Il Parlamento della Catalogna ha approvato il 27 ottobre 2017 una dichiarazione di indipendenza. Formalmente è stata descritta come una mozione sulle conseguenze di una dichiarazione d’indipendenza, per cercare di evitare guai legali: nei fatti, è una dichiarazione di indipendenza. La proposta è stata approvata con 70 voti a favore, 10 contrari e 2 schede bianche.
Alcuni dei partiti catalani non indipendentisti sono usciti dall’aula al momento del voto perché hanno ritenuto la proposta illegale. Nel frattempo, il Senato spagnolo ha approvato l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, quello che consente allo stato di obbligare una Comunità autonoma, come la Catalogna, a rispettare la legge. il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy ha annunciato lo scioglimento del Parlamento catalano e ha indetto elezioni anticipate per il 21 dicembre. Rajoy ha inoltre rimosso dall’incarico tutti i membri del governo catalano, tra cui il presidente Carles Puigdemont, e ha annunciato che verranno sostituiti i vertici dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana.
Cosa ha approvato esattamente il Parlamento catalano?
Un proposta presentata dalla maggioranza parlamentare indipendentista per iniziare un processo costituente che porti alla creazione di una Repubblica catalana indipendente. Formalmente è una mozione che riguarda le conseguenze di una eventuale dichiarazione; in concreto, è una vera dichiarazione. La procura generale spagnola aveva fatto sapere che in caso di dichiarazione d’indipendenza il presidente catalano Carles Puigdemont e altri membri del governo e del Parlamento sarebbero stati accusati di ribellione, un reato che prevede fino a 30 anni di carcere.
Cosa succede adesso?
Difficile è dare un risposta definitiva, un evento del genere non si era mai verificato nella storia del paese. Il governo spagnolo ha adottato misure molto dure per bloccare il processo messo in atto dagli indipendentisti catalani, ma non è chiaro in che modo deciderà di procedere. Non si sa per esempio cosa succederà se i membri del governo catalano si rifiuteranno di seguire gli ordini del governo spagnolo, e non si sa come reagiranno i funzionari di medio e basso livello dell’amministrazione pubblica catalana.
Che cos’è l’articolo 155?
È l’articolo della costituzione spagnola che consente allo stato di obbligare una Comunità autonoma come la Catalogna a rispettare la legge. Nella costituzione spagnola non sono specificate le conseguenze dell’articolo 155, i cui dettagli sono stati discussi proprio in queste ore al Senato. Tra le misure adottate ci saranno la rimozione di tutti i membri del governo catalano dal loro incarico e la riduzione dei poteri del Parlamento. Il Partito Popolare ovvero il partito del primo ministro Mariano Rajoy, ha la maggioranza ma ha comunque ottenuto l’appoggio sia del Partito S ocialista che di Ciudadanos, rispettivamente seconda e quarta forza nel Parlamento spagnolo.
La comunità internazionale come ha reagito?
Questa situazione di crisi è stata cercata da una classe dirigente spregiudicata che sull'indipendenza si gioca la sua sopravvivenza, che in Ue ha provato a coinvolgere le opinioni pubbliche europee e ad andare in pressing su Bruxelles senza risultati.
Uno dopo l'altro i rappresentanti delle istituzioni Ue, da Tusk al presidente del parlamento europeo Antonio Tajani, hanno chiuso la porta: «Nessuno in Europa riconoscerà l'indipendenza della Catalogna». Soprattutto lo hanno fatto i Paesi dell'Unione, guidati da Francia e Germania. E lo stesso gli Stati Uniti di Donald Trump. L'europeizzazione della crisi è fallita, l'internazionalizzazione pure. Gli unici a governi a favore dell’indipendenza sono il Belgio, cuore dell'Unione europea e della sua frammentazione, e la Russia, comprensibilmente desiderosa di prendersi la sua rivincita sull'Ue dopo la crisi ucraina.
Il “futuro” di questa indipendenza resta davvero incerto, ad ogni modo questa situazione può fungere da precedente ed alimentare altri focolai indipendentisti in tutta l’unione europea, creando ulteriori ineguaglianze tra i popoli europei. Inoltre in un contesto così globalizzato, con potenze asiatiche e sud americane emergenti la soluzione per gli stati o gli “aspiranti” stati europei non è dividersi e guardare solo il proprio fazzoletto di terra ma restare uniti al fine di assicurare lavoro e prosperità per le generazioni future.
Fonti: “Il Post”.