Art. 1. legge 12 2005
1. La presente legge, detta le norme di governo del territorio lombardo nel rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento statale e comunitario, nonché delle peculiarità storiche, culturali, naturalistiche e paesaggistiche che connotano la Lombardia.
2. La presente legge si ispira ai criteri di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, sostenibilità, partecipazione, collaborazione, flessibilità, compensazione ed efficienza.
Criteri questi più volte richiamati come ispiratori della politica dei partiti di centro destra, tanto da riempirsene la bocca in qualsiasi occasione. Ne sappiamo qualcosa anche noi a Monza dove, in consiglio comunale da qualche giorno, è iniziata la discussione sulla variante al PGT.
E mentre gli assertori di queste teorie politiche, ingombrano la scena declamando fantasiosi spot elettorali noi, vox diaboli, ci accorgiamo che c’è qualcosa di strano oggi nel sole, anzi di antico.
Ed è quello che inevitabilmente ci ripropone, nonostante tutti i buoni propositi farciti da magici criteri, la maggioranza di centro destra e che si traduce nella costante e perfino noiosa applicazione della teoria politica assolutistica di Hobbes secondo cui, l’unità della volontà politica coincide con l’unicità fisica della persona che governa poiché gli individui si riuniscono in una comunità politica solamente nel momento in cui rinunciano a gran parte dei loro diritti naturali a favore del sovrano.
Il forte richiamo a questa teoria da parte della maggioranza di Centro Destra , la cui firma politica di molti passa anche attraverso le diverse lotte per la salvaguardia delle aree verdi e dei parchi di cintura, si è evidenziata nel tempo attraverso una serie di atti istituzionali che vanno; dall’applicazione della legge Regionale 14, che di fatto ha impedito a Monza di auto approvarsi il piano dei servizi e di mettere quindi sotto vincolo alcune aree edificabili, sino ad arrivare all’approvazione della famosa Legge 12 dove l’articolo 25 comma 2, fatto su misura per Monza, impediva al nostro comune l’approvazione di varianti di qualsiasi tipo nonché di piani attuativi in variante, e questo alla vigilia della discussione, nell'allora Consiglio Comunale, del nuovo PRG.
A questo punto Monza, con i suoi amministratori di Centro Sinistra, si attrezzava di corsa a redigere e ripensare il piano regolatore come piano di governo del territorio preparato a tempo di record, non solo in linea con le indicazioni e richieste che arrivano dalla Regione ma, soprattutto, attraverso una strategia condivisa e partecipata anche da parte dell’allora Assessore Regionale competente Boni.
Purtroppo però per Monza ci si era preparati alla discussione in aula del nuovo PGT dimenticandoci di Hobbes, (sempre lui) che, in tempi non sospetti, teorizzava che il potere del sovrano è sempre assoluto, indipendentemente dal fatto che sia formalmente detenuto dal popolo. Mai formulazione fu così veritiera.
Ecco quindi arrivare in aula del Consiglio Regionale la richiesta di modifica dell’art.36 comma 4 che, guarda caso, riduce le misure di salvaguardia da cinque a tre anni. Il motivo di questa richiesta è la presunta necessità, in barba alla devolution e al principio di sussidiarietà, di adeguarci ad una normativa nazionale che ripropone una prassi che risale al 1966. A tale proposito va ricordato che la Regione Lombardia si è sempre comportata in maniera difforme da trent’anni.
E qui finalmente arriviamo alla morale della storia perchè tutto questo, unito alla pressante richiesta di approvazione della disastrosa variante al PGT imposta dalla giunta di centrodestra, non solo darebbe il via alla più grande colata di cemento sulla nostra città degli ultimi anni, con la scomparsa di molte aree verdi e la devastazione delle aree agricole, ma permetterebbe la cementificazione della Cascinazza, la più grande area verde di Monza dopo quella del parco.
Ciò che stiamo vivendo in questo periodo è la dimostrazione di come, in contrasto con il principio di autodeterminazione, un patto stipulato reciprocamente tra gli individui in favore del sovrano permette allo stesso di beneficiare del contratto anche senza impegnarsi in esso.(sempre lui, Hobbes)
Del resto la democrazia, che è basata sul principio dell’uguaglianza e' spesso insidiata dal privilegio. L'uguaglianza e' isonomia - "la più dolce delle parole" -, l'uguaglianza di fronte alle leggi. Senza leggi uguali per tutti - pensiamo ai privilegi, alle leggi ad personam - la societa' si divide in caste e la vita collettiva diventa dominio di oligarchie con la conseguenza che il privilegio crea arrivismo e rincorse perverse. In conclusione vorrei ricordare a tutti le parole di un illustre Costituzionalista e cioè che in Democrazia nessuna deliberazione si interpreta nel segno della ragione e del torto.
Non vale la massima tanto richiamata dal Pres. Berlusconi (vox populi, vox dei) poiché essa nega il diritto della minoranza. La prevalenza di una maggioranza su una minoranza non e' la vittoria della prima e la sconfitta della seconda ma l'assegnazione di un duplice onere: alla maggioranza, dimostrare nel tempo a venire la validita' della decisione presa; alla minoranza, insistere su ragioni migliori. E meno male che il centro destra accusa i militanti di centro sinistra di essere inquadrati e sudditi dei segretari di partito.
In quanto all'identità del sovrano, penso che abbiate capito.