Lo slogan della giornata, “La Padania non esiste, la mafia sì”, chiarisce la motivazione per cui l’Assemblea Regionale del Partito Democratico del 23 gennaio si è tenuta a Monza: la Brianza è infatti, come purtroppo tutti sappiamo, al centro della cronaca italiana per le vicende dello scioglimento del comune di Desio a causa di infiltrazioni mafiose.
Con il gesto di tenere in Brianza gli stati generali lombardi del PD il partito ha ribadito la sua sensibilità e attenzione al problema.
L’invadenza della criminalità organizzata non è l’unico problema della nostra regione, infatti la giornata ha voluto anche essere un momento di elaborazione e riflessione sulla proposta politica del PD per la Lombardia: la prima parte della mattinata ha infatti visto i partecipanti dividersi in 4 gruppi tematici (politiche del lavoro, sanità, giustizia e legalità, riforma delle pubblica amministrazione) con lo scopo di analizzare e integrare documenti prodotti nel corso di precedenti riunioni.
Al termine del lavoro delle commissioni sono intervenute diverse personalità del PD lombardo, come il segretario regionale Maurizio Martina, il Segretario di Monza e Brianza Gigi Ponti o il sindaco di Lecco Virginio Brivio: nelle loro parole i riferimenti ai recentissimi scandali sessuali del premier Berlusconi non sono potuti mancare, denunciando come il paese sia ormai in preda al decadimento morale a causa dei modelli veicolati nel paese da simili comportamenti perpetrati dalle istituzioni.
La conclusione della giornata è però affidata all’autorevolezza e all’intensità delle parole dell’onorevole Rosy Bindi.
Nel suo esordio la Bindi ribadisce come non si possa avere timore di soffermarsi sulle recenti vicende scandalistiche che hanno coinvolto il premier Berlusconi, nonostante diversi partecipanti alla giornata hanno esortato il partito ad occuparsi solo dei problemi concreti del paese senza nominare il “Rubygate”: per la Bindi ormai si è oltrepassato ogni limite della decenza (e della legge), Berlusconi ha come unica possibilità quella di dimettersi.
Gli italiani stessi, anche se spesso solo inconsciamente, sono i primi a volere le dimissioni del premier, siccome gli italiani non sono identificabili con il berlusconismo così come non furono identificabili con il fascismo (un paragone che la Bindi stessa giudica eccessivo nella sostanza ma corretto nel merito).
Bisogna quindi resistere culturalmente ed eticamente, continua, a questa deriva etica del paese e per questo fa appello a tutte le forze del partito per realizzare le 10.000.000 di firme chieste da Bersani per forzare le dimissioni di Berlusconi, da raccogliere in tutti i modi possibili, anche a costo di andare porta a porta in tutte le case degli italiani.
Tornando ai temi della politica parlamentare, la Bindi sottolinea come il PD sia pronto ad agire per realizzare le riforme necessarie al paese, a partire dalla riforma federalista. Il PD è pronto a votare anche a favore della riforma, reputandola positiva al fine di un funzionamento più efficiente della macchina statale, a patto che si approvi una riforma ricca di contenuti e non, come l’ultima bozza presentata in parlamento, una legge priva di contenuti che di federalista ha solamente il nome: così si fornirebbe solamente alla Lega una “bandiera vuota” da sventolare in caso di elezioni.
L’intervento termina ricordando come, anche dopo l’incontro del Lingotto tenutosi il giorno precedente, il partito sia unito pur presentando al suo interno diverse sensibilità che non costituiscono un problema ma, anzi, un arricchimento per un movimento che si definisce democratico: spetterà poi agli organi di direzione del partito fare sintesi tra le diverse posizioni. L’esortazione conclusiva è di nuovo un appello a Berlusconi a farsi da parte, in modo da permettere ad un paese in ginocchio e senza speranza nel futuro di ripartire.