Sintesi dell'intervento del segretario Guglielmo Epifani alla Direzione Pd
1. Questa è la prima riunione della Direzione dopo le elezioni, la formazione del nuovo governo, l’elezione del capo dello Stato, e dopo le dimissioni del segretario e della segreteria.
Abbiamo passato settimane difficili per noi e, soprattutto, per i nostri militanti ed i nostri elettori. Il voto non ci ha dato la maggioranza per il governo del cambiamento, come speravamo ed era necessario per il Paese, che è segnato da una crisi che si protrae anche per le responsabilità che il centrodestra ha avuto. Sono responsabilità politiche, per la negazione costante e ripetuta della crisi. Sono responsabilità economiche, perché l’Italia si ritrova ad essere è l’unico Paese in cui non sono state approvate misure di stimolo all’economia. Una linea che il governo Monti purtroppo non ha interrotto, ma continuato.
2. Dove abbiamo sbagliato, naturalmente in buona fede? Se si ripercorre la strada a ritroso, dalla formazione del governo alla vicenda delle elezioni del presidente della Repubblica, dalla campagna elettorale alle domande di cambiamento radicale da noi non colte, ci troviamo di fronte a molte tappe da sottoporre ad un vaglio critico, onesto, ma arriviamo al punto di inizio. Per noi e per il Paese sarebbe stato giusto e utile votare nella tarda primavera dello scorso anno, dopo la prima terapia del governo Monti e prima del suo epilogo, fino alla stagione in cui siamo rimasti soli a sostenerlo. Anche questo ha pesato sul risultato elettorale ed ha liberato Berlusconi ed il centrodestra dalle proprie responsabilità.
3. Arrivati al punto in cui eravamo, non potevamo che dar vita al governo delle larghe intese. Si poteva forse immaginare un governo dal profilo più istituzionale, mettendoci al ripario dai contraccolpi che le vicende vissute ci avrebbero potuto arrecare, ma non sarebbe cambiata la sostanza politica. E talvolta anche il coraggio di metterci la faccia può essere una scelta apprezzata. Il sostegno a Enrico Letta e al governo è pieno e leale. “Governo di servizio” vuol dire rispondere alla domanda che c’era e c’è nel Paese.
Letta si è mosso bene: ha iniziato con la tutela del lavoro ( il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, il rinnovo dei contratti dei precari della Pubblica Amministrazione); ha usato la prudenza sul tema dell’Imu; ha deciso misure di sostegno alla domanda di risparmio energetico nelle ristrutturazioni. Sul terreno delle riforme istituzionali il lavoro con il Parlamento ha portato all’intento di una revisione con procedure istituzionalmente corrette e rispettose della Costituzione.
I problemi vengono da due questioni. La prima di carattere economico. Il ciclo negativo continua: il Pil è in calo più del previsto, oltre 150 mila posti di lavoro in meno, il calo dei consumi e degli investimenti. Si sta ampliando lo scarto tra bisogni e possibilità. E anche la Francia chiude l’anno male, mentre la Germania comincia ad avere i primi contraccolpi.
In questo contesto di scarse risorse e di bisogni crescenti, è necessario fissare quali devono essere m, secondo noi, le priorità nell'azione del governo. Priorità di salvaguardare il lavoro e la continuità produttiva di un insediamento industriale fondamentale per il Paese, e nello stesso tempo la salute dei cittadini nel caso Ilva. Puntare a non far scattare l’aumento dell’Iva previsto per luglio, perché graverebbe sui più deboli, pesando sui consumi e sulla domanda interna. Rivedere la tassazione sulla casa, anche in questo caso guardando alle fasce meno abbienti.
Decisivo sarà il rapporto con l’Unione europea e la possibilità di recuperare margini di manovra, pur confermando la linea dell’attenzione ai conti pubblici che ci ha portato all’uscita dalla procedura di infrazione.
Dobbiamo intervenire a sostegno dell’occupazione dei giovani e degli investimenti.
