Molto partecipato, sia in termini di presenze sia d’interventi, è stato l’incontro con Stefano Fassina,Responsabile nazionale “Economia e lavoro” nella segreteria nazionale del Pd.
Un momento di confronto con la cittadinanza monzese e con gli iscritti, organizzato dal “Comitato Monza per Bersani”, che ha avuto luogo Giovedì 8 novembre presso la Sala Maddalena, a Monza.
Molti i temi posti sul piatto del confronto: anzitutto il lavoro, quello “buono”, che ha come ingrediente fondamentale la dignità; e poi il welfare, l’innovazione, lo sviluppo e il futuro del nostro Paese.
Il tutto alla luce della specificità del territorio di Monza e Brianza, come precisato nell’introduzione al dibattito, curata dal Comitato per Bersani.
Stefano Fassina ha messo in luce, senza ricorrere a slogan o a facili parole d’ordine, quali sono i nodi fondamentali che una proposta politica di centro-sinistra deve e può saper sciogliere, nella consapevolezza che non esistono facili ricette e che “nessuno si salva da solo”.
Il punto di partenza è stata l’analisi della situazione economica: di quella lunga crisi iniziata nel 2008, nella quale si stanno dibattendo tutti i paesi europei. Una crisi, ha detto Fassina, che non ha il carattere della contingenza, della temporaneità, ma che ha radici profonde, poiché sono cambiati i contesti in cui operano gli attori economici e politici a livello europeo.
Da questa crisi non si può uscire ricorrendo alle soluzioni semplicistiche prospettate da più parti (anche da pezzi del nostro partito), che invocano l’eliminazione di tutele e “rigidità” del mercato del lavoro come escamotage per rimettere in moto l’occupazione.
L’approccio che invoca più precarietà – ha detto Fassina - non coglie il punto vero: è lo sviluppo ciò che va rimesso in moto, è di sviluppo che dobbiamo finalmente riprendere a occuparci.
Come rimettere in moto lo sviluppo? Quali le proposte del Pd sul lavoro?
Secondo Fassina dobbiamo cambiare linea di politica economica, vale a dire uscire dal tunnel delle politiche liberiste (che oramai sono considerate inadeguate persino dal Fondo monetario internazionale).
Ciò non significa propugnare un aumento del debito pubblico, ma uscire dagli astrattismi di una finanza pubblica che non tiene conto dei meccanismi di funzionamento dell’economia reale. Il problema del debito pubblico si può affrontare solo attraverso lo sviluppo. Nel funzionamento concreto dell’economia, rigore e sviluppo non sono separabili, non sono due fasi distinte, ma sono strettamente intrecciate e interagiscono tra loro. È dunque necessario un cambio di paradigma economico, che va costruito e portato avanti insieme alle altre forze progressiste europee e che equivale a rimettere al centro la persona che lavora, restituirle dignità e valore.
È attraverso la valorizzazione della persona che lavora che si può promuovere lo sviluppo sostenibile, che si può affermare un’idea di sviluppo inteso come promozione dei beni comuni e dei consumi di cittadinanza.
Il Pd ha sostenuto e continua a sostenere con convinzione il governo Monti: con lui si è avviata una fase di transizione che il nostro partito ritiene positiva e che (anche grazie all’appoggio del Pd) ha consentito all’Italia di riconquistare credibilità e di interloquire nuovamente da una posizione di parità e di prestigio con gli altri Paesi europei.
Qualora vinca la proposta Bersani, quali elementi di continuità e quali di discontinuità rispetto all’“agenda Monti” ci potremo attendere?
A questa domanda Fassina ha risposto che in continuità con l’attuale governo sarà una politica basata sulla serietà e la competenza, attenta all’interesse generale e al bilancio pubblico (come sempre lo sono stati i governi guidati dal centro-sinistra).
Rispetto al Governo Monti, invece, la proposta Bersani pone maggiore enfasi sull’economia reale, sul rapporto tra impresa e lavoro, sul riconoscimento di come rigore e sviluppo siano due mondi che interagiscono e s’influenzano reciprocamente. Ancora – ha detto Fassina - “serve una nuova alleanza dei produttori, e serve equità”.
