La coerenza, questa sconosciuta. Sono lontani i giorni in cui i parlamentari cinque stelle protestavano ogni qual volta il governo decideva di porre la questione di fiducia. Ma con il 31,58% di fiducie il governo Conte è secondo solo ai governi Gentiloni (32,9%) e Monti (45,13%). E se allora era “dittatura”, oggi tutto nella norma.
Memorabili le scene di Paola Taverna, oggi vicepresidente del Senato, urlante a denunciare la “dittatura” della maggioranza. Di Battista che accusava il governo di porre la fiducia per “approvare le sue porcate”, o Di Maio che parlava di “emergenza democratica. Nelle aule parlamentari si sta consumando l'ennesima aberrazione istituzionale”.
Frasi e parole che oggi appaiono svilite, svuotate di ogni significato.
I dati dei primi 6 mesi di governo evidenziano come l'egemonia giallo-verde sia ricorsa alla fiducia il 31,58% delle volte, seconda negli ultimi 10 anni solo al governo Monti che ha ricorso alla fiducia per approvare il 45,13% dei provvedimenti e quello di Gentiloni per il 32,9%.
Molto di più dei governi Renzi e Letta che hanno ricorso alla fiducia rispettivamente per approvare il 26,7% e il 27,7% delle leggi.
Questi sono i numeri del governo del cambiamento, di coloro che dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno.
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