italia dall’Egitto tramite ricongiungimento famigliare. Titty da anni si occupa di accoglienza e integrazione tra la comunità islamica e la cittadinanza monzese. Un lavoro quotidiano continuo e incessante a diversi livelli e con diverse associazioni. Una presenza che stando alle sue parole diventa quasi una necessità, per testimoniare l’esistenza propria e della sua comunità, per dare un volto conosciuto e rassicurante a una cultura e a una comunità che purtroppo troppo spesso viene vista con pregiudizio, sospetto e paura.
A chiudere il giro degli interventi è stata Evelyne Kasongo, una tra le primissime rifugiate ad essere accolte a Monza nel 2011. Evelyne ha ripercorso brevemente il viaggio durato 17 mesi che dal Congo, per una serie di eventi quasi casuali, l’ha portata in Italia a bordo di un barcone partito dalla Libia allo scoppio della Primavera Araba. Evelyne ha ricordato le difficoltà di integrazione culturale incontrate al suo arrivo a Monza, di come sia riuscita a superarle non grazie alle istituzioni ma grazie all’incontro con delle persone che hanno saputo ascoltarla e mettersi in relazione con lei. Il monito “il bene senza relazione è imposizione” che ha lasciato Evelyne è un invito a lavorare e adoperarsi affinché l’accoglienza e l’integrazione non siano solo il frutto di un dovere etico ma anche e soprattutto di una voglia sincera di incontrare l’Altro.
La serata si è infine conclusa con un acceso dibattito sulla necessita di non appiattire il fenomeno della migrazione al solo lato “emergenziale”, dimenticando invece le esperienze decennali di integrazione di comunità straniere in Italia che in termini numerici, fortunatamente, rappresentano la maggior parte del fenomeno. Un auspicio quindi a ritrovare i punti di incontro, a ristabilire ponti e legami relazionali tra le persone per ritrovare una dimensione più collettiva e solidale contrastando una deriva individualista della società moderna.