Uno sente della “cupola” che decideva degli appalti per l’Expo di Milano, sente delle tangenti a politici e funzionari pubblici intorno al MOSE di Venezia, sente delle vicende di Roma Capitale, con gli intrecci affaristici tra mafie, criminalità “comune” e amministratori pubblici, sente dell’arresto di ufficiali (ufficiali!) di Marina tra Taranto e Roma che si “trattenevano” il 10% sul valore degli appalti assegnati, ed è portato a concludere che questo Paese è ormai alla frutta.
Da molto tempo inoltre è radicata la consapevolezza che intere regioni sono infestate dalla criminalità organizzata che, a dispetto dell’attività della magistratura e delle forze dell’ordine, si espande al di fuori del territorio d’origine radicandosi in altre regioni italiane (dove intravvedono opportunità di business, come ha fatto la ‘ndrangheta in Lombardia) o in altri Stati. Che fare? Rassegnarsi a convivere?
Per contro i vari Governi nazionali, di fronte alle impietose classifiche che danno l’Italia in posizione imbarazzante (eufemismo!) in classifica per quanto riguarda la corruzione ed i reati finanziari, faticano a definire in questo ambito “i delitti e le pene”, forse ritenendoli comportamenti endemici, ed è sempre forte la tentazione di alzare la soglia di punibilità, naturalmente al nobile scopo di “non intasare le aule dei tribunali” E anche questo non aiuta a a star meglio..
Per fortuna poi uno sente l’avvocato Umberto Ambrosoli parlare dell’esperienza del padre Giorgio e conclude che finché ci saranno uomini così ci sarà speranza.
Come è noto l’avvocato Giorgio Ambrosoli era il curatore fallimentare della Banca Privata Italiana, la banca del finanziere-avventuriero Michele Sindona, fallita in un intreccio di speculazioni affaristico mafiose. Sindona era decisamente contrario al fallimento, confidando in un improbabile salvataggio (con soldi pubblici, naturalmente) che sperava di ottenere per i suoi appoggi politici (italiani, che, ahimè c’erano) Di fronte al rigore di Giorgio Ambrosoli (appoggiato, bisogna dirlo, quasi solo dalla Banca d’Italia) Sindona non esitò ad armare un sicario che uccise l’avvocato l’11 luglio 1979.
Come dicevo, la vicenda, che all’inizio era circoscritta nell’ambito di pochi, anche se “pesanti” nel bene e nel male addetti ai lavori, è ormai nota al grande pubblico, grazie (e qui Umberto Ambrosoli ha avuto la signorilità di ricordarlo) al libro di Corrado Stajano “Un eroe borghese” dal quale Michele Placido ha tratto il bel film con lo stesso titolo, e grazie al libro che Umberto ha voluto scrivere nel 2009 per raccontare ai suoi figli chi era il nonno Giorgio Ambrosoli.
E questa è stata l’occasione che ha portato a Monza Umberto Ambrosoli , invitato da Novaluna per una serata al Binario 7 giovedì 22 (nell’ambito di un ciclo di conferenze sulla legalità) per la presentazione del suo libro “Qualunque cosa succeda”, la storia di Giorgio Ambrosoli vista dall’interno della sua famiglia.
Umberto ha voluto puntualizzare che la vicenda del padre ha un valore universale: ci si valuta per come si declina la propria libertà e responsabilità, in ogni tempo e luogo. Per la sua professione è venuto a conoscenza di tante circostanze in cui persone hanno “tenuto la barra dritta” secondo le regole della legalità anche a rischio della vita (ha citato a questo proposito il comportamento degli avvocati difensori nel processo a Torino contro le Brigate Rosse ma anche casi minori di procedure fallimentari).
L’Italia, Umberto ne è convinto, è piena di persone che in piena libertà e responsabilità hanno resistito a sollecitazioni devianti dalla legalità, in ogni ambiente e comunità, ed è per merito loro che si è sempre usciti dignitosamente da situazioni drammatiche del passato recente. Così come ha voluto ricordare come nel tempo la figura e l’esempio di Giorgio Ambrosoli si siano diffusi nella società italiana: nel 1979 il suo omicidio era passato quasi inosservato, in un periodo in cui la cronaca era monopolizzata dai misfatti del terrorismo rosso e nero (ai funerali dell’avvocato parteciparono il governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi ed i magistrati milanesi che conducevano le inchieste su Sindona, e nessun altro rappresentante delle istituzioni, scrive Stajano).
Poi il processo a Sindona negli anni ’80 avevano rivelato le trame e le complicità, i “buoni” e i “cattivi” della vicenda (per inciso, per i più giovani, Sindona sarà condannato e dopo pochi mesi avvelenato in carcere con un caffè alla stricnina: evidentemente sapeva troppo e non doveva raccontarlo!).
Poi il libro di Stajano nel 1991, con discreto successo editoriale, e soprattutto il bel film tratto dal libro,nel 1995, ha messo la figura di Ambrosoli al centro dell’attenzione. Oggi, Umberto racconta di aver fatto su richiesta già 300 presentazioni del suo nuovo libro in tutta Italia riscontrando sempre un sincero interesse e ammirazione per la figura di Giorgio. Dal quale libro si è recentemente ricavata una recente fiction televisiva, e anche questo è segno dei tempi. Si è anche compiaciuto di ricordare che la biblioteca universitaria di Legge alla Bocconi è stata intitolata al padre.
L’avvocato Giacovelli, di Novaluna, che ha introdotto il relatore, ha voluto ricordare che nel corso di formazione che l’Ordine di Monza prevede per i giovani avvocati viene proiettato il film di Placido. E, dulcis in fundo, il Sindaco Scanagatti, intervenuto alla serata, ha comunicato che presto una via di Monza sarà intitolata a Giorgio Ambrosoli.
Sala pienissima con una folta presenza giovanile, tutto molto bello! Peccato però che la nostra democrazia abbia sempre bisogno di eroi!
Prossimi incontri del Ciclo “Ora legale”, organizzato dalle associazioni Novaluna di Monza, Minerva di Concorezzo e Antes di Agrate. Ha aderito Libera.
Lunedì 2 febbraio ore 21 presso la Biblioteca di via Ferrario 51, Agrate
Le nostre carceri con Mauro Palma, ,
Mercoledì 25 febbraio ore 21 presso il Centro Civico di piazza Falcone e Borsellino, Concorezzo
Per un manifesto dell’antimafia con Nando Dalla Chiesa
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