Abbiamo conosciuto a scuola, riguardo i settori economici, il Primario (agricoltura e industria estrattiva), il Secondario (industria tout court) e il Terziario (Servizi), comprendenti le imprese aventi come denominatore comune, pur tra le differenze operative, la sopravvivenza e la ricerca del profitto.
In queste classificazioni perciò non erano comprese organizzazioni come le Cooperative Sociali, le Organizzazioni non governative (ONG), gli Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficenza (IPAB), le associazioni culturali etc (caratterizzati dal no-profit), un insieme di enti che da un censimento nazionale di dieci anni fa definiva nel ragguardevole numero di circa 470.000 (un nuovo censimento per aggiornare la situazione è in corso) e, quel che è importante di questi tempi, con l’impiego di circa 7- 800.000 lavoratori (ai quali si aggiunge un numero ancora maggiore di volontari, persone che supportano le attività delle organizzazioni senza compenso diretto, ma eventualmente rimborsati delle spese sostenute).
Queste vere e proprie imprese nascono da motivazioni ideali e quindi escludono nel loro statuto la produzione e la distribuzione di utili. Ciò non significa che non svolgano un importante ruolo nell’economia nazionale (basterebbe a dimostrarlo il numero di lavoratori impiegati), anzi, in questo periodo di crisi il settore è addirittura in crescita. L’importanza del ruolo assunto nel tempo (il fenomeno Terzo Settore ha preso consistenza nell’ultimo dopoguerra, soprattutto a partire dagli anni ’60) ha imposto la necessità di una gestione simile a quella delle imprese profit. Da qui l’obbligo del Bilancio Sociale, contenente il bilancio economico o di esercizio e la Nota Integrativa, meglio se reso pubblico mediante opportuna diffusione (ad esempio con un sito Internet). Questi enti vivono fondamentalmente di Donazioni da parte di altri enti non pubblici (es. le fondazioni bancarie) e/o di singoli privati ed è comprensibile che i donatori vogliano accertarsi della corretta gestione dell’ente destinatario. A questo proposito è stato costituito un ente (rigorosamente no-profit anch’esso), l’Istituto Italiano della Donazione (IID), che certifica della Qualità .dell’ente ricevente.
Nella serata di Novaluna che ha trattato il tema, l’Ing. Vannini ha spiegato quali sono i parametri verificati per conseguire la certificazione: uno dei più importanti è l’utilizzo delle Entrate, che per statuto eguagliano le Uscite. Queste ultime in sostanza sono composte da spese di gestione e di raccolta fondi e importi erogati ai beneficiari dell’ente. Una buona gestione “vuole” che le prime siano inferiori al 20% del totale così che più dell’80% sia impiegato per le dirette finalità dell’ente. L’ing. Vannini è un volontario che lavora per Sodalitas (altro ente no-profit) che ha la finalità di fornire consulenze aziendali alle imprese Terzo Settore, ed era accompagnato dalla D.ssa Di Stasio, segretaria generale dell’IID, che ha illustrato i lineamenti di un buon Bilancio Sociale e le procedure di certificazione. Finora, hanno affermato, circa il 60% delle imprese esaminate ha conseguito la certificazione.
Nella stessa serata Roberto D’Alessio, coordinatore Confcooperative di Monza e Brianza (25 imprese sociali in cui lavorano 1300 persone), ha illustrato la situazione Terzo Settore nella nostra provincia. La Brianza è territorio con la densità di questo tipo di enti più alta in Italia. Ha elencato numero e tipologie di “imprese” esistenti tra piccole e grandi (il 20% totalizza la quasi totalità del “giro d’affari”):: cifre importanti. Ha ricordato soprattutto che sono imprese, come si è detto all’inizio, senza fini di lucro e rispondono ad interessi collettivi.
Sono importantissime per la coesione sociale, l’assistenza sul territorio, la vicinanza ai beneficiari. Se non ci fossero bisognerebbe inventarle!
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