La disoccupazione giovanile rappresenta una delle maggiori emergenze nel nostro Paese. Coloro che appartengono alla fascia d’età compresa tra i venti e i trent’anni sono le principali vittime di una crisi economica e sociale, che dura ormai da circa un decennio. Oltre a ciò, vi sono altri due problemi che riguardano il mondo dei giovani italiani: il distacco tardivo dalla famiglia e l’assenza di percorsi di orientamento e di inserimento nel mondo del lavoro.
L’uscita dalla famiglia è posticipata, tanto che spesso i giovani restano a vivere nella casa dei propri genitori oltre i trentacinque anni di età e questo rappresenta sicuramente un dato negativo per l’Italia. Le famiglie tuttavia preferiscono fare dei sacrifici mantenendo i figli per diversi anni, piuttosto che vederli in condizioni economiche difficili.
Nell’ambito dei percorsi di orientamento e di inserimento lavorativo nelle nostre scuole si fa poco o nulla. Solo di recente, nel 2015, si è introdotta l’alternanza scuola lavoro obbligatoria, la cui attuazione ha presentato non pochi problemi e i risultati non sempre sono stati positivi. Inoltre i corsi di formazione professionale sono generalmente affidati alle aziende, che raramente se ne occupano in maniera ottimale ed efficiente.
Analizzando questi due aspetti nell’ambito del quadro europeo, notiamo subito come l’Italia sia indietro rispetto agli altri Paesi europei. In alcuni di essi infatti, il distacco dalla famiglia per i giovani avviene molto più rapidamente e sono presto inseriti nel mondo del lavoro. La scuola si occupa di accompagnarli in un percorso di formazione in grado di condurli verso le professioni maggiormente richieste e apprezzate dalla società, mentre lo Stato li aiuta direttamente tramite l’offerta di borse di studio, sussidi abitativi o di altro genere.
Confrontando il modello dei giovani italiani con quello degli altri Paesi europei, è possibile subito notare come in Italia si stia vivendo una situazione molto complicata, che ha penalizzato uomini e donne non solo da un punto di vista economico, ma anche personale. Spesso ci si trova davanti ad un bivio: restare in Italia, abbassare le proprie aspettative ed accontentarsi dei lavori che il mercato offre oppure andare via dall’Italia nella speranza di potersi realizzare sotto il profilo lavorativo.
Nel primo caso i giovani tendono ad accontentarsi di lavori part-time, talvolta sottopagati e non in linea con i loro studi, rinviando la ricerca del lavoro dei propri sogni ad un secondo momento. Tutto questo però genera una condizione di insicurezza ed instabilità, che porta i giovani ad allontanarsi dalla propria famiglia sempre più tardi e a dipendere per lungo tempo dalla stessa. Non si riesce a raggiungere un’indipendenza economica e questo porta ad una forma di frustrazione e delusione personale, dettata dall’impossibilità ed incapacità di avere una casa propria, di crearsi una famiglia ed essere autosufficienti. Chi non si è mai chiesto: “Riuscirò a trovare un buon lavoro?” “Avrò uno stipendio congruo al mio operato?” “Riuscirò a crearmi una famiglia?”, “Ce la farò a mantenere i miei figli?”, “Riuscirò a comprarmi una casa e a pagare le rate del mutuo?” ecc..
Nel secondo caso invece, i giovani non sono disposti a posticipare la realizzazione dei propri sogni in ambito lavorativo e non hanno altra scelta che lasciare l’Italia. Si verifica una vera e propria frattura tra i desideri dei giovani e le possibilità di realizzarli e questo porta, soprattutto chi ha un livello di istruzione elevato, a preferire l’Estero. In Italia infatti si investe poco nella ricerca, nell’innovazione e nello sviluppo e chi parte non è disposto a perdere le proprie competenze e conoscenze in un Paese non in grado di valorizzarle.
Occorre quindi, che i Governi rispondano alle richieste dei giovani, prendendole seriamente in considerazione, proponendo delle riforme in grado di migliorare l’attuale situazione.
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