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Ora che la vicenda delle liste e dei listini regionali si è conclusa (così almeno pare, ma non è ancora detta l’ultima parola…), vorrei solo provare a riassumerla per chiarire gli aspetti squallidi e vergognosi dell’ennesima “porcata” a cui ci tocca assistere.

Mi soffermo solo su quanto successo in Lombardia (tralascio il polverone-Polverini del Lazio) visto che ci riguarda più da vicino.

Tutto ha inizio con la compilazione del cosiddetto “listino”:

ogni candidato presidente è anche capolista di una lista di candidati che vengono eletti automaticamente qualora la coalizione risulti vincente; il candidato Formigoni, dunque, è capolista del listino “Per la Lombardia”; ovviamente, i posti in questo listino sono molto ambiti, perché garantiscono l’elezione diretta in consiglio regionale, senza dover fare campagna elettorale (che costa anche parecchi soldini…) in cerca delle preferenze degli elettori; in Lombardia, poi, dove la vittoria della destra è data per certa, la contesa interna è ancora più accesa e ognuno rivendica questi seggi “sicuri”: gli ex di Forza Italia, gli ex di An, la Lega, lo stesso Berlusconi… alla fine, dopo settimane di smentite e conferme, si è arrivati alla compilazione definitiva del fantomatico listino di Formigoni (nel quale si trova anche l’igienista dentale del premier, ex showgirl di Colorado Cafè), a un giorno dalla scadenza della presentazione delle liste. Per presentare una lista occorre allegare anche 3500 firme che devono essere autenticate e timbrate secondo una certa procedura (operazione certamente burocratica, ma prevista dalla legge…). Raccogliere 3500 firme e autenticarle in 24 ore non è così semplice, tuttavia alle 12 di sabato 27 febbraio vengono depositate, insieme a tutte le altre, anche le firme per il listino di Formigoni.

Due giorni dopo, la doccia fredda.

Il listino è stato bocciato perché 514 firme non sono valide (121 perché “manca il timbro tondo sui moduli”, 229 perché “manca il luogo”, 28 perché “manca la qualifica dell’autenticante”) e, tolte alle 3935 presentate, non consentono di raggiungere quota 3500 (ne mancano 79): Formigoni è fuori dalla competizione e con lui le liste che lo appoggiano. Ma i vertici del Pdl lombardo ostentano sicurezza: “Tutte le firme contestate sono assolutamente valide” e il Corriere riassume così il Berlusconi-pensiero: no a “leggine” e fiducia nel Tar. Viene presentato ricorso alla commissione centrale elettorale (2 marzo); è presente anche il ministro della Difesa La Russa e Filippo Penati (candidato per il centro sinistra) fa una battuta: “Formigoni è talmente tranquillo che ha sentito l’esigenza di far intervenire l’esercito alla presentazione del ricorso. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha infatti sentito il dovere di essere presente proprio al deposito del ricorso”. Replica il governatore: “Lo sanno anche i bambini che il ministro La Russa è coordinatore nazionale del Pdl. Penati non sa più dove attaccarsi: io qualche consiglio ce l’avrei… scelga lui”. Che finezza, presidente.

Mercoledì 3 marzo i giudici della Corte d’Appello respingono il ricorso, trovando anche altre firme non valide, che evidentemente a un primo controllo erano sfuggite: ora ne mancano non più 79, ma 250! Nella sentenza si legge, tra le altre cose, che la democrazia “non può svolgersi che nel rispetto delle forme previste dalla legge”. Viene preparato il ricorso da presentare al Tar (Tribunale amministrativo regionale). Commento di Formigoni: “Siamo convinti di vincere al Tar”; poi aggiunge: “Chiediamo che venga fatta una verifica su tutte le liste. Non abbiamo nulla da nascondere e chiediamo il riconteggio firma per firma su tutti gli altri listini e liste già ritenuti validi”. Proprio come Pierino che, sorpreso dalla maestra a copiare dal libro durante una verifica, si giustifica così: “Ma signora maestra, controlli anche sotto il banco di Filippo e nell’astuccio di Savino…”, nella speranza che qualcun altro non abbia rispettato le regole.

