Cari/e lettori/trici, con le successive righe apriamo la stagione della “discussione pubblica” del Partito Democratico di Monza, cercando di introdurre sia benpensanti che malpensanti in una tematica molto attuale ed effervescente, come la situazione della “MOBILITÀ.
La città di Monza nel momento cruciale in cui dovette tratteggiare i punti salienti del PUMS (o Piano Urbano Mobilità Sostenibile) dimenticò, per strada, una fetta consistente dei propri cittadini, ovvero gli amici delle due ruote senza motore: i ciclisti.
Procedendo per progressione, vorrei introdurre la spinosa tematica aggiungendo un breve e corto cappello propedeutico, ponendo una semplice domanda: che cos’è il PUMS? Oppure, che cosa rappresenta il PUMS per la città di Monza? Analizzando superficialmente il PUMS potrebbe essere definito come un progetto volto a smuovere ingenti quantità di denaro, soprattutto attraverso sovvenzioni sia statali che europee, perciò a uno sguardo banale potrebbe risultare come un enorme salvadanaio zeppo di monete. Quindi, per i meno accorti il PUMS potrebbe essere l’equivalente di un grande jackpot o di una vittoria alla lotteria statale. Ma, scavando nel profondo del PUMS è altresì possibile constatare il fatto che è un piano strategico volto a soddisfare i principali BISOGNI di mobilità degli individui, ossia in primis dei cittadini, al fine ultimo di migliorare la qualità della vita. Dunque, il PUMS può e deve essere letto in virtù di una “OPPORTUNITÀ”, da non sprecare assolutamente per motivi egoistici e personali.
Una sorta di antecedente del PUMS potremmo riscontrarlo all’interno del piano ideato sotto l’amministrazione Scanagatti, ossia l’elaborazione del testo denominato: “Biciplan”. Tale testo donerebbe in maniera consistente i termini tecnici per intervenire direttamente nella costruzione di ciclabili sul territorio monzese. Quindi, andando a dare vigore al sogno di numerose persone di proiettare la città di Monza in una visione europea, in una visione futuristica, cercando di andare a raggiungere esempi di città modello nel campo della mobilità sostenibile, come Utrecht (Paesi Bassi) o Copenaghen (Danimarca). Ma, il Comune di Monza, senza uscire dai confini nostrani, potrebbe gettare lo sguardo oltre la siepe mirando l’impianto avveniristico di Ferrara, ovvero la città italiana definibile come emblema del mondo ciclistico cittadino, oppure la “bicipolitana” sorta a Pesaro, ossia una sorta di metropolitana pensata esclusivamente per le biciclette. Quindi, Monza dovrebbe pensare di costituire una sorta di forte e indissolubile collegamento fra il cuore pulsante, cioè il centro della città, con le arterie e le vene delle zone limitrofe e periferiche. Il confronto tra la realtà europee e la realtà nostrana, in particolare con il Comune di Monza, non può assolutamente reggere, e probabilmente non potrà mai tenersi, soprattutto per un fattore di ritardo sia infrastrutturale che culturale.
Con il passare degli anni il distacco tra le realtà dell’Europa Settentrionale e la città monzese è stato incrementato, soprattutto a causa della mala gestione portata avanti dall’attuale giunta comunale. Infatti, la giunta è riuscita nell’intento di rendere la città di Monza un territorio maggiormente ostile e meno aderente alla logica degli spostamenti ciclabili, riducendo quindi l’attrattività del territorio verso l’utilizzo di un mezzo di trasporto assolutamente sostenibile e non inquinante. Per esempio, sul territorio monzese nel tempo sono spuntate numerose barriere architettoniche poste alla conclusione di parecchie zone pedonali/ciclabili, creando un grosso inconveniente per la viabilità, dato che è stato creato il presupposto per possibili incidenti tra pedoni e ciclisti. I principali “posti di blocco” per ciclisti e/o pedoni sono stati collocati nelle seguenti zone: sulla passerella ciclopedonale tra via San Gottardo e via Quintino Sella; in viale Regina Margherita; in viale Italia; sulla passerella ciclopedonale di via Bergamo. Altro elemento di rottura tra il tessuto monzese e il mondo del ciclismo è la forte presenza sul territorio di svariate piccole ciclabili, le quali non possiedono tra di loro punti di congiunzione e/o di incontro, ma sostanzialmente vivono una vita propria e fine a sé stessa. Per questa ragione un primo intervento, da considerare essenziale e doveroso, potrebbe essere la creazione di punti di contatto tra le differenti mini-ciclabili sparpagliate in città, investendo sulla voglia dei cittadini di utilizzare la bicicletta al posto dell’autovettura personale o del trasporto pubblico. Inoltre, da prendere in forte considerazione la potenzialità di attrazione del territorio dal punto di vista economico, dato che, soprattutto durante periodo di pandemia, sarebbe consono incrementare il “CICLO-TURISMO”, cercando di condurre maggiori entrate nell’erario cittadino e nuovo lustro sulla cartina geografica alla città di Monza. Riconducibile alla tematica del “ciclo-turismo” sono gli attuali interventi sulla logistica della città metropolitana di Milano effettuati dal Comune, volti a creare una ciclabile extra-large, la quale termina in viale Monza, giungendo, praticamente, a bussare alle porte del Comune di Monza. In tale prospettiva diventerebbe essenziale creare una sorta di collegamento ciclabile tra due delle maggiori realtà lombarde, per cercare di incrementare il turismo reciproco, andando a influenzarsi in maniera essenziale per la creazione di un grande polo turistico, con il fine primario di collegare attraverso un’unica via percorribile, al seguito della bicicletta privata, dal maestoso Duomo di Milano al serpentino Duomo di Monza. Ma, ancora, il ragionamento potrebbe essere espanso a realtà limitrofe, ovvero cercando di coinvolgere in questa sorta di consorzio turistico la zona valtellinese, magari introducendo un turismo prettamente centrato sull’enogastronomia, in modo tale da portare all’occhio realtà e tradizioni locali solitamente sconosciute dai più giovani e inesperti.