Il Consiglio Ue di giugno sarà un passaggio decisivo. Temo che se l’Unione Europea non cambierà il segno della politica economica si ripresenteranno molti problemi: Federal Reserve in difficoltà; spread che non scendono più; nervosismo sui mercati.
In un contesto così difficile in Italia dobbiamo fare i conti dal punto di vista politico con le posizioni di Silvio Berlusconi: stabilità e minacce nel rapporto con il governo; le sentenze attese; il problema dell’affidabilità nel rapporto tra problemi personali e interessi del paese, sospesi tra due sentenze: quella della Corte costituzionale e quella della Corte di Cassazione.
C’è bisogno di responsabilità verso il Paese e verso coloro che si trovano sul fronte della crisi: si deve portare a termine il processo delle riforme.
La nostra idea di governo di servizio e il bisogno di riforme nel sistema istituzionale richiedono un impegno di due anni. Come nel programma di Letta e come nelle parole del Presidente della Repubblica.
Noi intendiamo sollecitare le risposte giuste per l’ammodernamento del Paese e del suo sistema istituzionale, ma dobbiamo essere pronti a tutto se dovesse prevalere negli altri la decisione di far saltare il tavolo.
4. Ci aiuta in questa determinazione il risultato elettorale delle amministrative. C’è stata una forte astensione. Ma noi siamo andati al di là delle previsioni. Abbiamo conquistato capoluoghi. Siamo primi nei ballottaggi ovunque. Sono stati positivi i risultati dei voti di lista, tenendo conto ovviamente delle liste di affiancamento. A Siena e Roma c’è stato un distacco forte. Invito a serrare le fila a sostegno dei nostri candidati nei ballottaggi.
Roma dopo il Lazio, Udine dopo il Friuli Venezia Giulia, Isernia dopo il Molise ci dicono di una tendenza importante. Si percepisce un cambiamento di clima tra i nostri, rafforzato dal nostro ruolo al governo. Dobbiamo esserne consapevoli, ma restando con i piedi per terra e riconoscendo che abbiamo tante prove ancora da superare.
5. Il cammino istituzionale. Fermiamoci un attimo, senza cadere in una spirale che non ci porterebbe a fare le riforme o a non farle al meglio. Se ne deve discutere seriamente nelle sedi competenti, con gli argomenti giusti, con i tempi giusti e nell’ordine giusto. Non diventiamo tifosi. Al primo posto, il superamento del bicameralismo. Al secondo la riforma del Titolo V della Costituzione, nella difesa del ruolo delle Regioni. Al terzo, la forma governo e la legge elettorale.
Le nostre proposte sulla legge elettorale sono state già depositate. Da lì cominceremo il nostro lavoro per giungere in tempi brevi ad una proposta di riforma capace di ridare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri parlamentari, garantendo nello stesso tempo la governabilità.
La sede delle discussioni è il Parlamento. La commissione dei saggi approfondisce e fornisce spunti di riflessione. Noi ne discuteremo in un seminario, nella Direzione, e poi con il coinvolgimento degli iscritti.
Governo e presidente della Repubblica devono essere lasciati fuori dalla mischia. Bisogna valutare con attenzione le scelte e alternative, non piantare muri: delle due ipotesi, una è più naturale e semplice, l’altra è più innovativa e complessa, ma entrambe sono democratiche, se risolte in un contesto di pesi e di equilibri.
L’accordo sindacale unitario sulla rappresentanza è stato un passo nella giusta direzione. Un segno positivo. Nel cammino delle riforme dobbiamo sapere che il rischio del fallimento esiste. Noi lanciamo la sfida non per tenere in piedi il governo, ma per rendere il Paese più forte e meno fragile nella sua transizione istituzionale infinita.
6. In tema di riforme e di diritti, non possiamo e non dobbiamo lasciare sola la nostra ministra Kyenge nella battaglia per il riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati e cresciuti in Italia.