Intanto Berlusconi (4 marzo) inizia a pensare a un intervento del governo: “E’ una situazione assurda e bisogna fare assolutamente qualcosa. Vogliono attaccare me, il Pdl e il governo” (rieccoci con le manie di persecuzione…).

Venerdì 5 marzo, in serata, il governo vara un decreto con cui stabilisce che il diritto dell’elettorato deve essere preminente rispetto alle formalità (evidentemente il rispetto delle regole è ritenuto una semplice formalità) e che ci sono 24 ore di tempo, a partire dall’accettazione delle liste, per sanare le eventuali questioni di irregolarità formale; solo in Lombardia e Lazio la partenza delle 24 ore va intesa non dal momento di accettazione delle liste, ma da quello di attuazione del decreto. Dopo le leggi ad personam, le leggi ad listam…

Durissime le reazioni dell’opposizione. Penati: “Il governo ha salvato la casta degli intoccabili. Quando sbaglia un normale cittadino, ne paga le conseguenze, quando certa politica fa pasticci, come ha fatto Formigoni con le firme, il governo cambia le regole per salvarlo”. Casini: “Vorrei sapere con quale credibilità domani potremo escludere da un concorso pubblico un ragazzo che si sia dimenticato un certificato”.

Il commento dell’avvocato di Formigoni è davvero fantastico: “Certo, con il decreto approvato potremo dire che a rafforzare la nostra tesi c’è il nuovo provvedimento di legge”. Ma davvero? Perché il decreto non è stato fatto apposta per consentire al Tar di rimettere in gioco Formigoni?…

E su Facebook qualcuno segnala che la legge 400 del 3 agosto 1988 dice, all’articolo 15, che “il governo non può, mediante decreto legge, […] provvedere nelle materie indicate nell’articolo 72, quarto comma, della Costituzione”. Ovviamente, tra le materie indicate c’è anche la materia elettorale.

Il 29 marzo potrebbe anche presentarsi uno scenario a dir poco inquietante: se vincono la Bonino nel Lazio (cosa possibile) e/o Penati in Lombardia (molto improbabile), Berlusconi potrebbe non convertire il decreto in legge e chiedere, in qualità di semplice cittadino, l’annullamento delle elezioni, che risulterebbero falsate dalla partecipazione delle liste del Pdl, ammesse grazie al decreto per ipotesi non convertito. Saremmo davvero alle comiche finali, per non dire al dramma. Ma da questi signori bisogna aspettarsi di tutto.

Chiudo con due riflessioni. La prima: se davvero il regolamento elettorale è tutto “forma” e non “sostanza”, come hanno sbraitato per una settimana Formigoni e soci, come mai l’efficientissimo Brunetta (che si è più volte proclamato nemico della burocrazia) o il ministro della Semplificazione Calderoli non hanno provveduto a modificarlo in tempi non sospetti, così che a nessuno potesse venire il dubbio che il decreto sia stato fatto per favorire qualcuno? La seconda è tratta dal blog di Giuseppe (Pippo) Civati, candidato per il Pd nella zona di Monza: “C’è un solo modo, in ogni caso, per non vedere più simili schifezze. Non votarli. Ad personam e ad listam: di persone candidate e di liste, fortunatamente, ce ne sono tante altre. Sia nel Lazio, sia in Lombardia. Diciamolo ai nostri concittadini”.

Sul giornale di oggi ho letto che la maggior parte dei sondaggisti ritiene che gli italiani, tra 20 giorni, al momento del voto, si saranno già dimenticati tutta questa vicenda, che così non avrà nessun influsso sul voto. Per far sì che ciò non accada è necessario che ognuno si mobiliti, semplicemente per raccontare a parenti, amici, vicini di casa, colleghi… tutto questo.

 

Ciao!

Fausto

 

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