“Di una cosa sono convinto: comunque vada a finire, non è in gioco la democrazia. Del resto sia i costituzionalisti del No che quelli del Sì, lo riconoscono. I pericoli sono altri, non l’esito del referendum.” L’intervista dell’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, rilasciata stamani a Repubblica non lascia spazio a interpretazioni: il rischio della deriva autoritaria, di cui alcuni strumentalmente parlano, semplicemente non esiste.
“Non si può dimenticare che è stato il Parlamento – continua Pisapia – a chiedere una riforma che semplificasse il sistema e che garantisse una maggiore governabilità, dando migliori opportunità al Parlamento e non certo al governo o al suo presidente. Questa riforma non aumenta i poteri del presidente del Consiglio e rafforza il ricorso a leggi di iniziativa popolare. E voglio ricordare che, quando ha dichiarato incostituzionale il Porcellum, la Consulta ha detto espressamente che sono obiettivi di rilievo costituzionale anche la stabilità del governo del Paese e l’efficienza dei processi parlamentari “.
Il tono un po’ aspro e allo stesso tempo carico di sconforto che si legge tra le righe dell’intervista mostra tutta l’insofferenza nei confronti di certe pieghe che sta prendendo il dibattito sul referendum: divisioni, scontri e interessi politici spesso prevalgono sulle questioni di merito. Infatti, Pisapia si sta impegnando in prima persona per spostare l’asse della discussione sui contenuti della proposta di modifica della Costituzione: “sto facendo un giro dell’Italia per invitare a confronti nel merito, sui vantaggi e gli svantaggi”, e quando gli viene chiesto cosa voterà alla consultazione di ottobre chiarisce che dal suo punto di vista “la situazione che si è creata mi rende difficile dare oggi una risposta. Ci sono i guelfi e i ghibellini, non c’è spazio per la ragionevolezza. E io credo fortemente in una politica ragionevole”.
Eppure “che ci sia bisogno di riforme è opinione largamente condivisa. Così come mi sembra che tutti – anche in Italia, ed è quello che mi interessa – siano d’accordo nel ritenere che quello di avere governi stabili è un bisogno reale“.
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