Proseguono i nostri incontri con la giunta Scanagatti. Abbiamo intervistato Cherubina Bertola, vicesindaco e assessore alle Politiche sociali.
Circa 5 anni fa iniziava il suo lavoro nell’esecutivo monzese. Cosa ricorda di quei primi giorni? Che situazione ha trovato?
Ricordo grandi aspettative, specialmente dal territorio, dalle organizzazioni sociali, dal terzo settore e dal volontariato. Erano la voce e la riprova di un fatto: negli anni precedenti il lavoro di rete sociale era stato trascurato. Questo settore si era concentrato esclusivamente sulle emergenze lasciando da parte il lavoro di comunità e il contatto con il territorio, scollegandosi conseguentemente con la realtà. Altro elemento emerso era il rapporto schiacciato con la cooperazione sociale, compresso in una dinamica fornitore-cliente che escludeva del tutto il confronto e l'analisi condivisa.
Quali erano le priorità del suo assessorato allora e quali sono oggi?
Il primo obiettivo era rimettere in moto la rete sociale e tornare nei quartieri. In tal senso i primissimi sforzi si sono concentrati sulla revisione del segretariato sociale, che quando siamo arrivati consisteva di un solo ufficio gestito a rotazione da ben 32 operatori. Lo scopo ultimo era restituire il segretariato sociale al territorio e qualificare meglio la sua funzione individuando un gruppo di lavoro ristretto. Parallelamente rivedere in maniera completa il funzionamento dell'ufficio alloggi e dunque le politiche abitative, che era necessario ristrutturare. Abbiamo riaperto la programmazione partecipata, che negli anni si era svuotata, attraverso tavoli di confronto eterogenei: dal contrasto alla povertà al lavoro con i minori. Un'altra priorità era riallacciare il rapporto con il territorio e tornare a presidiarlo con i servizi di primo accesso. Raggiunti questi obiettivi, oggi le urgenze sono altre: innovare gli strumenti, modificare l'autoreferenzialità dell'ente pubblico e rendere reale il welfare di comunità di cui si sente spesso parlare. Come lavorare sul contrasto alla povertà intervenendo nella fase in cui la fragilità non è ancora diventata disagio. In questo senso, attraverso un progetto come Kairos, ovvero sportelli che daranno risposte alla fragilità abitativa e lavorativa proprio alla fascia “grigia” della popolazione, cioè a quella porzione di utenza, purtroppo in crescita, che dopo una prima fase di shock è riuscita a sdoganare la richiesta di aiuto, contiamo di fornire un supporto concreto.
Quali sono i risultati raggiunti che la soddisfano maggiormente? Cosa resterà?
Sono diversi. Senza dubbio l'approvazione del regolamento comunale e di ambito per la “disciplina dell'erogazione di interventi e servizi sociali”. Un documento che l'amministrazione di Monza non ha mai avuto e che serve a dare garanzie di trasparenza, equità ed efficacia ai cittadini fragili. È un documento che tutela, peraltro con un respiro di ambito e di concerto con i comuni di Villasanta e Brugherio, i criteri in base ai quali vengono fornite risposte omogenee alla popolazione. Grande soddisfazione, come detto, deriva dall'avere riportato sul territorio il segretariato sociale con operatori all'altezza del servizio. E, chiaramente, per tutti i tavoli riattivati: emarginazione, famiglie e disabilità, osservatorio anziani, comunità educative con minori e l'attivazione del contratto di quartiere Cantalupo, giusto per citare alcuni esempi di una rete rinnovata completamente. Soddisfazione anche per essere riusciti a bandire annualmente le assegnazioni degli alloggi residenziali pubblici, quando negli anni precedenti arrivava un bando ogni 2 o 3 anni. Oggi sono migliorate anche la rilevazione della domanda e le misure a sostegno del disagio abitativo. Abbiamo lavorato per aiutare gli inquilini comunali a rientrare da morosità importanti e promosso piani di rientro per rimettersi in pari o quantomeno per dimostrare la volontà di rimettersi in pari. Abbiamo infine attivato una forma sperimentale di laboratorio sociale in via Silva, un intervento estremamente significativo per mediare la conflittualità presente. Ultimo punto è la valorizzazione e lo sviluppo del volontariato civico.
Cosa, invece, non è andato come avrebbe voluto? E perché?
Nel programma di mandato c'era un aspetto che riguardava la costituzione di una azienda speciale che gestisse i servizi sociali. L'obiettivo non è stato raggiunto ma, aggiungo, non era possibile raggiungerlo se non dopo avere creato i presupposti di revisione del senso del lavoro sociale in questa città. Un altro obiettivo al momento sfumato era collegare in maniera più diretta il lavoro sociale col percorso partecipativo, un collegamento tra luoghi e strumenti, tra interlocutori e amministrazione. Ma, del resto, siamo partiti da molto lontano e occorreva dapprima collegare i fili per ricondurre il lavoro sociale sul territorio di Monza.
Tre aggettivi per descrivere il lavoro di questo esecutivo.
Onesto, collettivo, tenace.
Report