Inoltre, importante sottolineare come durante la pandemia globale alcune realtà italiane, coadiuvate dal cambiamento sorto nel codice stradale, hanno avuto la possibilità e, soprattutto, l’intelligenza e la lungimiranza di muoversi rapidamente per incrementare la mobilità cittadina ciclistica, esempi in tale senso sono città metropolitane, come Milano e Genova, oppure realtà circoscritte, assimilabili al Comune di Monza, come Rimini. Ovviamente, gli interventi incorsi durante il periodo di lockdown, relativo alle mensilità Marzo-Aprile 2020, non è possibile definirli sotto di un’etichetta unitaria, dato che variano sostanziosamente a seconda del Comune in cui tali lavori sono stati organizzati e realizzati. Ma tutto ciò cosa c’entra con la realtà monzese? Per assurdo la realtà monzese viene fortemente chiamata in causa dato che il Comune di Monza non si è minimamente attivato per cercare di apportare migliorie o leggere modifiche nei percorsi ciclabili, dunque né investendo e né incentivando sulla mobilità dei ciclisti, nonostante le numerose petizioni partite sia da cittadini sia da enti locali affini al mondo delle due ruote. Inoltre, il Comune di Monza provò, almeno fece finta, di fare un passo avanti nei confronti dei propri ciclisti, scegliendo di accettare le proposte giunte sulle alte scrivanie relative alla realizzazione di tre interventi in aree pulsanti della città, come: corso Milano, via Boito e via Mentana, dove sarebbero dovuto essere realizzate tratti di pista ciclabile molto importanti. Ma, come tutte le storie d’amore possiedono un epilogo tragico allo stesso modo la vicenda assunse tratti alquanto nefasti per il mondo dei ciclisti, infatti, facendo voltagabbana, la città della regina Teodolinda cercò di ritrattare sia gli impegni presi sia la parola data, andando a minare ulteriormente il rapporto logoro tra la città e i suoi ciclisti, creando unicamente una nuova spaccatura nel tessuto sociale della città, forgiando dei nuovi esuli all’intero del contesto cittadino.
In conclusione, la città di Monza, nello specifico i suoi ciclisti non verranno mai abbandonati al vento di burrasca senza appiglio, anzi sono presenti numerose ideologie volte a conseguire lo sviluppo di una nuova e moderna città a misura di bicicletta, cercando innanzitutto di sviluppare una forte ecosostenibilità cittadina, abbattendo le emissioni prodotte sia dalle vetture private sia dei mezzi di trasporto pubblici, elementi che intaccano il sistema cardio-vascolare della città. Insomma, il sogno di svariati monzesi è rifondare Monza, basandola su di una proposta “SMART AND GREEN”, cercando di avvicinare maggiormente la città alle punte di diamante sparse nei vicini Stati europei.
Potendo concludere con una piccola riflessione personale vorrei sollecitare come il rapporto uomo-macchina abbia completamente sbaragliato la concorrenza del degno avversario, ossia il rapporto uomo-natura. Tantoché, ormai, nel XXI secolo, il rapporto uomo-macchina si sia sviluppato in un ulteriore passo successivo, ovvero macchina-uomo. Di fatto gli uomini sono stati e si sono fatti fagocitare da macchine sempre più all’avanguardia, con maggiori comodità, che hanno condotto all’apparente felicità, quando invece l’uomo dovrebbe riappropriarsi del rapporto carnale con la Natura, prima che il distacco diventi irreparabile o incolmabile. Dunque, considero l’investimento sulla mobilità ciclabile un investimento sul futuro dell’uomo, un distacco determinante da pertinenti comodità che potrebbe condurre l’uomo ad aprire gli occhi sul mondo.
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