“Non si può dire che le colpe sono tutte dei sindacati”. Così sbotta il mio vicino durante l’esposizione del sen. Ichino. In realtà Ichino ha difeso la nuova legge chiamata “ Jobs Act” confrontando la situazione precedente a quella che la nuova legge vuole instaurare. In apertura aveva fatto gli onori di casa Smiraglia, coordinatrice del circolo di Desio, che ha organizzato l’incontro.
L’intervento di apertura sul tema è stato appannaggio di Delle Cave, avvocato ed esperto di Diritto del Lavoro. Come dice qualcuno, siamo alluvionati dalle informazioni, che rischiano di inquinare l’acqua potabile. Troppe notizie, spesso in contraddizione tra loro. E’ quindi giusto cercare di dare dati sintetici e completi
Dopo vari interventi legislativi, a cominciare da Treu, con il Job Act, ispirato da Ichino, siamo alla volta buona? Ci auguriamo di sì. Ma veniamo ai contenuti.
Non è vero che i lavoratori possano essere licenziati senza una motivazione, e comunque, più aumenta l’anzianità, più vasta è la tutela. Per quanto riguarda la possibilità di demansionamento , era una prassi legittima anche prima. Ovviamente questo vale per i nuovi assunti. Occorrerà gestire le fasi di passaggio, durante le quali, con questi convivono i vecchi contratti. Elemento importante del Jobs Act comunque, è il tendere a superare il dualismo attuale: da un lato lavoratori con protezione dell’art. 18, e dall’altro co.co.co. e precari in genere senza alcuna protezione.
L’art.18 è legato al concetto della Job Property, e non avrebbe senso estenderlo a tutti.. Cosa significa difendere quel particolare posto di lavoro se, tra un anno, l’impresa dove lavora quel lavoratore non esisterà più? Le imprese per anni hanno cercato flessibilità con il precariato, danneggiando così le nuove generazioni, ma danneggiando anche loro stesse, perché su quei lavoratori non si investe in formazione. Con il Jobs Act invece l’assunzione a tempo indeterminato diventa la regola.
Prima del Jobs Act, proprio per quella incertezza nell’avvenire, un giovane non sarebbe mai stato assunto con l'art 18. Le aziende vogliono avere quella flessibilità che ritengono necessaria. Tanto è vero che, ad es. la Mondadori che ha licenziato centinaia di lavoratori, ha lasciato a casa quasi solo i precari. E il sindacato non è intervenuto, perché la loro era una tipologia di contratto diversa.
La rappresentante della CGIL Lombardia, Elena Lattuada è intervenuta portando esperienze concrete. A Milano, dopo un mese il contratto a tutele crescenti ha sostituito quello a tempo indeterminato. Questo perché ci sono vantaggi economici per le aziende.
Il posto fisso non c’e più, tanto è vero che l’ anzianità media dei lavoratori è di 6,7 anni. Dello Statuto dei Lavoratori, tra 10 anni non resterà più nulla. Inoltre intervenire troppo frequentemente sulle regole non aiuta. Il Jobs Act si fonda su un presupposto di uguaglianza tra lavoratore e datore di lavoro. Ma sono i lavoratori ad essere in difficoltà. Perché creare ricatti tra nuovi e vecchi assunti? Chi viene licenziato non riesce a difendersi, e quand’anche trovasse un nuovo lavoro, non avrebbe più la protezione dell’art. 18 Bisognava fare tre categorie di lavoratori: lavoratori dipendenti, lavoratori indipendenti e professionisti. Il problema si evidenzierà quando le aziende cominceranno a licenziare.
La cassa integrazione viene chiesta dalle aziende e non dai lavoratori. Quanto alla Cassa Integrazione in deroga, ha attenuato, fino ad ora, i disastri sociali della mancanza di lavoro
Il sen Ichino, che aveva ascoltato in silenzio, chiede di interrogarsi su cosa sarebbe il mondo del lavoro, restando ancorati all’art. 18. Anche il progetto Boeri – Garibaldi, che pure prevedeva le tutele crescenti, ma ripristinando dopo tre anni l’art. 18, avrebbe spinto le aziende a liberarsi del lavoratore dopo due anni e dieci-undici mesi.
Chi difende tanto l’art.18, dimentica forse che per la miriade di piccole aziende, sotto i 15 dipendenti, non è mai stato applicato? E’ vero che, in Germania esiste una legislazione che prevede qualcosa di simile . Ma il reintegro rimane a discrezione del giudice. E l’esperienza ha dimostrato che i casi di reintegro sono stati pochi. I sindacati hanno per anni lottato giustamente per la difesa contro i licenziamenti discriminatori ( principalmente contro i sindacalisti), ma i tempi sono cambiati, e difendere oggi la Job Property non ha più senso.
Quanto alla Cassa Integrazione, è valida quando l’azienda ha delle difficoltà temporanee. Serve, oltre che per non lasciare il lavoratore senza reddito, anche per fidelizzarlo. Ad invogliarlo a non lasciare l’azienda, portandosi via così il suo know how, ma ad attendere che le difficoltà vengano superate.
Ma quando non c’è più lavoro, anzi non c’è più l’azienda, se non formalmente, è un modo sbagliato di fare welfare.
Oggi occorre proteggere il lavoratore. Quando perde il lavoro, occorre assisterlo, intanto con una congrua indennità di disoccupazione, e poi con azioni mirate per aiutarlo a ricollocarsi, aggiornando la propria professionalità, e nella ricerca di una nuova occupazione.
Le domande al relatore erano state recapitate su vari fogliettini, scritti prima e durante la conferenza. Rispondendo ad una di queste, ha ricordato che la richiesta delle Commissioni lavoro di Camera e Senato di modificare la legge a proposito dei licenziamenti collettivi, non poteva essere accolta perché sarebbe andata in contrasto con la Legge Delega approvata dai due rami el Parlamento solo due mesi fa. (1)
L’impressione di chi scrive è che ancora una volta le maggiori obiezioni sono venute da un pubblico prevalentemente legato al sindacalismo. Si conferma così la difficoltà, in questo partito, di separare l’attività di governo da quella dei sindacati. L’azione del governo non può riguardare solo gli interessi di una parte sociale, ma di tutte le componenti economiche che operano nel Paese. Naturalmente avendo una sensibilità particolare per i più deboli, per i lavoratori dipendenti, e per far rispettare le regole a tutte le parti.
E’ da notare comunque, che l’intervento della sindacalista della CGIL era meno improntato ad ideologia, e più rivolto ai problemi concreti che vedeva affacciarsi.
(1) Per chi volesse avere un report più dettagliato, si allega un articolo del sen. Ichino, proprio sull’incontro tenuto a Desio di cui parliamo.
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