Una storia di lavoro, duro ed assordante come quello di una tessitura, ma anche di sviluppo sociale e urbano: è la storia della Cederna e del quartiere di Monza che porta il suo nome. La racconta una mostra fotografica allestita nella piccola chiesa di San Francesco in Via Cederna, inaugurata sabato 20 alla presenza di autorità cittadine e di tanti monzesi che non vogliono perdere la memoria!
C'era una volta la campagna di Monza, punteggiata qua e là da qualche cascina e rare ville padronali, collegate da sentieri sterrati. Qui, Antonio Cederna, che a Milano nel 1887 aveva rilevato un cotonificio, a inizio Novecento acquista un terreno e costruisce una tessitura, nel 1908 affiancata ad una filatura, con una forza-lavoro di 80 operai.
Nel 1911 "sciur" Cederna passa il testimone al genero Vito Bellini, che porta in dote l'esperienza accumulata in altri stabilimenti e capitali freschi: l'azienda arriva ad occupare una superficie pari a 10 volte quella originaria e passa dai 620 addetti del 1921 agli 800 del 1937.
Gli operai, che provengono da varie regioni d'Italia, molti dal Veneto, non trovano soltanto un posto di lavoro, ma anche 900 case progettate e costruite dalla stessa azienda, messe a disposizione a condizioni vantaggiose.
Grazie anche alla lungimiranza del direttore di stabilimento, Napoleone Ripamonti, la Cederna diventa un esempio di quel "capitalismo dal volto umano" che genera realtà come Crespi d'Adda e l'Ivrea di Adriano Olivetti.
Cedernopoli è una piccola città organizzata e autosufficiente: ci sono strade, una cooperativa di consumo e il fabbricato di San Francesco, che, oltre alla cappella, propone un asilo per cento bambini e un teatro.
Le suggestive fotografie, raccolte con passione e dedizione da Alfredo Villa, ritraggono i momenti del lavoro faticoso di tante nostre nonne nei reparti affollati della fabbrica, ma anche le attività del cosiddetto dopolavoro: il quartiere ha una propria squadra volontaria di pompieri, un corpo bandistico, due compagnie filodrammatiche, una scuola di lavoro femminile e una fornita biblioteca.
C'è persino una piscina, circondata dalle sdraio per "le cure elioterapiche", come recita la didascalia!
Lo stabilimento di Monza arriva ad occupare nel 1951 ben 901 addetti: il gruppo Cederna, con filiali ad Agrate Brianza, Milano e Pergine Valsugana, ne conta 2000 in totale.
Fin qui, una bella storia, ma poi arriva la crisi: il gruppo cerca di reagire, specializzandosi nella produzione di fodere.
Nel 1992 viene decisa la chiusura dello stabilimento di Monza, che in quel momento ha 38 dipendenti.
Il declino della Cederna segna inesorabilmente anche il destino del quartiere, che perde molto della sua identità; gli spazi, così animati e pieni di vita di San Francesco, vengono progressivamente abbandonati.
Ed è proprio dalle strutture di San Francesco che può partire il recupero dell'area dello stabilimento: l'articolato progetto di riqualificazione prevede anche un nuovo centro civico e una sede per il Museo Etnologico di Monza e della Brianza.
Nella bella storia del quartiere Cederna ci possono essere ancora molte pagine da scrivere.
Report