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Curva-sopraelevata-circuito-di-Monza-300x200Leggo con stupore che, dopo 60 anni di evoluzione demografica e industrializzazione, uno dei principali problemi del nostro parco ad opinione di alcuni resti la presenza dell’anello di velocità, costruito negli anni ’50 e inutilizzato da decenni, che andrebbe abbattuto perchè “rudere fatiscente” e causa di “incalcolabile danno ambientale”, preferibilmente in occasione dell’Expo 2015.

L’occasione di tornare a parlare di questa vicenda è collegata al progetto di restauro che dovrebbe partire nei prossimi anni, visto come un’operazione inutile, uno spreco di soldi, un modo per preservare gli interessi di una qualche lobby dell’autodromo.

In realtà dell’argomento si discute da anni, e le opinioni sono molteplici e discordanti, motivo per cui un articolo così radicale come quello comparso su pdmonza.org settimana scorsa non può essere lasciato senza risposta, sia perchè pubblicato sull’organo del principale partito che sostiene la giunta comunale, sia perchè nel partito non si è certo giunti ad una soluzione definitiva sulla vicenda, ed è semplicistico definire i favorevoli all’anello condizionati da un’”orgia di disinformazione“, come se per risolvere il complesso problema della gestione del parco si possa fare una distinzione tra buoni e cattivi.

  • Le curve sopraelevate, pur non facendo parte dell’attuale pista su cui si svolge il campionato di Formula 1, sono parte integrante del circuito di Monza e come tali vengono rappresentate su ogni planimetria, mappa o simbolo dell’autodromo, dal logo del circuito al monumento posto al centro della rotonda che da Biassono porta al parco. Fanno parte dell’immagine del circuito di Monza che ogni anno viene diffusa su scala mondiale, come simbolo di continuità con il passato ed esempio rarissimo di struttura legata al mondo dell’automobilismo sopravvissuta dagli anni ’50, nonchè di soluzione ingegneristica che, sebbene non abbia funzionato nel lungo periodo, è entrata nell’immagine collettiva dell’autodromo: in ogni caso, la decisione del loro abbattimento non può essere presa in autonomia da Monza, a fronte di questa enorme importanza storica.
  • Il “rudere” non separa alcuna zona dal parco, le aree boschive interne sono ampiamente accessibili dall’interno e dall’esterno della zona recintata dell’autodromo, nonchè preservate proprio dalla presenza della pista, che impedisce la costruzione di strutture e strade che potrebbero sì fare un grosso danno ambientale. Non solo, le sopraelevate a differenza del circuito principale sono aperte al pubblico e frequentate da turisti e appassionati. Non si può dire lo stesso del golf, attaccato al tracciato, che occupa privatamente una porzione di parco ben superiore a quello occupato dalla sopraelevata, nonchè inaccessibile e recintato, però misteriosamente nessuno se ne è mai lamentato, preferendo attaccare l’autodromo.
  • Quello che è stato un fallimento iniziale (le gare sull’attuale anello durarono solo qualche anno) è diventato un monumento alla pista di un tempo, a cui si fa sempre riferimento nella storia del circuito, nonostante il breve periodo in cui le curve sono state utilizzate: nessuno pensa più all’anello come a un fallimento, ma ma come una parte importante di circuito che ha segnato la storia di Monza.
  • Viale Mirabello non è interrotta dalle curve di velocità ma dalla variante Ascari, mentre passa sotto alla sopraelevata tramite un enorme sottopassaggio. Questo dando per scontato che sia necessario rispettare un tracciato del parco progettato 100 anni fa.
  • Sembra che la difesa dell’autodromo sia un’esclusiva di destra, quindi contraria ai nostri valori e alla quale dobbiamo opporci. Bisognerebbe invece riflettere sul significato di ambientalismo, di come questo si relaziona alla sinistra e su quali sono i suoi limiti, al posto di distinguere tra buoni e cattivi rischiando tra l’altro di alienare dalla sinistra una parte di cittadinanza per un motivo banale.
  • L’idea che l’abbattimento delle curve sia da aggiungere all’elenco di opere realizzate per l’Expo mi lascia sconcertato. Immagino la presentazione del progetto a imprenditori e turisti venuti da ogni parte del mondo, mentre fissano uno spazio vuoto: “qui c’era una famosa pista sopraelevata, in occasione dell’Expo l’abbiamo abbattuta”.

Questa iniziativa contro il catino di alta velocità non giunge completamente inaspettata, perchè perfettamente in linea con un concetto di ambientalismo “estremizzato” che negli ultimi tempi si sta diffondendo sempre più tra associazioni e cittadinanza, da cui sono uscite idee e proposte valide e apprezzate riguardo alla rivalutazione del territorio ma anche dure prese di posizione contro ogni iniziativa e proposta non rientrante nei canoni dell’ecologismo stretto, dai concerti nel parco di Monza al superamento dei limiti acustici durante il Gran Premio. Lo scopo, in linee generali, è quello di partire dalla valorizzazione del verde per rilanciare l‘immagine del territorio, creando teoricamente turismo nonchè un posto migliore in cui vivere. Sull’obiettivo penso che pochi avrebbero qualcosa da ridire, mentre sulla convinzione che questo progetto debba avere il sopravvento su ogni altra considerazione territoriale, politica o sociale, non sono così sicuro, specie nel caso dell’autodromo, una struttura che ha indubbiamente lanciato il nome di Monza nel mondo e richiama ogni anno centinaia di migliaia di persone (e nel caso delle curve sottrae uno spazio minimo di verde dal parco).

Se poi al posto di aprire un dibattito serio all’interno del partito o coinvolgendo l’intera cittadinanza si preferisce sollecitare la giunta comunale a fare in fretta prima che le masse, disinformate, si accorgano dell’operazione, bisognerebbe anche riflettere sui motivi di un tale attaccamento a questa struttura e di come sia in realtà un valore aggiunto al parco.

Siamo sicuri che procedere con lo svuotamento di Monza da ogni “disturbo” sia la direzione giusta, per il turismo e per noi che ci viviamo? io non penso.

Fonte: Spazio101