7. Finanziamento pubblico dei partiti. La riforma è un passaggio ineludibile. In tutta Europa il finanziamento pubblico è presente. Dopo il referendum, avremmo dovuto passare ad un finanziamento da realizzare attraverso la fornitura di servizi. Il sistema tedesco ne è un esempio. Il cattivo uso del finanziamento da parte di alcuni ha determinato un sentimento di ripulsa generalizzato. Il governo ha presentato il suo disegno di legge. Penso che bisognerà correggerlo prevedendo un tetto per le donazioni e modificando il sistema del 2 per mille. Ai nostri dipendenti che sono giustamente preoccupati e che chiedono un tavolo di confronto e di lavoro comune per affrontare questa fase garantiamo che il tavolo ci sarà, nella responsabilità di tutti.
8. Il Congresso deve essere l’occasione per rilanciare l’idea, la visione, la cultura, l’identità politica, il progetto dei democratici italiani. Va tenuto nei tempi previsti, comunque entro l’anno. Non c’è un motivo per rinviarlo. Va però preparato bene e dal basso.
La commissione che nomineremo ha il compito di predisporre le modalità, le regole ed i conseguenti, eventuali, cambiamenti dello Statuto, da sottoporre poi alla Commissione Statuto e all’Assemblea nazionale.
In questo contesto dobbiamo affrontare quattro temi. Il primo: separare il ruolo del segretario da quello del capo della coalizione, senza più coincidenza. La contestualità è stata superata nelle scorse primarie ed è improponibile oggi, dal momento che abbiamo alla guida del governo Enrico Letta, che era il nostro vicesegretario fino al mese scorso. Il secondo tema. Credo che sia opportuno partire con i congressi di base, avviando la discussione e il confronto sulla base di un documento costruito su temi essenziali ed eleggendo i segretari territoriali. Dobbiamo procedere lasciando lo spazio per ruoli di proposta e di elaborazione dal basso. Terzo tema. Dobbiamo prevedere organismi più snelli, sedi di discussione e decisione con presenze dai territori. Infine, dobbiamo definire criteri e platea per le primarie per il segretario nazionale.
I tempi sono dati: a primavera elezioni amministrative e le elezioni europee.
L’obiettivo è curare il Pd, farlo uscire dalle sue difficoltà, farne una forza politica aperta, anche se in una logica di partito, anche se a rete, anche se leggero. E rafforzare il sentimento di una comune appartenenza a una comunità di destino fatta di donne e uomini.
La nostra centralità. Sistema politico italiano è fragilissimo. Se togliamo ai partiti personali i loro leader non sappiamo cosa sarà di loro. Spesso imbarazzano l’Europa. Non è così per noi e per la nostra famiglia europea.
9. Per ultimo la segreteria che mi e ci accompagnerà fino a alla fine del congresso. Inclusiva, rinnovata quasi per intero, pronta per il lavoro immediato. Tutto è opinabile ma penso che sarà una buona segreteria.
• Roberta Agostini
• Enzo Amendola
• Fausto Raciti
• Cecilia Carmassi
• Matteo Colaninno
• Alfredo D'Attorre
• Antonio Funiciello
• Luca Lotti
• Andrea Manciulli
• Catiuscia Marini
• Alessia Mosca
• Pina Picierno
• Debora Serracchiani
• Simone Valiante
• Davide Zoggia
Gli incarichi saranno dati a ciascun membro alla prima riunione di segreteria.
I forum continueranno il lavoro fino al congresso. Sostituiremo i presidenti dimessi, da Violante ad Anna Maria Carrozza ad Andrea Orlando.
In questo modo possiamo cominciare a lavorare.
Approvata anche la composizione della commissione per il Congresso
“La Direzione nazionale del Pd ha approvato la composizione della commissione per il Congresso. Ne fanno parte: Roberta Agostini, Stefano Bonaccini, Lucia Centillo, Francesca Ciafardini, Gino Cimmino, Gianni Dal Moro, Roberto Gaultieri, Lorenzo Guerini, Danilo Leva, Giovanni Lunardon, Giuseppe Lupo, Luigi Madeo, Margherita Miotto, Roberto Montanari, Roberto Morassut, Antonella Rossi, Nicola Stumpo, Valeria Valente, Francesco Verducci. Su invito, ne farà parte un componente della commissione di Garanzia”.
Rendiconto 2012 del Partito Democratico