“Non passi lo straniero?”, al titolo della serata organizzata dal Pd di Vimercate il punto di interrogativo l’ho aggiunto io come segno di speranza. La prima domanda che stava sullo sfondo dell’incontro era: ma perché tin Italia si fa così fatica adapprovare una legge (lo Ius Soli), che sancirebbe una realtà già di fatto presente nei nostri paesi e nelle nostre scuole?
Tutti e tre i relatori : Roberto Rampi (Deputato del territorio), Roberto Conciancic (Senatore responsabile Cooperazione Internazionale) e Don Virginio Colmegna (Casa della Carità), hanno evidenziato che in realtà lo scontro in atto su questa legge specifica rappresenta una sfida politica, culturale e di civiltà ben più ampia.
C’è chi pensa che di fronte alla globalizzazione dell’economia, delle merci e degli uomini e a un mondo attraversato dal fenomeno migratorio, ci si debba rinchiudere in se stessi, nel proprio confine, nel proprio fortino, nella difesa della “purezza d’identità. Questo alimentando paure e scontri tra “poveri”, discriminando e respingendo le diversità, creando un clima di intimidazione, anche attraverso azioni violente fisiche e verbali come quelle di questi giorni.
C’è chi pensa, invece, che i grandi mutamenti in atto debbano essere “governati” globalmente con politiche di sviluppo, di welfare, di lavoro che sappiano favorire condizioni d’incontro tra “cittadini d’origine e nuovi cittadini”; promuovendo l’integrazione, intesa come riconoscimento e legittimità delle diverse identità culturali e religiose; tenendo insieme i diritti di chi viene accolto con i diritti di chi accoglie; che la migliore risposta alle paure (non da rimuovere) dei nostri concittadini, sia la realizzazione di queste politiche.
Nella percezione e nel consenso degli italiani è oggi prevalente la prima idea di individuo e di società: il 60% è contrario all’approvazione dello Ius Soli e vive i flussi migratori come una minaccia e un pericolo e il recente rapporto Censis, mette al primo posto dei sentimenti dei nostri concittadini: il rancore.
Il governo nel suo legiferare e la politica nel suo agire, non potranno prescindere da questo dato di realtà che segna anche un grande deficit culturale, del quale la sinistra e ognuno di noi, non è esente di responsabilità.
Roberto Rampi nel suo intervento ha portato semplici esempi personali come padre.
Alla domanda fatta dall’insegnante ai bambini di genitori d’origine straniera: “di che paese sei?” la risposta è "sono di Oreno”. Quando la famiglia soggiorna nel proprio paese d’origine, la domanda dei loro bambini più frequente è: “quando torniamo a casa? (cioè ad Oreno)”.
Il paese, la casa, la scuola come parte della propria identità usando la stessa lingua.
Identità, che non tradisce “le proprie origini”, che per la Brianza ha anche voluto significare: solidarietà, stare insieme, accogliere. Una Identità che cambia nel tempo, che si mischia con altre identità; così come in passato è avvenuto, prima con l’arrivo dei “meridionali”, poi con i “milanesi” e adesso con “gli stranieri”.
E allora: inter-azione più che inte-grazione; il “noi” come incontro e non l’”io che accoglie”.
Infine Rampi, ha voluto ricordare in qualità di Deputato, che la legge alla Camera (già frutto di grandi mediazioni), era stata votata da tutta la maggioranza. Non si comprende quindi perché oggi il Gruppo di Alfano e Lupi abbia cambiato idea e tolto il consenso, disattendendo anche indicazioni chiare e precise a favore della legge espresse dalle massime autorità ecclesiali (Cei e Papa Francesco).
Così, come non si capisce perché nelle “polemica politica” dei media sia assente il fatto che i 5 Stelle non intendono votarla, quando con il loro voto (così come per il Bio-testamento), la legge sarebbe oggi già cosa fatta.
Roberto Conciancic, senatore e uno dei promotori della legge, ha tenuto subito a precisare che il titolo della legge è fuorviante. Infatti il disegno di legge è chiamato impropriamente Ius soli; una legge presente negli Stati Uniti e in altri paese del mondo, nei quali è sufficiente nascere nella residenza, per richiedere la cittadinanza.
La proposta “nostrana” richiede alcune condizioni ben precise: che i genitori abbiamo un permesso di soggiorno di lunga durata con almeno per 5 anni in Italia – che gli stessi, abbiano un reddito non inferiore a quello sociale, un alloggio, sappiano la lingua italiana e superato di testi di conoscenza sul nostro paese – che i minori nati/residente, abbiano completato con merito almeno 5 anni del ciclo di studi e siano in Italia almeno da 6 – dopo i 12 anni “non è un diritto” ma è solo su eventuale concessione dello stato – raggiunti i 18 anni, si ha la possibilità di richiedere la cittadinanza entro 2 anni.
Una delle tesi esposte dal senatore è che a differenza di quanto sostenuto da molti, le legge conviene proprio a noi italiani, soprattutto riguardo alla sicurezza .
Sancire la scelta di cittadinanza per bambini e ragazzi di origine straniera, significa favorire l’appartenenza di chi vi abita, di chi frequenta la nostra comunità, del sentirsi parte nei diritti e nei doveri, dell’assumersi responsabilità.
Al contrario, questo diritto negato per persone che vivono, studiano, parlano la nostra lingua significherebbe sancire un rifiuto nei loro confronti, che li porterebbe a sentirsi sempre più ai margini della nostra comunità che rischia di essere vissuta come una loro “nemica”.
Infine Don Virginio Colmegna ha ben argomentato come, di fronte “alla cultura della paura” si debba avere il coraggio, di proporre una cultura e una legislazione della inclusione e della coesione sociale.
Colmegna sullo Ius Soli ha sollecitato le forze politiche a “provarci” prima delle fine della legislatura, se non si vuole andare incontro ad una altra sconfitta culturale e di civiltà.
Nel suo intervento ha colto l’occasione per ricordare l’importanza dell’iniziativa promossa dall’associazionismo per una proposta di legge popolare che superi la “Bossi-Fini”; come con l’arrivo dei richiedenti asilo, si siano bloccati “i flussi dei regolari”, cosa che ne aumenta la presenza irregolare (500 mila almeno); che il tentare di differenziare e discriminare gli arriivi tra richiedenti per guerra – ambiente ed economici sia una “enorme disumanità” - che vada invece perseguita la strada dell’attuare “i corridoi umanitari” e i piccoli centri di accoglienza diffusi in tutti i comuni.
Nel salone della bella cascina di Oreno c’era una domanda politica pesante che non ha avuto una risposta esplicita da nessuno dei relatori. Ma la legge verrà discussa e votata prima della fine di legislatura?
La domanda “è ovviamente” posta al Pd, che si trova nella scomoda situazione, di rischiare di sbagliare comunque.
In una situazione, dove la proposta dello Ius Soli non ha consenso e numeri, né nell’opinione pubblica (anche in parte dell’elettorato di sinistra), né in parlamento.
Una eventuale bocciatura, avrebbe come grave conseguenza la creazione di un precedente, per cui ci vorranno poi anni per essere ripresentata. Una mancata votazione in Parlamento verrebbe letta come una mancanza di coerenza e coraggio del Pd, che così prederebbe consenso anche in una parte del proprio elettorale. E allora?
No, non vorremmo di certo essere nei panni del Governo e del Gruppo Dirigente, almeno per una volta.