Il Partito democratico continua a riservare fortissima attenzione all’Europa, perché questa è la cornice istituzionale ed economica nella quale ci muoviamo, e con la quale dobbiamo concertare le nostre politiche.
“Dobbiamo renderci conto che condividere una moneta cambia il terreno di gioco”, ha ribadito Fassina. Per quanto riguarda l’Italia, invece, gli assi lungo i quali operare sono: la riorganizzazione della pubblica amministrazione, la riforma fiscale (che deve sostenere chi fa impresa e chi lavora), il coinvolgimento di capitali privati per gli investimenti.
Per quanto riguarda le primarie, Fassina ha posto l’accento sul loro valore di percorso di avvicinamento, di dialogo, di raccolta di energie tra la politica e la società civile:
“Quella che si usa chiamare antipolitica altro non è che politica antidemocratica, che si nutre della mediocrità e dello squallore di una classe politica che non sa dare risposte ai problemi concreti delle persone”.
Il valore delle primarie sta proprio in questo: non tanto, o non solo in quel voto con cui si seleziona il leader che si candida a governare il Paese, ma proprio e soprattutto in questo grande momento di democrazia che è linfa vitale per un partito come il Pd. Pierluigi Bersani in questo senso è il candidato “giusto”: è colui che ha chiuso la stagione berlusconiana; ha sostenuto con lealtà e autorevolezza Monti; ha saputo insieme mantenere saldo il profilo culturale e politico del Pd, senza farsi schiacciare sulle posizioni delle altre forze.
Su queste ragioni si è inserito Enrico Brambilla (consigliere regionale Pd), che ha dato inizio agli interventi del pubblico, aggiungendo un motivo in più per scegliere Bersani, rilevando come proprio nella sua stagione di ministro del centro-sinistra sia stato colui che ha tentato di impostare una politica industriale per il nostro Paese.
Molti altri sono stati gli interventi da parte dei presenti: chi ha chiesto precisazioni, chi ha avanzato proposte, chi ha esposto i problemi concreti che sta vivendo, come chi è “esodato” o chi è piccolo imprenditore e deve far fronte al problema della de-localizzazione o del costo del lavoro. Difficile, impossibile, in questo spazio riportarli tutti, però citiamo l’intervento di Maurizio Laini, segretario della Camera del lavoro Cgil Monza e Brianza, che ha descritto le condizioni drammatiche dei lavoratori e delle famiglie brianzole che si rivolgono al sindacato, dove il lavoratore “esodato” è un esempio d’incrocio tra un mondo del welfare che si ritira e un sistema produttivo che non riesce a garantire occupazione.
Come si diceva all’inizio, non ci sono ricette preconfezionate, però le linee strategiche, gli assi portanti di una politica attenta al “bene comune”, nella proposta Bersani vi sono tutti: dall’unione fiscale e da una condivisione reale della sovranità a livello europeo, al contrasto ai paradisi fiscali e a regole uguali per tutti i paesi dell’area euro.
Andranno tassate a livello europeo le operazioni finanziarie e serve un’unione bancaria che consenta alle banche di riaprire i cordoni della borsa e di tornare a fare credito.
Per quanto riguarda l’Italia, in particolare, dobbiamo chiudere con la politica dei tagli, far crescere la domanda, allentare la morsa dell’austerità anche riducendo le tasse ai redditi più bassi.
Servirà una politica d’investimenti produttivi che si affianchi a una politica energetica nazionale e a politiche a livello territoriale (come i servizi sociali e la formazione), che siano rilevanti rispetto ai bisogni dei cittadini e delle persone che lavorano.
E a proposito di lavoro, e di prodotti del lavoro umano, è giunto il momento di ricominciare a parlare di re-distribuzione del tempo di lavoro e di regole che tutelino il lavoro di qualità (svolto nel rispetto delle norme ambientali, sociali e sanitarie) dall’importazione di quei prodotti che vengono da Paesi che non applicano le nostre stesse normative.
Dobbiamo tornare a competere sul lavoro “buono”, che sta a fondamento della nostra Costituzione e che è un pilastro ineliminabile nella vita di uomini e donne.
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